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Prefazione a
Fra sogno e desiderio. (Antologica 1995-2015)
di Roberta Degl'Innocenti
la
Scheda del
libro
Lia Bronzi
La produzione
letteraria di Roberta Degl’Innocenti è ormai ricca di testi con cifra ad ampio
raggio, sia che essa si esprima in poesia che in narrativa poetica (per adulti e
ragazzi) e, senza dubbio, essa proviene da una forza inarrestabile, essendo
l’artista ancora in età produttiva e carica di forza creativa; ha infatti
pubblicato in questo ultimo anno due nuovi libri per i tipi “Masso delle Fate” .
Una forza, quindi, che anche a livello inconscio segna cose interiori ed
esteriori letterariamente notevoli, realizzate con senso analitico, provenendo
l’autrice da studi tecnici e ragionieristici. Ogni testo è innervato da
microeventi, sia personali ed individuali, che più oggettivi ed universali,
spesso provenienti dal mondo onirico e surreale, che ne sostanziano la più
profonda struttura che va a farsi linguaggio, alla ricerca di se stessi, quale
progressivo scandaglio della materia esistenziale-sensibile, proveniente dalle
suggestioni del mondo onirico colte nel mistero della vita. In tal senso sono il
giro perfetto, sia dei testi narrativi che di poesia che si snodano per forme
temporali, pur sempre sfumate nell’aura del sogno o del ricordo, quali parti
essenziali di un libro unico che andrà a realizzarsi secondo parti selezionate
dall’autrice stessa che registra, così, la sua vita psichica e lirica,
tracciando il proprio viaggio interiore con gioie, dolori, affetti familiari ed
amicali, pur nella presenza di una avvertibile malinconia strisciante, non ben
definibile biograficamente, ma pur esistente ed avvertita anche dai lettori.
Dunque questa edizione unificante non vuol essere occasione, né sovrapposizione
di frammenti letterari, ma ricomposizione filologica e dialogica consapevole,
quale discorso ampio e cognitivo che è vita della stessa artista, e cursus
honorum della sua poetica atta a fermare la vibrazione interiore, quella del
mondo circostante e dell’universo tutto, come contributo di valore, a forma di
un procedere letterario quanto mai originale e non assemblabile ad altri, per
una mixtio di freschezza e di piacevolezza non comuni. E siccome la
poetica della scrittura deglinnocentiana nasce da un muoversi sorgivo
dell’ispirazione e del ritmo interiore dell’anima, in tal senso essa è
riscontrabile nella scrittura narrativa ed in quella in versi ed esplode tra
urgenza e sistematicità organizzativa, sia che si esprima nella sua componente
lirico-dionisiaca, che in quella onirico surrealista, come nelle favole, dove
c’è ritorno al gioco e alle fantasie infantili. Tutti elementi che divengono
forza primigenia ed apotropaica, oltre che medium di una catarsi
indicatrice e fil rouge dell’opera omnia di Roberta
Degl’Innocenti. La copertina della preziosa raccolta riproduce una tela della
poetessa-pittrice Mara Faggioli dal simbolico titolo “Fiorenza, i sogni delle
donne”, archetipo di bellezza, soavità e sensualità, tutte qualità che vanno a
creare, con la lirica di Roberta una perfetta simbiosi.
