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Anni fa lessi un paio di libri, sempre di poesia, fra i tanti dell'autore e qui ritrovo la stessa ansia di ricerca, la stessa forte presenza. Non nel senso di intervento nel minimo quotidiano, ma nel senso di abbandono attivo ai perché universali. Un vero tentativo di recupero della natura generante.

Riesce egli ad animare al massimo i nostri scenari di vita, luoghi geografici come situazioni di convivenza. L'azione viene impostata attraverso immagini che sono dolci nella loro arditezza. L'uomo, l'aquila e le alte vette vengono resi docili manifestazioni, gli esiti anche di estreme avventure, resi possibili. Avventure s'intende come la riconquista del sé e del noi umano. Insomma l'opera è di poesia, intensa poesia.

La sola lingua, quella poetica, che può trascendere il banale e la paura. Cos'è la stessa sintesi storica o scientifica, se non uno degli aspetti linguistici del trascendere e del fare poesia? E' solitario l'eroe che vediamo qui scalare la montagna? No, in quanto preso da pietà per gli uomini, quelli che perirono nell'ascesa. Sì, in quanto portatore di un'ostinazione sfidante la morte stessa. Una sfida all'affezione idolatrica per il corpo com'è, consumata attraverso l'invenzione di grandi artifici, come dal titolo dell'opera.

Se io voglio l'amore dovrò rinunciare alla forma e alla sostanza degli infiniti fallimenti. Lo potrò fare con l'aiuto di una illuminante, eterna figura femminile, l'essenza del femminile fatta figura. Compagna, madre, sposa, amante. La fusione che lei racchiude di tali compiti e sentimenti, la rende somma guida. E con l'altra fusione, quella di temi che riguardano la fisica e la metafisica, Scarselli cosa vuole indicarci?

Che non la facile e retorica, seppur ammantata di liricità, fuga verso spazi altri è il giusto tramite per la verità. Ma l'impegno a dare significato a tutto ciò che rappresenta la nostra esperienza, percettiva e mentale. Non l'evasione ma l'offerta totale di sé. Ed ecco nascere per l'autore il diritto ad inserirsi e a indagare fra l'uomo e il robot. A rinnovare il confronto e la lotta fra bene e male, materia e incorporeità: "mi sovvenni | di un antico problema". Il diritto a occuparsi dell'universalità usando anche immagini e visioni definibili dantesche.

Firenze, ottobre 2010

Recensione
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