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Voci Prime
Cinzia Demi nella sua opera letteraria predilige scrivere di figure femminili,
perché guarda alla donna nella sua complessità e ricchezza di sfumature
psicologiche ed affettive, riconoscendole un ruolo fondamentale nella vicenda
umana, al di fuori d’ogni schema ideologico o sociologico. Con forte empatia
l’autrice ne rivive i drammi e le contraddizioni; emblematico a questo riguardo
è il poemetto Ero Maddalena (ed. Puntoacapo, Rende, 2013) nel
quale, come scrive Gabriella Sica nella prefazione, la Demi potrebbe dire:
“Maddalena C’è moi”.
Da questa prospettiva nasce il suo primo romanzo Voci prime (ed. Minerva,
Bologna, 2021), che racconta le vicende di disagio, di dolore vissute da diverse
donne incontrate in sede lavorativa. La Demi, infatti, oltre ad essere
un’infaticabile operatrice culturale, saggista, traduttrice e poeta, ha svolto e
svolge la sua attività lavorativa presso l’INPS e in particolare presso
l’Agenzia sul Territorio, con sede nel Comune di Casalecchio sul Reno, che le ha
dato l’opportunità di conoscere molti vissuti femminili, che confluiranno nel
tessuto narrativo del libro. Il romanzo si sviluppa su tre livelli fondamentali,
che s’innestano in un'unica dimensione sia reale quanto onirica. C’è il racconto
di Sara, l’alter ego dell’autrice, che, nell’ambito del suo ruolo
istituzionale di consulente, è preposta ad ascoltare ed aiutare le persone che
si rivolgono a lei, con la sua vita, le sue aspirazioni di giornalista e lo
sguardo rivolto sempre con amore ai due figli ed al marito, che un giorno ha
deciso d’allontanarsi. Ci sono le storie spesso complesse, talvolta drammatiche,
dei personaggi femminili, che, quasi in presa diretta, le si rivolgono per
chiedere aiuto: sono racconti di maltrattamenti, di difficoltà familiari, di
disagi affettivi. Lei li ascolta, interiorizzando le vicissitudini delle
protagoniste, che con lei si confidano liberamente, perché sa ascoltarle con
grande competenza ed empatia, sa ricercare le soluzioni possibili alle diverse
problematiche.
Come scrive l’autrice nell’epilogo del romanzo c’è un dovere, un’etica
fondamentale, che ogni operatore o consulente deve rispettare che consiste nello
“spendersi affinché tale condizione possa trasformarsi e diventare un punto di
partenza per acquisire, insieme alla gratificazione per la concessione della
prestazione stessa, la consapevolezza di una presenza forte che si adopera a
sostegno dei più deboli, per uno stato sociale solidale con l’utenza”. La
poetica del sociale anima, quindi, le pagine del libro, anche se l’intento
didascalico viene in parte sottaciuto dalla dinamica del racconto. Ogni capitolo
è preceduto da eserghi tratti dal romanzo, scritto in
uno stile realistico magico,
di Gabriel García Màrques Cent’anni di solitudine, che, come nota
Giancarlo Pontiggia, servono all’autrice per “orientare” ogni racconto.
Infine, ad arricchire la narrazione di
Voci Prime,
ci sono le visioni che colgono d’improvviso Sara, dal forte impatto simbolico e
che trovano il loro apice nella pioggia dei Gigli di mare. Attorno a questo
meraviglioso fiore sono nate molte leggende: un antico mito greco narra che
questo sarebbe nato dal latte di Era, moglie di Zeus, che, trovato Eracle,
decise di allattarlo, ma la voracità di quest’ultimo fece sì che la dea
d’istinto gli tolse il seno: uno spruzzo di latte sarebbe giunto al cielo
generando la Via Lattea, mentre un altro sarebbe caduto a terra facendo
germogliare il fiore. Una leggenda sarda racconta invece che il giglio del mare
sarebbe nato dai capelli biondi di una ragazza uccisa dai saraceni. Cinzia
Demi, in una prosa lirica molto intensa, crea una nuova leggenda e narra della
bambina del Golfo, alla quale aveva già dedicato una poesia nel libro
Al di là dello specchio fatato
(ed. Albatros, Roma, 2009). Questa fanciulla, persa nel proscenio incantato
della baia di Baratti, intenta a raccogliere i sassolini più bianchi della
spiaggia e a sognare di volare oltre la sua gabbia dorata, avrebbe incontrato un
bellissimo giovane, dalla voce suadente. Ma questi non si sarebbe dimostrato il
principe azzurro delle fiabe di
Cenerentola
o della
Bella addormentata,
ma uno spietato stupratore che l’avrebbe violentata e abbandonata: “La
lascia lì. Così sporca di melma e di sangue, nuda poggiata sulla sabbia, sotto
un cespuglio di Gigli di mare”.
Da quel giorno questi fiori avrebbero incominciato a cadere dal cielo come
fossero pioggia, rischiando di sommergere persone ed animali. La bambina per
lungo tempo avrebbe avuto la sensazione di venirne soffocata. Ci sono molti
aspetti, in questo breve e cadenzato
poeme in prose,
che richiamano alla mente alcuni momenti tragici e crudeli presenti nelle fiabe
dei fratelli Grimm. Mito e simbologia si fondono in questo racconto, che si
presta a più letture analitiche.
Lo stile del libro è limpido e veloce anche nell’ambito d’una complessa
struttura compositiva: i personaggi e le loro storie emergono sempre nitidi e
precisi. Sara conforta con il suo ottimismo e la sua forza interiore, strumenti
indispensabili per aiutare tante donne e per far nascere un’associazione di
volontariato denominata Case di luce. La Demi fa dire alla sua protagonista alla
fine del romanzo: “Forse ero quel braccio e quella mano, ero colei che poteva
ascoltare e raccontare il volto femminile di tante prestazioni dietro le quali
c’era lo sforzo di abitare la solitudine non per vincerla ma, magari, per
nobilitarla”.
Certamente parlare della questione femminile è molto comune oggigiorno, ma
probabilmente senza quello sguardo profondo, quell’analisi dettata dal cuore e
dalla mente che troviamo nel romanzo
Voci Prime.
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Recensione |
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