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«Ma il vero epicureo dell'orrore, l'individuo per il quale un brivido di terror macabro rappresenta il fine principale e la giustificazione dell'esistenza, agogna le antiche fattorie nei boschi del New England, perché in esse i tenebrosi elementi che gli stanno a cuore – potere, solitudine, senso del grottesco e superstizione – si uniscono a formare la perfezione dell'orrore». Così scriveva H.P Lovecraft nel 1919 nell'indimenticabile The Picture in the House.

Collocazione geografica dei personaggi a parte, Luciano Nanni, autore della presente silloge di racconti, dimostra di possedere la lezione lovecraftiana del “terrore indefinito” e, com'è giusto che sia per non incorrere nella sterile emulazione, sa trascenderla manipolandone il genoma narrativo, ormai patrimonio dell'umanità, introducendovi caratteri peculiari che ne connotano letterariamente i lineamenti espressivi.

Come “il sognatore di Providence”, l'autore ama molto l'archetipo della casa quale veicolo immaginario verso storie ignote, non disdegnando le distorsioni etiche dei singoli scienziati più che della scienza, alla Herbert West, reanimator per essere chiari, reinterpretandone in chiave attuale l'essenza inquietante con brevi ma intense allusioni critiche sui deliri di una società futura evolutasi sui paradossi, inavvertiti o celati dall'indifferenza cinica, di quella contemporanea. Al riguardo significativo è il racconto Servire le macchine, infuso di moralismo costruttivo fortemente percepito, avvicinabile per similitudine al postnuclearismo Cyberpunk de L'uomo del giorno dopo o Mad Max.

Il terrore di Nanni nasce in un momento imprecisato, prende forma sul confine dell'ordinarietà del sostrato urbano/architettonico sul quale la vicenda si sviluppa e, attraverso distonie inquietanti introdotte con arte, ci induce a forza in un caleidoscopio di incubi, mettendoci a parte degli orrori del suo mondo segreto per poi spesso abbandonarci allo shock dei nostri dubbi, orfani di una convenzionale conclusione narrativa. Esemplare a questo proposito il parco dei drogati ne Il corpo di Lilla, elemento ordinario di una delle tante periferie urbane, attraversando il quale la Ratio del protagonista, risucchiata in un mulinello di disarmonie percettive (perversioni sessuali esplicite riverberate e amplificate dai riferimenti imitativi assunti dai vegetali del parco stesso, il cui ruolo descrittivo in modo magistrale riesce a instillare sensazioni visive e olfattive di oppressione e soffocamento), viene sconvolta e trascinata verso abissi di dolore.

Echi e rimandi e allusioni alla letteratura di genere sono tanti, ma il Nanni conosce e si alimenta metaforicamente con citazioni e contaminazioni trasfigurate da altri ambiti letterari ( I fiori ovvero l'attesa di O. non può tradire l'omaggio rivisitato al teatro dell'assurdo beckettiano di Aspettando Godot ), per cui spontanea sovviene la sensazione che dietro l'asciuttezza formale dello stile incalzante e talvolta troppo crudo come nei classici della cinematografia horror di genere splatter alla George Romero, si celi un autore consapevole e maturo che si esprime su più livelli, come in un colto ipertesto. Troppi gli spunti che Nanni sa offrire al lettore attento: su tutti uno meriterebbe una trattazione a parte, ossia il tema dell'amore tantrico tra uomo e donna, quel concetto di fusione androgina raggiunta attraverso la comunicazione fisica estrema e la donazione totale del corpo, appagamento controverso di due menti proiettate nei desideri dell'altro (si veda il racconto Per puro caso o si notino gli echi dannunziani assimilabili a La pioggia nel pineto che trasudano da La casa eterna ).

In conclusione la Ratio del Nanni non è mai arrendevole nè sottomessa, tenta in ogni modo un processo di autoguarigione dall'assurdo che la circonda, instillandoci nelle vene percettive una mistura liquida di esistenzialismo cinico che scuote i salici delle nostre coscienze tormentate. Eppure la razionalità è costretta infine, a baluardo della sua stessa sanità mentale, (si veda come ricorrenti siano, giunti al climax della tensione narrativa, gli assopimenti dei protagonisti o il loro salvifico sprofondare in voragini di oblio) a capitolare attraverso il suicidio metaforico, visto come suprema forma di ribellione dinanzi all'orrore che intride gli abissi di silenzio interiore intimi e privati, paralisi dell 'Anima Mundi nel quotidiano divenire dell'Era della Scienza e della Tecnica.

Recensione
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