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Audace e sferzante, Roberta Degl’Innocenti, nasconde il pudore e alimenta i
brividi nella schiena, tra desiderio d’estasi e naufragio nei pensieri sempre
imminenti quasi a cavalcare la vita e il tempo che fugge: le “occasioni” si
dissolvono anche in mezzo a sorrisi che intrigano, a un modulare
le pagine in una sorta di meraviglia davanti alla realtà assai più complessa di
quello che si possa pensare e tutto quel pulviscolo lirico penetra nelle crepe
esistenziali, nelle situazioni precarie, nelle assenze e nelle simulazioni.
“Viaggiatrice di sogni”, “padrona e schiava” delle sue
inquietudini e delle mutazioni delle intenzioni nell’attraversare i “sentieri
di parole”, nell’illuminare le zone oscure dove la mente si dilata: emerge
prepotente la voglia di rabbia, quel desiderio di estrema congiunzione
tra un vestito di niente e un incanto di serpente e quel
malessere, non ancora identificato, avvelena e lacera. Immagine vertigine dove
gemere è come amare, e rossa è la bocca vogliosa, come sangue caldo, come rosa
che profuma per mestiere. Cattivi pensieri ormai conficcati nella pelle.
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Recensione |
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