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Concisa e
interessante, la breve raccolta di Cavaricci trova il suo pregio e il suo limite
nell'uso d'un linguaggio che, senza essere sperimentale o sovversivo, tenta
comunque – e con coraggio – qualche azzardo inventivo: talora il risultato è
freddo e un poco stranito, talaltra invece efficace generando testi di buona
consistenza. Il nucleo vero, ad ogni buon conto, rimane lirico, mostrando
l'autore il meglio di sé in accensioni tenere e malinconiche che si fanno largo
sulla pagina come lampi d’acume e sentimento: trascorrendo con passo fermo, come
rileva la prefatrice Elena Milesi, dal gioco all'amarezza e dall’ironia alla
pietà.
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Recensione |
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