Senz'alfabeto
Le raccolte di poesie di Anna
Maria Guidi: dietro l’ordinarietà c’è qualcosa da decifrare
Anna Maria Guidi ama descrivere
gli angoli della vita, le situazioni quotidiane che dietro l’ordinarietà
nascondono qualcosa da decifrare. La sua espressività non è piana. Sembra
esserci sempre qualcosa di volutamente eccessivo, di progressivamente
provocatorio, tratto che per “contaminazione” con le
Poesie della crudeltà di Artaud, si è
accentuato nell’ultimo libro di poesie
Senz’alfabeto,
edito da Polistampa come i precedenti
Tenacia d’ombra
(2002), (con prefazione di G.Panella) e
In Transito (2005), (prefato da G. Luti).
La cifra personale della sua
stessa espressività si è perfezionata lungo questi dodici anni di ricerca
poetica. L’autrice ha una sua grammatica ed un suo vocabolario personale. Non
lascia emergere con evidenza ciò che però, fra le righe, in alcuni versi si
segnala come il punto di fuga della sua versificazione: non poter fermare il
tempo, non poter arrivare a un compromesso con lo scorrere delle cose:
“transitivo effetto dell’animalità carnale/che governa ed eterna la
vivenza/nell’arca probatica del mondo”, mentre in un altro testo “s’aggriccia e
avvizza la trama rosicata/del tarlo bulimico dei giorni/che rammendo e
commetto/allo sbrego del cielo dipanato…”.
Già in
Tenacia d’ombra il tema era svolto con
ampiezza: “ma alle chiuse dell’alba/ascoltando ho capito/che più forte
ansimavano/soltanto i miei pensieri/affannati in salita/sui tornanti del
tempo/che non si ferma/a riprendere fiato/leggero com’è del peso/di tutti i
nostri giorni” e, ancora: “non esiste il tempo/è pane che lievita/in prestito
nelle nostre mani/provvisoria donazione del Tutto/al Niente in cerca d’uno
Scopo./Non lo consuma/ma ci consuma l’avidità dei giorni”. Successivamente, in
In Transito:
“Abito/ma non possiedo il tempo./Nel limite del termine/senza contratto in
prestito conduco/un suo monolocale accessoriato/di tutte le carnali servitù”.
In questo primo dei tre volumi
presi in esame si evidenziava una lesione del cuore (pagg.68,69) che portava
l’autrice a questa sofferta sintesi: “ho in mente conforti/benedetti d’ulivo e
mani/di rose solidali/ma stringo fra i denti/diffidenza di spade”. Il tema che
percorre in filigrana i tre volumi, insieme al tempo, è propria questa
oscillazione, che proviene dalla compassione per i feriti e gli ingenui capaci
di amore. Prendiamo ad esempio “Schicchero” in
In Transito o,
in Tenacia D’Ombra,
questa lirica: “Due volte è matrigna/la diseguaglianza che crea l’emigrazione:
costringe ad abiurare/ il libero possesso della/povertà/per mendicare il
lusso/derelitto d’un’altra/miseria./S’imbianca la nera/il viso nell’ombra del
viale/per avventori da 50.000 lire/e ti guarda rapace/ se cammini nel suo
territorio/stridendo/incodificate litanie./E’ già in attesa/della notte di
luglio/che le prospetta lo straordinario/per immediati bisogni di
consolazione/altrettanto derelitti/nella rinuncia al possesso/difficile
dell’umanità”. Torna, talvolta esplicitata, altre volte indirettamente evocata,
la domanda di Dio: “mi danno a immaginare l’infinito/e un qualche Dio buono/che
misericordioso tiene in mano le briglie del calesse/e di nascosto imprime
l’andatura”.
Particolarmente felice è
l’esito, quasi narrativo, quando Guidi cerca la parabola o la morale in forma di
favola (“Di me esisto/se per me stesso vivo./Così cantava ignaro/l’albero
egoista/adagiato dal tocco della scure/in mezzo al bosco/gremito di
silenzio./Abbracciato ai suoi rami cullava/le foglie giovinette:/e non sapeva
d’essere già pronto/a svegliare la brace nel camino”) o quando percorre la vita
con ironia indulgente: “ballerina cenerentola/neanche in punta di piedi riesco/a
toccare il cielo con un dito:/ma sognando le scarpette/continuo a ballare”.
In
Senz’alfabeto Anna
Maria Guidi prende atto di una “voluttà d’inconsistenze”, ma alzando lo sguardo
verso l’alto, contempla uno scenario più sereno: “scocca in cielo/una primina
freccia di rondini/libere migranti/al pedaggio del volo”.
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