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Una raccolta raffinata di ricordi ricchi di immagini liriche che infondono un respiro poetico al racconto. Vi si intrecciano alchimie di sentimento e intensa passione che traducono gli aspetti del mero vissuto in una esplo-razione interiore di alto valore spirituale. Un’infanzia difficile negli anni cruenti dell’ultima guerra, ricordi di cose e di persone che ne hanno fatto parte come insostituibili co-protagonisti o come semplici comparse, si alternano nei momenti vitali, descritti con evidente emotività.

Il coinvolgente racconto, espresso con facile lessico, arricchito da vocaboli dialettali trevigiani, risente del senso poetico del quale è naturalmente dotata Elisa Sala Borin, quella insita “voglia di poesia” che appare in ogni sua espressione artistica.

2006


Inizia con una citazione tratta da Call it Sleep (Chiamalo sonno), capolavoro modernista dell'americano di immigrazione Henry Roth, questa autobiografia dell'infanzia di Elisa Sala Borin, artista trevigiana (scultrice, pittrice e decoratrice) che si è aggiudicata l'anno scorso il premio per la narrativa inedita "Cesare Pavese-Grinzane Cavour".

Si tratta di un racconto ad episodi, ognuno dei quali introdotto da una citazione letteraria che ne preannuncia il sapore e il contenuto. Lungo questa sequenza di ricordi legati all'infanzia si snoda il percorso biografico di Elisa Borin, illustrato con disegni dell'artista stessa, in sequenza cronologica: sullo sfondo la campagna veneta e la città di Treviso negli anni della seconda guerra mondiale e del primissimo dopoguerra, tra figure familiari (la mamma, la nonna) e altre legate alla vita quotidiana (la lavandaia Rosa, le compagne di scuola).

Sono episodi che raccontano anche i terrori e le inquietudini insite nelle vicende quotidiane nell'incontro con il mondo (la povertà della vita dei contadini, l'assaggio di un sorso di grappa, la solitudine in colonia al mare) visti con gli occhi di un bambino frammezzati a ricordi sereni delle esperienze piacevoli della vita (la prima canzone, il gusto per le "masanete", l'eccitazione dell'esperienza a teatro, dove fra gli altri conosce Vittorio Gassman). II bello comunque non si trova mai in modo puro e univoco. "Non è vero che un bambino si trovi bene in qualsiasi luogo, anch'egli a modo suo, sa distinguere il bello dal brutto".

Questa inestricabile matassa del bello e del brutto rilevati negli episodi più impressi della memoria sembra essere il tratto discriminante nel racconto di Elisa Sala Borin.

2000, dicembre 2001

Recensione
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