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Sebastiano Schiavon: lo "Strapazzasiori"
Intensa e concitata la breve vita politica dello “strapazzasiori”
È stato uno degli uomini politici padovani più importanti del Novecento, anche
se pochi lo conoscono, anche se è morto nel 1922 che non aveva neanche
quarant’anni. Ne ricorda la figura il libro di Massimo Toffanin Sebastiano
Schiavon lo “strapazzasiori”, un approfondito e documentato lavoro
biografico che ripropone la vicenda intensa e sfortunata di un leader cattolico
che all’inizio del Novecento infiammò il Padovano con la sua azione sociale e
politica a favore dei contadini. Impegnato dapprima come consigliere comunale e
provinciale, Schiavon alle elezioni del 1913, le prime a suffragio universale,
venne eletto parlamentare nel collegio Cittadella-Camposampiero, diventando così
il deputato più giovane e più votato d’Italia.
Venne rieletto nel 1919 con un
voto altrettanto plebiscitario, ma la sua carriera politica terminò
improvvisamente nel 1921 quando Giolitti sciolse le camere prima della scadenza
naturale nella speranza di creare con le elezioni una situazione a lui più
favorevole, ma in realtà creando le premesse per l’esasperazione dei conflitti e
lo scatenarsi delle violenze delle squadre armate dagli agrari. Furono quelli
momenti di estrema tensione anche all’interno del Partito popolare, diviso tra
l’anima clerical-moderata, sostenuta dai borghesi e dai proprietari terrieri, e
quella delle “leghe bianche”, del sindacalismo cattolico, del cosiddetto
“bolscevismo bianco” come venne definito dai suoi oppositori. Allo scontro non
restano estranei gli interessi bancari di istituti che si contendono il
controllo dell’economia cattolica, anche veneta. Schiavon fu bruscamente
liquidato, escluso dalle liste elettorali e invano cercò di presentarsi, in
ritardo sui tempi burocratici, con una sua lista. Nel voto del 15 maggio fu
eletto al suo posto il possidente conte Leopoldo Ferri, il che determinò una
crisi profonda nelle leghe bianche con dimissioni ed espulsioni di tutti i
dirigenti sindacali che avevano boicottato i candidati ufficiali (Ferri poi fu a
sua volta radiato dal partito nel 1924 per aver votato la legge elettorale
maggioritaria a favore del governo Mussolini). Schiavon, per vivere e mantenere
la numerosa famiglia, accettò un posto di ispettore in un giornale di partito,
Il popolo veneto. Otto mesi dopo, all’età di 38 anni, morì di cirrosi
epatica.
Il libro di Massimo Toffanin ricostruisce con precisione, anche attraverso
l’utilizzo di documenti inediti, l’esperienza umana e politica di questo
importante personaggio, nato a Roncaglia di Ponte San Nicolò nel 1883.
Un’esperienza, quella di un uomo talmente radicato nella sua ricerca di
giustizia da meritarsi il soprannome di “strapazzasiori”, che come spiega nella
presentazione Gianpaolo Romanato, docente di storia contemporanea all’università
di Padova, resa interessante a cent’anni di distanza per almeno tre aspetti.
Primo: il suo essere la punta di diamante di una generazione di giovani
cattolici che lasciarono un segno forte, come Gavino Sabadin, Cesare Crescente,
Giuseppe Dalla Torre. Secondo: il ricordo delle lacerazioni, anche
nell’organizzazione ecclesiastica, che accompagnarono l’ascesa della sinistra
sociale cattolica e che costarono la carriera a Schiavon in quel concitato e
ancora non del tutto chiarito allontanamento del 1921. Terzo: la
contrapposizione anche violenta tra cattolici e socialisti che impedì l’incontro
delle due maggiori forze popolari facilitando la vittoria del fascismo.
Un’ampia appendice propone molti documenti, spesso in versione anastatica, che
danno meglio il senso dell’esperienza umana e politica dello “strapazzasiori”.
A.B.
1 ottobre 2006
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Recensione |
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