Narrativa
La narrativa di Roberta
Degl’Innocenti è rivolta sia agli adulti che ai bambini, tanto è dotata la
sensibilità dell’autrice e la sua fantasia da “fanciullina pascoliana”, che mira
a cogliere, nei due mondi, ciò che c’è di fantasmagorico e di magico oltreché di
iniziatico. Infatti quella per adulti spalanca infiniti iter che si
snodano secondo percorsi personali in piena corrispondenza con soluzioni
espressive fermate nella loro peculiarietà e sequenza, dove c’è regolarità di
metro e di ritmo, tale da sfumare la prosa in poesia. Dal punto di vista
sociale, epico ed umano, il linguaggio compie un’azione di rêverie, nel
senso di meditazione sulla condizione dell’uomo sulla terra, che è poi radice di
noi tutti, con i nostri pregi e difetti, che si fanno portavoce delle idee,
delle emozioni, dei ricordi che animano la scrittrice e la connotano con valenza
forte anche nella sua vita privata e di autore letterario, poiché se da una
parte il simbolo e la metafora aleggiano, dall’altra si parla di vita vissuta,
di carne che soffre, con tutto ciò che ne deriva dall’istanza etica, morale e
sociale, quale forza testimoniale, come si evince sin dalle prime raccolte,
titolate rispettivamente: “Il venditore di palloncini ed altre storie”
(1995/1997 2.a ed.); “L’azalea” (1998); “Donne in fuga” (2003); “La luna e gli
spazzacamini” (2007); “ Pisolina la befana pigra” (2014); “Come un piccolo
sogno” (2015), nelle quali l’approccio culturale, pur essendo di facile
comprensione possiede doppia lettura, sia quella per tutti, che quella più
propedeutica con valenza pedagogica, etica e morale.
“Il venditore di
palloncini” ha una prefazione di Giulio Panzani e note critiche di Carmelo
Mezzasalma e G.C. Matthieu, tutti critici che ne colgono bene l’esprit,
ed è testo che vuol fermare l’attenzione sulle ingiustizie del mondo, ma anche
il sotteso filo di speranza che le anima, realizzando così la storia di tutti,
quella umana ed universale, incarnandola in un contesto vivo e caldo di animismo
che si sprigiona come palloncini al vento, presente nella forma elegante e
snella di racconti brevi e leggibilissimi che, per coloro che sanno intendere,
contengono un finale concluso ed apotropaico.
“L’azalea”, con
prefazione di Carmelo Mezzasalma, preannuncia già dal titolo un alto valore
simbolico e metaforico, tutto da interpretare nel messaggio e nel linguaggio del
bellissimo fiore dalle foglie carnose, aperte a cuore verso l’esterno, che se da
una parte ne segnano un tempo breve e caduco, che poi è come quello della nostra
vita, dall’altra con il loro colore e la prolifica efflorescenza essi
appartengono ad un tronco ed a rami legnosi, forti nei confronti delle temperie,
volti verso l’alto, in attesa di un incontrovertibile destino che pur arriverà.
E come scrive l’autrice, quasi a voler stigmatizzare la pianta, quale figura
animica benefica, che stende le proprie radici e le braccia a beneficio degli
uomini e della loro vita.
Insomma il testo, pur
con diversa trama e diversa cifra, è tutto un’evocazione di fatti semplici che
tendono fatalmente ad assumere valore d’assoluto.
Più letterariamente
maturo ci appare il testo “Donne in fuga”, con introduzione di Enrico Nistri e
prefazione di Alessandro Resti, nel quale le protagoniste, siano esse Fiore,
Esterina, Anita, Lucetta, Valli, Camilla ed altre, ci appaiono donne in fuga di
oggi, di ieri, di sempre, poiché simboli archetipali di malattie psichiche e
sociali, menomanti o morali e sociali, come la prostituzione e l’anoressia, alla
ricerca di un equilibrio da trovare molto difficilmente, che fuggono dalla loro
condizione verso una vita “altra e parallela” più salvifica di quella vissuta.
Dunque niente di assimilabile a quella dell’autrice, che sappiamo essere donna
in equilibrio, circondata da affetti comunque forti anche quando, come capita a
tutti del resto, il vento è soffiato contrario alla rotta. Le donne in fuga
prese in esame sono alla fine simbolo di una presa di coscienza del mondo,
secondo un significato fondato sul rigido binomio forma-sensazione e sulla
coerenza della logica deduttiva ed empirica, quale semantica della pragmatica
fantastica e secondo l’adozione di una metafisica pluralistica delle cose.
Dunque niente di autobiografico, se non di meramente accidentale, in questa che
ormai potremmo definire “opera” per i successi di lettura e di ascolto ottenuti;
siamo semmai in presenza di un’autrice dal cuore colmo di pietas umana,
sociale e morale, ben lontana da una mente bambina poiché vicina ad un mondo
attuale, colmo di necessità con un futuro tutto da ripensare. Un mondo, questo
di “Donne in fuga”, dove mytos e logos si incontrano, si integrano, si
abbracciano nel ritmo della poesia.
