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Abbandonare Troia

La poesia di Lucio Zinna ha certamente una sua cifra, un suo andamento particolare: attraverso raffinate combinazioni metriche e koiné linguistiche perviene ad un suo andamento lungo, ad un suo profondo respiro che integra sospensioni, pause, accenni di silenzio. Le memorie ed i riferimenti letterari vi sono filtrati, attualizzati, acquistano una loro allusività che fa pensare, spesso, ad un ironico contrappunto alle miserie del vivere quotidiano.

L’abitudine al parentetico, a quello di sussurrato o di parlato che si inserisce nel verso, dà alla poesia una dimensione lontanamente discorsiva, ma come uno che parli di se stesso e cerchi di giungere agli altri scandagliando psicologie, analizzando sentimenti, misurando paure. Che le difficoltà dei rapporti interpersonali, le civili disumanizzazioni accentuano l’eroismo quotidiano, la necessità di una personale resistenza, di una difesa di se stesso.

Ma ciò non preclude l’allegoria, il simbolo, l’ironia come volontà di distacco, talora il sarcasmo sulle vicende singolari e collettive. E la poesia affina il suo messaggio di umanità, si fa strumento e mezzo per la ricerca di un miglioramento: e così deve essere fin tanto che si parla, come in questo caso, di vera poesia.
Recensione
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