| |
Quasi nulla
Grazie per il dono, che ho divorato nello spazio
di un giorno. Il pensiero di Damiani ha incrociato il mio, anche se al "poeta"
non mi posso paragonare. Come sai io non leggo le introduzioni dei libri di poesia,
per principio, salvo che il libro non mi dica nulla o non lo abbia capito o per il
gusto di un confronto finale di opinioni.
A mio sommesso avviso, non poteva che uscire in
primavera il Tuo libro, cara Giovanna: leggero, come il “lieve vento” della
sera (quasi trasportasse delle note musicali); delicato come i colori pastello degli
alberi e dei campi (dall’intera gamma di Via del Bersaglio fino al turchino dei
bagolari di Viale Terenzio Mamiani), delle erbe d’aprile, dei fragili gerani
selvatici; incantato dal mistero della natura, del nuovo querciolo che sugge vita
dall’antico legno; del nido nel cuore della merla; dell’antica pietra di Gerace in cui
si respira il passato e il presente; cordiale, come quelle anime che dopo
l’inverno ripopolano le valli (il fatato ruscello dolomitico), le strade (le piante
dei viali che rivendicano le sfumature stagionali al verde ordinario tra smog
e fumi), i prati (i mici gemelli che giocano), le finestre (la gazza), il giardino
(la merla, i gatti e i tanti piccoli abitanti).
Un micro-cosmo interiore che vive grazie
all’osservazione acuta, quasi minuziosa della poesia, solo apparentemente semplice, quasi
emozionale, tuttavia informata dell’inverno (mai cantato, anche la poesia va in
letargo?), per cui farsi una scorta di immagini e di sensazioni. Emblematiche le
«graziose/mosse quasi di danza» della lucertola; quel prendere vita del gallo di
ceramica di Bassano in un toscano gallo di Montesenario; lo strappare di un lacerto
innalzato come trofeo dalla merla. Non è tuttavia una poesia consolatoria, a mio avviso.
Tutt’altro. Il ricordo non le appartiene, né sovviene all’ispirazione. È vita
apparentemente ordinaria resa straordinaria da una poesia pienamente
consapevole e tenera, come gli occhi e il sorriso dei bambini evocati, senza mediazioni.
Tante citazioni di una natura, mai matrigna, tuttavia spesso nascoste e non
considerate (un “quasi nulla”) dal senso comune, finché lo sguardo non vi pone attenzione,
come in un quadro d’arte fiamminga. Non so se il consiglio finale del
poeta sia soltanto quello di vivere/raccontare l’immagine in una cronaca
poetica per non disturbare il corso della vita ( felice descrizione quel tappeto
sonoro di versi di uccelli di un mattino trascorso sul Montalbano); oppure
lasciarsi andare, essere consci della stagione che viviamo, come quelle “anime”
raccontate, di piante, di animali o del gioioso circolo di poeti amici, lieti del dono,
dell’apprezzamento e dell’affettuoso messaggio di leggersi. L’iniziale citazione da
Eraclito farebbe senza dubbio propendere per la seconda ipotesi, almeno al
sottoscritto sembrerebbe “sperabile”. Con amicizia e affetto
Nicola, a cui si associa Tosca
dagli occhi di fiordaliso.
22 aprile 2012
| |
 |
Recensione |
|