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Trattato lirico di cocente gelosia

Non senza ironia Armando Santinato intitola la sua nuova raccolta poetica Trattato lirico di cocente gelosia. Tale sentimento, infatti, che, di sovente, s’insinua negli animi degli innamorati, serpeggia un pò ovunque nelle pagine di questo libro, senza, tuttavia, diventare mai oggetto di uno studio scientifico È, infatti, soltanto l’amore il protagonista assoluto. Un amore che permane vivo e tenace anche se disilluso ed ingannato: “Invano / t’ho chiamata / fra schiume di mare // Non sentivi / l’urlo che soffoca / i sogni più belli”.

Questo insopprimibile afflato del cuore da sempre è stato uno dei motivi ispiratori della poesia di tutti i tempi, in quanto rappresenta l’esperienza interiore più universale e coinvolgente; la misura dell’amore è, del resto, come scrive Sant’Agostino,“amare senza misura”. Ma proprio perché, in ogni epoca, ha rappresentato quasi il pane quotidiano di molti poeti, talvolta, nelle loro lasse, il sentimento amoroso assume più i connotati di un “ vecchierel stanco e bianco”, che di un angioletto malizioso, dalle frecce appuntite.

Nelle sue poesie Armando Santinato sa restituirci, invece, questo caparbio sentimento, in tutta la sua pienezza, con il garbo e la raffinata eleganza della sua scrittura.

I versi si aprono all’ascolto limpidi, ricchi di una musicalità che si fa incanto di soffusa dolcezza. Spesso il nostro autore inserisce nelle sue liriche frasi di canzoni celebri, quasi a tradurre, in un lemma unico, poesia e canzone.

Nella lirica Canzone per te, l’autore non riprende soltanto il titolo del celebre testo di Sergio Endrigo, al quale tra l’altro è dedicata, ma ne utilizza anche dei brani per contestualizzare il ricordo, aumentandone la forza evocativa e l’intensità musicale: “Ricordi / l’ombra della sera / sul selciato della chiesa // La solitudine / che tu m’hai regalato / io la coltivo come un fiore”.

La donna amata, talvolta, viene cantata con toni stilnovistici: “Donna / che di fuoco / m’empi la mente / perché m’hai lasciato sul picco / che sfida l’oriente”; la sua immagine però, non viene mai idealizzata o resa angelicata dall’autore. Il poeta non si avvicina, infatti, grazie a lei al Divino, non raggiunge la perfezione, conosce, invece, il peso della solitudine e il doloroso assillo della gelosia. Nella lirica “Rosa fresca aulentissima”, titolo tratto dal “Contrasto” di Cielo d’Alcamo, scrive: “Sul rigo / non scrivo che sillabe / di cocente gelosia  //  Tu / non ci sei  / fresca rosa aulentissima”.

Le immagini femminili, che Santinato ci consegna, appaiono appena tratteggiate: vive tra sogno e realtà, tra passato e presente; umanissime e spietatamente concrete, invece, sono le loro risposte all’amore del poeta. In Non eri che una bambina, scrive l’autore: “Sorrisi / e recitai l’antico detto / del Poeta triestino // Tu sei come una gravida / giovenca: / libera ancora e senza / gravezza, anzi festosa // In risposta / mi lasciasti sul volto  / un sonoro ceffone”

Forse non ci parla di un’unica donna o di un’unica esperienza amorosa, ma il suo canto trasfonde tutto nella vivezza di un unico sentire: “Solo tu / vergine dell’umano timore / venisti al mio fianco/ / E di fuoco / facesti la gabbia / del mio cuore”.

La natura entra in empatia con gli stati d’animo del poeta; sono, infatti, spesso gli scenari notturni a risvegliare in lui il ricordo dell’amata, a ridestargli note di soffusa malinconia: “Perché / di sera m’empi / di malinconia // Soltanto le stelle / loro sole ascoltano / il mio canto” .

Note sono l’importanza e la valenza simbolica ed evocativa della sera nell’immaginario poetico di ogni tempo. Giacomo Leopardi, nello Zibaldone, sottolineava il valore lirico delle descrizioni notturne, per quel che di vago, indistinto ed incompleto comunicano all’animo.

