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Procellaria

Essendo la poesia espressione di sentimenti, di stati d’animo e di riflessioni, possiamo dire che in qualche modo tutti possiamo fare poesia ed essere poeti. Ma basta esprimere i propri sentimenti su un foglio di carta, andare a capo più o meno a metà rigo perché i versi che scriviamo possano assurgere a poesia? Sicuramente no, perché la poesia è prima di tutto dono, è anche arte che esige creatività, conoscenza di regole, tecniche di composizione e un linguaggio specifico. Ma allora poeti si nasce o si diventa? “Buoni poeti si diventa, oltreché si nasce” affermava Ben Jonson, un commediografo dell’epoca di Shakespeare.
Dante Alighieri nel secondo libro del De vulgari eloquentia parla del “lavoro” e della “fatica” della scrittura poetica, e critica coloro che si affidano solo al proprio ingegno naturale, invitandoli ad abbandonare questa grande “presunzione”.
Un altro grande poeta e scrittore, Hermann Hesse, premio Nobel per la Letteratura nel 1946, in un suo aforisma scriveva:

Io non credo a quei poeti dalle cui menti, si dice,
i versi prorompono già compiuti, come dee corazzate.
So quanta vita interiore e quanto sangue rosso vivo,
ogni singolo verso autentico deve aver bevuto
prima di potersi alzare in piedi e camminare da solo.
(da Hermann Hesse,
Aforismi)

