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Retta
dai principi della "essenziàlità" e della "sapienza metrica" viene definita da
Maria Luisa Spaziani la poesia di Luccia Danesin, quale appare da questa sua
recente silloge Il cerchio dei respiri, in cui, come nota la prefatrice,
«una superiore saggezza frena gli abbandoni e li trasfouna in sigilli». Ed è
certo che la Danesin possiede la capacità di esprimersi in maniera immediata,
talvolta persino epigrammatica, con estremo nitore: "Invecchiamo ardendo | con il pensiero muto
| che va,
| torna, | ripetendo il sogno"; "Se abbassiamo gli occhi dalle cose, | l’angelo
traspare, | silenzioso, incorporeo, | e segretamente ci sorride"; "Di giorno in
giorno | riascolto, alla soglia, il mio risveglio"; "Come un respiro | danza la
marea".
Quanto ai contenuti, quelli che maggiormente emergono dalle liriche della
Danesin sono, come osserva la Spaziani, «il brivido dell’amore, della memoria e
della morte, le tre ineuguagliabili linfe che salgono a nutrire il tessuto della
poesia»; ed è facile individuarli nelle pagine di questo libro: "Sembrerebbe
libero il pensiero. || Solo ed incessante | insegue invece un canto, | una
carezza"; "Le mani, mute, | incapaci di altre tenerezze, | costeggiando la rete
del recinto | cercheranno | un ricordo, | un verso di cristallo"; "Appuntamento
stamattina | davanti a quella buca. | | All’incontro, | pieni di terra | gli
occhi di mio padre"; "Ti cerco ancora | guardandomi allo specchio | | nelle cose
che tocco | | sempre | sempre vicina | | Ma tu silenziosa | ti nascondi | dietro
l’altra faccia della luna".
Questa di Luccia Danesin è la sua seconda raccolta di versi dopo Un fard
rosso arancio, apparsa nel 1997 sempre nelle Edizioni del Leone; e costituisce
quindi la conferma di una sua non effimera esigenza di esprimersi attraverso lo
strumento della poesia: il che lascia bene sperare, data la bontà degli inizi,
per i futuri sviluppi dell’arte sua.
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Recensione |
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