Nella poesia Piove in noi gioco d’amore, Santinato vede la sua donna allontanarsi verso l’oscurità, ossia verso un futuro indistinto e lontano, che l’autore non può conoscere: “E tu vai / là dove non si stancano mai / le pupille del tempo // Dove / la notte / si consuma fra le stelle”. Ed è ancora uno scenario notturno a concludere la raccolta; in particolare è la magia della luna ad ispirare il poeta, il quale, in una sorta di antropomorfizzazione, la paragona ad una delle sue donne amate: “Pure / da te non m’aspetto / che un gesto fatale / Il morso / o luna viperina / d’una sortita crudele”

Alcune volte tornano nella poesia dell’autore immagini legate al mare :”Ivano / t’ho chiamata / fra schiume di mare // Non sentivi / che l’urlo soffoca / i sogni più belli”. La donna, talora, viene paragonata ad una conchiglia, che, tra i suoi molteplici significati, simbolicamente rappresenta la fertilità, l’inizio della vita: “Ti penso / all’aperto / sul picco dei venti // Ti penso venerata conchiglia / dei mari”.

Dei luoghi cari a Herman Holyborn, pseudonimo con cui Santinato ama firmarsi, in questo libro riaffiorano sia la terra natale, ossia Chioggia, quanto Torino, l’amata città d’adozione. Due poesie, di tenera crepuscolare suggestione, sono dedicate a quest’ultima, definita dall’autore una piccola Parigi.

Il racconto delle sfortunate vicende amorose non assume mai toni astrattamente malinconici e dolenti, in quanto è sempre suffragato dalla vivacità della narrazione. E le immagini si susseguono vivide ed originali: “Allora / non mi resta / che una lunga storia // Forse / te la dirò sul muricciolo / del tramonto”.

I guizzi d’ironia, talvolta, giocosa, talvolta amara, sottesi nelle pagine, sono del resto un utile espediente, di cui si serve il poeta, per sdrammatizzare le vicende e prenderne distanza.

Rivivono in questa raccolta amori lontani nel tempo, ma mai dimenticati dall’autore, il quale ricorda “ Lina dai riccioli d’oro”, la più bella della classe, che leggeva “più veloce del vento”, per la quale batteva il suo cuore adolescente, ma che prima del primo abbraccio, volò “nell’abbraccio di un altro”. In Non sono una bugiarda , invece, il poeta torinese ci racconta dell’amore, un vero colpo di fulmine, provato per una sua compagna d’Università, all’ombra del Valentino. Un sentimento questo fatto di teneri incontri, di labbra che “non si stancavano / di ricamare geroglifici d’amore”, ma destinato a finire troppo presto per volere dei genitori di lei: “Tu / fosti debole / oltre ogni dire // Mi lasciasti / di sasso bollente / di fronte alla cattedrale”. Ancora più amara è l’esperienza raccontata in Tu mi tenesti all’ombra del segreto: poesia che richiama nella trama la celebre canzone d’Aznavour E io tra di voi : “Notai / fra i presenti / uno sconosciuto tutto invaghito // Tu sai / che tutto vede / l’occhio del falco //  E tutto vide il coppiere / punto da cocente gelosia // Uscisti / con l’amico  / sotto lo scialle misterioso”.

Nonostante le delusioni e gli inganni patiti, Armando Santinato mantiene, comunque, una fede profonda nell’amore, che nel suo animo resiste tenace sempre e comunque, anche perché, come disse Pablo Neruda: “Solo chi ama senza speranza conosce il vero amore”.

Del resto tutta la produzione poetica di Herman Holyborn (the most important poet in the world, after the others) è intrisa di questo sentimento, nell’ambito di una visione del mondo e delle cose profondamente etica e religiosa.

Una religiosità intensa quella dell’autore, che anche in quest’ultima raccolta, essenzialmente rivolta all’amore profano, dedica una preziosa lirica alla Domina per eccellenza della sua vita, a Colei, cioè, che sola non può tradirlo: “Madre dolcissima / vestita di sole / volgi lo sguardo dall’alto dei cieli / stendi le mani sui fragili teli / là dove il prato si nutre di prole”.

Grazie Herman

Recensione
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