Non c’è bisogno di commentare questo aforisma per capire che per ogni verso che si scrive bisogna sudare sangue, non lo dico io, lo dicono i più grandi poeti.
A tale proposito anche il poeta Irlandese William Butler Yeats scriveva: “Un verso può richiedere ore. E se ancora non sembra la visione di un attimo, tutto il nostro cucire e ricucire sarà stato nulla”.
Queste affermazioni ci aiutano a dire che è possibile avere una inclinazione ma è necessario coltivarla con la forza dell’applicazione, e, senza dubbio, la poesia, per nessuno, nemmeno per i poeti più famosi, sgorga come l’acqua da una fonte.
Ma come possiamo definire la poesia? Qui, veramente, si può rispondere come ha risposto Sant’Agostino alla domanda : “Che cosa è il tempo?” “Se nessuno me lo domanda, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più.”
Ogni poeta, ogni scrittore, e chicchessia, ha dato una sua definizione, ognuna diversa dall’altra. E tanto per citarne qualcuna, il poeta americano Edgar Allan Poe, della prima metà dell’Ottocento, nei due trattati” Filosofia della composizione” e “Il principio poetico”dice questo: “Non ho bisogno di osservare che una poesia merita il nome di poesia soltanto nella misura in cui riesce ad eccitare attraverso un’esaltazione dell’animo, e il solo legittimo territorio della poesia è la BELLEZZA”. E aggiunge “Quel piacere che sia al tempo stesso il più intenso, il più esaltante e il più puro, lo si trova, io credo, nella contemplazione del bello. Infatti, quando gli uomini parlano di Bellezza, essi si riferiscono proprio a quell’intensa e pura elevazione dell’anima- non dell’intelletto o del cuore. Ma questo non significa che gli incitamenti della passione, o i precetti del dovere, o anche le lezioni della verità, non possano essere vantaggiosamente introdotte in una poesia. Anzi: possono ben contribuire ai fini generali di un’opera. Ma il vero artista starà sempre attento a sfumarli e assoggettarli a quella Bellezza che è pur sempre l’atmosfera e l’essenza vera della poesia”.
Uno dei più fini e popolari poeti del secondo Novecento italiano, Giorgio Caproni, pensava alla poesia come a uno spartito musicale dove il nesso Suono + pensiero = a scrittura in versi.
Potremmo continuare all’infinito con le citazioni ma non troveremmo mai una definizione di poesia uguale ad un’altra.
Comunque, noi questa sera cercheremo di dire che la poesia è un modo speciale di descrivere la realtà, in grado di cogliere aspetti della vita e collegamenti fra le cose che le altre discipline non possono immaginare e trasmettere se non parzialmente, e possiamo aggiungere che la scrittura poetica è tale quando riesce a produrre sorprese conoscitive, convoca sulla scena linguaggi inediti, restituisce voce ai dialetti sommersi, istituisce libertà, e cancella i confini, le frontiere.
Secondo Simone Weil una poesia deve ambire a esprimere qualcosa, e contemporaneamente nulla, e una poesia è bella soltanto se l’attenzione, nel produrla, si è orientata verso l’ineffabile.
Penso che su questo possiamo essere tutti d’accordo.
Fatta questa premessa sulla poesia, vediamo ora cosa troviamo nella scrittura poetica di Almerighi. Non è facile, anche qui, dare una risposta. Tuttavia, dalle letture e da una analisi testuale delle poesie della raccolta “Procellaria”, l’ultima pubblicazione del poeta, per i tipi della gloriosa e rinomata Casa Editrice Fermenti di Roma, è emerso un quadro veramente interessante sul suo pensiero e sulla sua poetica. Voglio premettere, però, che essendo il testo poetico, per sua natura, polisemico, diversi possono essere i significati e le interpretazioni che gli si attribuiscono.
Detto questo, a mio avviso, quello di Almerighi è lo sguardo poetico che consente di vedere nelle cose ciò che normalmente non appare, e la sua poesia può essere accostata, in un certo senso, all’Ermetismo perché le sue composizioni, poeticamente intense, a volte risultano criptiche e di difficile comprensione. La sua è una poesia filosofica che ha come fonte il pensiero e i suoi versi devono essere interpretati prima di giungere al cuore e diventare emozioni.
A livello tematico si coglie già sin dai primi versi una concezione secondo cui non c’è simbiosi tra l’uomo e la vita in quanto questa tende sempre a sopraffarlo e a colpirlo, costringendolo ad una via di fuga per sopravvivere. L’uomo è continuamente perseguitato dagli inganni, dagli egoismi, dall’ipocrisia, dai dubbi, dalle amare certezze o dall’enigma della vita, è obbligato senza tregua a cercare scampo. La sopravvivenza nella sua amara e acuminata crudezza sembra il soffio ispiratore dei pensieri dell’autore. L’autore narra la vita, scandendone i ritmi reali e veri del contingente quotidiano: lui cala nel particolare ciò che è universalmente riconosciuto come lacerante per l’animo umano e ciò che invece lo risana. Si sofferma nei ricordi passati, negli amori perduti, nelle ansie dei giorni e dei mali del mondo lui s’insinua nelle verità della vita, cogliendone gli aspetti più taglienti, discordanti, anomali o irritanti non dimenticando mai di suggerire la fuga, la salvezza.
Per Almerighi la vita non sembra essere un dono da accettare e vivere con gioia, ma un peso da sopportare, un buio che non ci fa vedere, un vuoto che non si sa come colmare. Leggiamo : /mentre il peso della testa/e delle braccia, tutto/lacera le spalle/ (da La vita); ……ma la vocazione è nero perfetto/neppure immaginato, penso mai dipinto,/distingue l’oscurità dal buio al vuoto/( Da due estremità).
