| |
Il sandalo di Nefertari
Rossano Onano sa bene, e
questa sua recente, ottima raccolta pienamente lo dimostra, che la fiaba è un
passaporto, un lasciapassare per l'immaginazione. Finalmente la fantasia può
sbizzarrirsi, correre a briglia sciolta senza remore e censure. Nel clima
fiabesco i personaggi, anche quelli realmente esistiti, possono presentarsi in
una maniera insolita che ci stupisce.
Nell'incantevole libro di
Onano, “Il sandalo di “Nefertari”, alcuni personaggi di questo tipo
(contemporaneamente storici e leggendari) si presentano sulla scena
meravigliandoci. Per esempio Giulio II, il papa che poteva permettersi di “dire
a Buonarroti fai presto perché ho tanto da fare” Erik il Rosso che scoprì la
Groenlandia, “un regno vasto di perfezione ghiacciata”, e successivamente,
anticipando Colombo, l'America; la regina Nefertari, di cui il Museo Egizio di
Torino conserva un sandalo. Stupenda la poesia dedicata alla celebre Bibbia del
duca estense Borso d'Este: lo splendore delle preziose pagine miniate viene
abraso e rosicchiato da un piccolo roditore, da un topo nascosto in una tana
della biblioteca: “...il tenace / sorcio di biblioteca, annusa la polvere,
addenta / la bibbia di Borso d'Este... / ne gusta commosso l'inchiostro gotico”.
Gli animali frequentemente
sono i protagonisti delle favole. Nei versi ammalianti di Rossano Onano
incontriamo l'immancabile lupo (“a vegliarti fiero e cupo / nella notte viene il
lupo”), il serpente e l'orso, i rospi anzi le rospe (“Le rospe abbandonano lo
stagno / scrollandosi i maschi dalla groppa, / si avvertiva l'avvento dello
sparviero / appollaiato sull'albero della giostra”), bestie arboricole dalla
“lunga coda pensile”.
A volte i toni e le
atmosfere si increspano e si rabbuiano, allora le storie raccontate dall'autore
si incupiscono, diventano più incombenti, preoccupanti, aggressive e minacciose.
Ma la tragedia è solamente accennata; ci distoglie dal dramma lo sguardo
straniato dell'autore, la sua ironia a tratti bonaria e a tratti corrosiva, lo
stile elegante e il ritmo sinuoso, mosso però mai agitato, che coinvolge il
lettore in una specie di danza che sfiora l'abisso senza precipitarvi: “Un
bambino attraversò l'inquietudine / con tutta la tempesta nei capelli / prima
che il tramonto fosse ghiaccio / sullo strano silenzio dell'incognito”.
| |
 |
Recensione |
|