Secondo un ordine
cronologico, Roberta Degl’Innocenti, oltre a libri di poesia, scrive fiabe per
ragazzi. Sappiamo che il mondo delle fiabe e dei miti nasce con l’uomo e per
questo ha radici antichissime, provenienti da sentieri vari, culture popolari,
spesso orali, di etnie diverse nelle quali sono presenti fate buone, streghe
cattive, maghi e sirene, gnomi, fauni o strani animali parlanti, emergenti dalla
fantasia e dall’inconscio collettivo umano, nella poetica traspirazione di
eventi e suggestioni primigenie. Il tutto si intreccia secondo esperienze
vissute dall’uomo, sia che esso abiti al Nord, al Centro o al Sud del mondo,
sotto ogni cielo, longitudine e latitudine. A questi canoni si attiene Roberta,
che tratta qualsiasi fantasia tematica, avvalendosi di un’emozione autentica e
di un agire in piena libertà creativa. Ed è così che la fervida fantasia di
Roberta crea in “La luna e gli spazzacamini” i personaggi Pi-Put, lo
spazzacamino, le fate Margie e Fosforina, la zanzara distratta, il coniglietto
Virgola, la nuvoletta Biancolina, Monni la pescatrice di conchiglie,
Trecciolina e Bombolo, Zufolone il folletto ed il magnifico Orso Bruno, un
insieme fantasticamente colorato e parlante che anima la scena con battute
giocose, talora propedeutiche volte comunque ad insegnamento con vero senso
poetico che, come dice Antoine de Saint Exupery, si cela agli occhi di chi non
sa percepire o vedere. Nasce dalla mente sempre in movimento di Roberta la
raccolta “Pisolina la befana pigra”, nella quale un invaghimento letterario di
mito-poiesis porta l’autrice a raffigurare ciò che la circonda, donando voce e
corpo anche agli oggetti inanimati, evocandoli secondo un linguaggio surrealista
fluido e semplice, talora burlesco ed ironico, da realismo visionario, tutto un
modus operandi verso le misteriose vette della creatività. I personaggi
che animano il testo di “Pisolina la befana pigra” realizzano una mise en
scene che, come già avvenuto per “La luna e gli spazzacamini”, ben sa
interpretare il pittore Andrea Gelici, con belle pitture di ambienti tesi a
valorizzare, con colori vivaci, la teatralità dei soggetti tematici trattati,
atti ad attirare e coinvolgere i lettori giovani e adulti, valorizzati anche
da una colorazione espressionista di Gelici, essi realizzano al meglio le figure
di Violetta, Argentina e Lucidalabbra, le tre palle di Natale, e quella di Lille
e Miou, le bambole francesi, il Picchione e le Farfalle, Giuditto, l’elfo
profumiero, Dondolino e i fiori di ceramica e Luna e Gingillina con Il suonatore
di tromba. Tutto un mondo magico nel segno dell’amicizia capace di scatenare
imprevedibili epifanie.
Dopo una parentesi di
silenzio che è poi echemetia, cioè silenzio interiore che prelude alla
grande costruzione architettonica del linguaggio creativo, Roberta
Degl’Innocenti, oltre alle raccolte di fiabe, pubblica il testo “Come un piccolo
sogno”, raccolta di poesia e narrativa con prefazione di Maria Rosaria Perilli.