In molte poesie di questa raccolta, soprattutto nei versi finali, si coglie il concetto della caducità delle cose, ogni cosa appare precaria destinata a scomparire, ad andarsene non si sa dove senza lasciare traccia: /così va la pioggia/teneramente secca/senza speranza sparire/(da La camicia nuova); poi ho smarrito il numero/a quell’altro non risponde più/(da Viaggi di un telefono appeso); (si spegne con non poca dolcezza,/ risale l’appennino incompiuto/ e la foschia l’inghiotte/(da Ultimo limite); /afferrandola un momento/viene giù in fiocchi/sparisce tra i flutti/(da Quell’anno di luce); /e col futuro incerto, poi/la conversazione sfinisce/e come nave va/(da Conversazioni).
Sicuramente questi versi suscitano un’intensa emozione e un senso di vuoto se non siamo aggrappati a un “ corrimano” , termine ricorrente nelle poesie di Almerighi per indicare un appiglio o una luce per il nostro destino.
L’uomo di Almerighi, malgrado tutto, non soccombe, anzi non solo ha possibilità di sopravvivenza, ma anche di rinascita, a condizione di effettuare scelte coraggiose (che prima o poi ripagano). Emblematici i seguenti versi: ……/ ma quando scegli/ un nome di cosa o persona/i migliori restano/( da Estranei). Talvolta ammicco/ l’idea del rientro/ lievita, secca in giornata/ come pane francese/ (da Come pane francese).
In alcuni casi bisogna essere determinati e andare oltre la generosità, cioè con durezza, come nei versi di “Procellaria”:……../mi carenò, sempre pronta/a sfrecciare l’acqua/ con violenza,…..…/ /……/ l’unica mia vita è trovare altra forza/ continuare a predare/.
Nella sua poesia, Almerighi apre anche spiragli e prospettive di speranza e possibilità di trovare un senso pur in mezzo alle macerie: /palazzi sdentati pieni di negozi vuoti/ e persone ognuna nel suo disavanzo/ a cercare sollievo nel vuoto/(da Nota di consegna); / mentre qualche capinera/ avverte l’alba/ e il mio sonno di pesi leggeri/ qualcosa viene da est/ Ho sete/ (da Guardo fuori).
Si avverte il desiderio di far emergere la parte positiva della vita e di ritrovare la forza per andare avanti: Resiste alla solitudine/un filo di perle/ ……../contrariamente al parto/ mi preparo a nidificare/ il mio cuore/( da Il mio cuore); Ispirazione è ritrovare fiato/ sotto la doccia chiara/ di poco sole,……./( da Fermi) oppure /è possibile amare/dimenticare e tornare/ inseguendo un corrimano/(da Poteva essere peggio).
A volte, però, si percepisce una sorta di rassegnazione e di noia perché la vita si presenta come un “déjà vu”: gli eventi appaiono sempre uguali e gli uomini non cambiano: /non ho pene da comprare/sono in regalo, viste già tutte/ ……../rimango qui sul solito scoglio/ come sempre a trattare/ (da Già viste)……….. /così non pensiamo più/e quando verrà domenica/saremo pronti alla noia/(da Case); Esistere per una carezza/la meno raccomandabile/passatempo e noia/cui adattarsi/ (Menù di pesce).
In alcuni versi si avverte la mancanza di una coscienza nel distinguere ciò che conta da ciò che bisognerebbe scartare, cioè come se non ci si rendesse conto della differenza tra il bene e il male:/Coscienze di mulino a vento/ sveglie già appisolate/ di gente eternamente distratta,/ altri non si sono alzati/ mai più, senza sconto poco importa/siano morti o ancora vivi/(Poco importa)
Nella poesia di Almerighi, a mio avviso, si coglie una continua dicotomia, la vita appare come una medaglia a due facce per cui si intuisce una persistente contrapposizione tra il vivere e il morire, la speranza e la rassegnazione, l’indifferenza e l’anelito. E se si dovesse fare un bilancio sulla positività o negatività della vita, il piatto della bilancia penderebbe a favore di quest’ultima perché molti sono i versi in cui il poeta usa parole che vanno oltre il significato letterale-denotativo, aprendo altri campi semantici che definiscono meglio la visione di Almerighi.
Buio, sera, notte, oscurità, ombre, croce, predatore, ferite, sangue, tormento, inferno, vertigini, cascate, vuoto, noia, ecc. Conquesto elenco di parole siamo su una interpretazione di livello simbolico-ideologico della poetica di Almerighi. E sicuramente questo tipo di lessico utilizzato dall’autore vuole presentare la vita nei suoi aspetti più crudi e dolorosi, così parole come buio sono il simbolo della morte, vuoto quello del nulla, croce, inferno, tormento rappresentano la sofferenza dell’uomo.
La silloge, per tutto quello che è stato detto, è anche ricca di parole poetiche che aprono orizzonti dove è possibile trovare l’essenza vera della vita e i suoi valori più autentici.
Almerighi nei suoi versi ne indica alcuni, ma in particolare, almeno secondo il mio punto di vista, la poesia che esprime meglio questo concetto è “Due di uno”. Qui l’autore parla di amore, solidarietà e di idea di Dio come riconciliazione con la vita e come prospettiva oltre la vita:/due di uno pronti a rincorrersi/a riprendere fiato/dietro sorrisi e lampade vive/ancora, fumi accesi/a musicare il tramonto/amore per non temere il buio/siamo saremo dobbiamo essere,/finito si spegne la luce/ripensando Dio/……/ (da Due di uno).

Lo stile del poeta è ricercato, ridotto all’essenziale, talvolta viene meno il nesso logico. La parola assume spesso, come abbiamo visto, un valore enorme, simbolico, allusivo che va oltre il significato letterale.
La costruzione dei versi, spesso priva di legame sintattico, ma questo non è un difetto perché non è necessario nella poesia, rende la comprensione un po’ difficoltosa ma quasi sempre la versificazione è autentica, mai artificiosa. La concisione dello stile rende le poesie intense e cariche di emozioni. E, secondo il mio pensiero e la mia competenza poetica, se ne ho un poco, credo che nella poesia di Almerighi si possa cogliere quella Bellezza che esalta l’animo, quel concetto di cui parlava Edgar Allan Poe nei suoi trattati cui abbiamo fatto cenno prima.

 

Recensione
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