Opera che è autobiografica e che nasce da un bisogno di catarsi dell’anima,
desiderosa di aderire alle molteplici manifestazioni del bello e del buono che
ci avvince e ci commuove, poiché capace di fermare la sua misteriosa espressione
di attesa. In tal senso la fantasia dell’artista si accende e brilla nella
costruzione di un mondo tutto suo quale timido fiore, sbocciato nel prato verde
della vita, e al limite del surrealismo di carattere deprestiano si apre alla
molteplicità del reale, contemplando i due stili: narrativa poetica e poesia
narrativa. Da questo climax nasce la lirica “Come un piccolo sogno” che
recita nell’ incipit: “ Come un piccolo sogno appena uscito, / sbirciato
fuori tremulo, esitante,/ ma nel contempo vero e palpitante,/ ho messo insieme
queste mie parole/ che corrono, furtive fra le pieghe/ d’un tempo antico e
lieve, un sentimento…” quasi una dichiarazione di poetica, peraltro dedicata ai
propri cari scomparsi e che proprio per questo è delicata, fluendo in un
rifiorir di vita, ancora tutta da scoprire nel perpetuarsi di una forza
misteriosa e demiurgica. Ma dove si esplica ancor più la potenzialità del
linguaggio è nell’evocazione degli affetti, dei dolori provocati da catastrofi
naturali, come l’alluvione di Firenze del 1966 o alla “sorellina mai
conosciuta, altera parte” però, della sua vita e tutta tesa nel ricordo a
marcarne sempre più l’assenza. Non manca il ricordo particolare per il padre e
la madre, le tate, ma anche la casa ed i fiori, con il loro profumo. Ed è così
che scorre un quotidiano vissuto da poetessa surrealista che sa trovare in
questa “aura altra” la propria salvezza, fatta di cuore e parole dolci e
appassionate, capaci comunque di creare lirica anche quando si esprimono in
prosa.
Poesia
A far quasi da
contrappunto ad una fantasiosa narrativa arriva la poesia, secondo un muover
d’aria e d’armonie particolari, deglInnocentiane direi, come già scritto in
passato, originali ed incopiabili comunque, anche se i plagiatori di Roberta si
sono dati da fare. E dalle raccolte emana un ritmar vibratile e tattile, talora
atto a ricreare un rigemmar di vita, con vivezza e compiutezza realistica delle
immagini, proveniente dalla ricchezza di metafore e di simboli, che si
articolano con grande beltà nel sogno e nella fantasia, pur nell’importanza
delle reali tematiche trattate, colte nella dinamica delle cose e nella loro
particolare mobilità. Ed è proprio in questo generale respiro che fluiscono le
varie raccolte pubblicate, che abbiamo presentato in molte occasioni nelle sedi
più prestigiose della Toscana ed oltre. I testi di poesia pubblicati da Roberta
in ordine cronologico sono: Il percorso, (1996) con nota critica di
Gaetano Quinci; Colore di donna, (2000) con prefazione di Giovanna
Fozzer; Un vestito di niente, (2005); D’aria e d’acqua le parole,
(2009) e I graffi della luna (2012), tutte con prefazione di Paolo
Ruffilli, e come diceva Mario Luzi: “Ogni titolo è un mantra”, in
Roberta le nominazioni delle raccolte, in tal senso, lo sono, poiché provengono
ab imis dal profondo della psiche e della sapienza del cuore, mentre al
contempo sono esplicative di un viaggio interiore che inizia nell’ormai lontano
1995 con il testo Il percorso. In tale opera si esalta il tema del
viaggio con trenta testi lirici, quali tappe ideali di un cammino percorso a
ritroso nel tempo, a partire proprio dal ricordo della “Antica casa”, ricordo
riaffiorante e a tratti sensibilizzato nostalgicamente nella poesia di Roberta.
La raccolta è divisa in cinque sezioni dai rispettivi titoli: “Il percorso”,
“Maturità”, “Cercandomi”, “Emozioni”, “Percezioni”; ma ciò che ci colpisce di
più è l’appendice intitolata “I primi versi”, poiché essi ci narrano
dell’approccio pessimista alla poesia che l’autrice ha avuto in età giovanile,
come cifra, marca che si svilupperà in seguito in modo più metaforico e sotteso
e come da sempre da me avvertito; citiamo la chiusa di “Addormentarsi” che
recita: “E’ l’ora in cui la mia mente si placa/rivive l’illusione/ di un’assurda
felicità.”, come solo il sonno fosse presa di distanza dalla troppo spesso
deludente realtà del quotidiano.
Dal giro perfetto delle
raccolte pubblicate, che si snodano per fasi temporali e che vanno a costituire
poi il libro unico della vita di Roberta, nasce Colore di donna, che
realizza la propria poesia secondo la simbologia dei colori: nero, azzurro,
rosso e bianco che tutti li comprende. Tale raccolta è caratterizzata da un
canto monodico, altamente lirico, che si coagula intorno a fondamentali nuclei
tematici, che si riempiono di voci intrise di affetti, di amori, di tempo, di
natura sempre descritta a colpi di pennello e fissata nella bellezza delle
immagini. Ma è soprattutto la fisicità sostanziale del discorso a stupire,
poiché avvertito in modo tattile e terrestre, con il controllo di belle
metafore, fissate nelle sfumature dei vari colori, mentre il muoversi sorgivo
della metrica libera e del ritmo musicale ci rendono conto di un’età ancora
sensuale, tutta da vivere e da scoprire. Citiamo l’incipit della lirica “Questa
sera” che ci pare esemplare al riguardo e che recita: “Mi pulsa d’emozioni/
questa sera/ lembo di terra/ graffiata alla parola/ stordisce l’ora/ sfrontata
del sorriso,/ accolto e carezzato/ sulla pelle…” dove anche i verbi ci parlano
di passione.
Sempre viva e non
attenuata nella sua presenza dionisiaca, ci appare la raccolta Un vestito di
niente, a partire dalla copertina con disegno dal titolo “Le armonie di Cleo”,
nella quale la mano che carezza una gamba adornata da un fiore ci parla di una
sua articolata mobilità, trasmettendone forte emozione. Un simbolo sensuale e
remoto che ha un valore all’interno della quest deglinnocentiana, tra
territorio fisico e spazio mentale, nell’importante dimensione del proprio self
storico e nella dimensione totalizzante dell’essere tra realtà esterna e
scoperta interiore, che si concretizzano poi nell’anima, nella mente, nel cuore.
La raccolta consta di cinque sezioni intitolate: “Un vestito di niente”,
“Vertigine”, “Donne in poesia”, “Ballerina” e “Amore non amore”. Spogliarsi
dagli abiti non è solo elemento di edonistico momento, ma anche esemplare voce
lirica che inizia la propria discesa verso il centro del labirinto che la
rappresenta, per carpire verità nascoste, come cura morale a rinascita
esistenziale. Non manca nella raccolta un aspetto epico e civile, quando Roberta
riporta ancora l’attenzione sulle donne, nel caso specifico in poesia, con la
bella lirica a loro dedicata, al centro della quale troviamo versi che recitano:
“tre rose spudorate quanto basta/ a scoprire desideri in boccio/ e orme di
pianto ai piedi della luna…”. Un tema caro alla poetessa, che ritroviamo
puntualmente in tutta la sua letteratura, ma anche nella vita quotidiana, per
l’impegno da sempre avuto nella solidarietà sociale. Libro esemplare, dunque,
molto apprezzato dalla critica e dal pubblico, come testimonia la vendita dei
testi, che da sempre caratterizza la letteratura della poetessa.
Dopo quattro anni,
Roberta pubblica la raccolta D’aria e d’acqua le parole, nella quale ci
sono corrispondenze tra spazio e tempo, tra suoni e colori, forma e sensazioni,
tutte tradotte in immagini poetiche fondate sia sulla rappresentazione che
sull’allusione, dove c’è sonorità, ritmi e risonanze visive e analogiche e
metaforiche, che diventano la primaria ed essenziale chiave di lettura del
simbolismo presente, spesso naturalistico e fascinoso, legato all’iconografia
dell’animismo tahitiano di Paul Gauguin, per la presenza del colore. Spesso il
colore è legato all’idea del dolore come il nero, simbolo del lutto. Infatti la
raccolta è dedicata alla madre, morta proprio mentre essa era in corso d’opera,
definita dalla poetessa “abbraccio di convolvolo alla rete”, cosicché in tal
senso la linea poetica rispecchia la legge delle corrispondenze e l’animo va per
viaggi altri e paralleli. E’ presente nella raccolta il tema del viaggio,
leggibile come fuga dalla realtà, viaggi reali e della mente verso luoghi
vagheggiati dove, attraverso il linguaggio dei fiori, si può creare poesia.
Anche questa raccolta è divisa per sezioni che hanno uno stesso modo di
procedere liricamente e stilisticamente, nel segno della continuità e dell’unità
dell’opera, anche quando cambia l’impostazione tematica. In questa opera, ancor
più che nelle altre, son tante le finestre aperte sul mondo e sulla natura,
quale ricerca artistica, realistica ed astratta al contempo, nell’evocazione
sognante del mondo della libertà e dell’utopia, vicina alla poetica del
simbolismo letterario, seppure non criptato, poiché del tutto spontaneo e
naturale. Il tempo passa attraverso le sue emozioni e la sua spiritualità.
Avevamo già osservato che come riferimento culturale ci si poteva riferire al
surrealismo di Depestre e di Pessoa, con la differenza che questo è surrealismo
dei nostri giorni. Vorrei aggiungere, come già altrove sostenuto, che entrando
nel mondo ricco e variegato di Roberta, potremmo sostenere: “La terra è sacra
se il poeta la feconda”.
Ultima raccolta di
poesia porta il titolo I graffi della luna (2012) nella quale, come nelle
altre raccolte, metafore e rappresentazioni di un linguaggio e di emozioni
passano attraverso espressioni ritmiche del corpo e del mondo circostante, con
il potere di forgiare, ascoltando lo spirito della terra, la stessa poesia, che
è memoria ancestrale di un’ identità umana di frontiera, sia nella quotidianità
che nell’arte, piuttosto che espressa per forme sintattiche perfette talora
banali nella loro correttezza e razionalità. Ma anche in questa raccolta ciò che
avvince è la profonda passione che la poetessa mette nel sacralizzare tutto: il
prossimo, la natura, il paesaggio, la città, l’amore, attraverso immagini rare e
preziose, anche metaforiche e simboliche, pur mantenendo l’impeto innato di
purezza, nella sapienza del cuore, dove ci sono note da controcanto, come quando
i versi recitano: “… All’orologio guizza un’ora incerta,/ resa del nero in
perfido languore….” (Vertigine di cielo). Non c’è, nella poesia di Roberta
Degl’Innocenti, un modo chiaro di intendere la trascendenza, tuttavia c’è voce e
coscienza, espresse per cromie e note musicali atte a far comprendere come una
cultura animistica propria possa rendere universale la poesia. L’intera raccolta
è dedicata al marito Stefano, per il quale scrive i suoi versi più belli.
Altrettanto si dica per la città di Firenze, con la lirica “Rossomiele” dedicata
al Caffè Letterario Giubbe Rosse ed alle ottobrate fiorentine: tutte
meravigliose metafore che si ripetono nel processo creativo posto in essere da
una poetessa dei nostri tempi che dice in “Scrivevo sempre i sogni”: “Scrivevo
sempre i sogni, mai la vita,/in carezze leggere, pareti cristalline….”. Le
sezioni del libro sono rispettivamente: “Turchina”, “Ragazzi e sogni”, “Omaggio
a Fabrizio De Andrè”, “Il sogno della neve”, “Rossomiele”, “Viaggi indiscreti” e
“La casa dei mattoni rossi”.
A conclusione di questo
excursus la letteratura deglinnocentiana, si afferma nel panorama
italiano come poetessa di natura che sa decifrare la metafisica delle cose,
calandosi nel loro destino d’anima, in virtù di una propria attitudine estetica
e visionaria, attraverso una scrittura viva, sangue stesso del proprio pensiero,
delle sue estasi, con spirito puro e solare.
Alcune liriche sono
state tradotte in lingua francese …
Saggistica e teatro
Non sempre la
saggistica è da tutti gli autori, poeti e narratori professata, in quanto essa è
arte letteraria che appartiene alla ratio, alla esegesi, alla filosofia,
quindi, allo stesso pensiero. Per questo anche Roberta che ama particolarmente
il perfezionamento culturale e morale ha coltivato letture importanti, ben
lontane dalla provenienza scolastica di ragionieristica, ha frequentato mostre
di pittura e scultura in luoghi esclusivi, come le gallerie di Firenze ed oltre,
ha partecipato a conferenze di cultura classica, oltreché essere essa stessa
operatrice culturale, tutte caratteristiche che hanno arricchito il suo iter
critico come si evince da scritti dal titolo: “La seduzione innocente di Connie,
Emma e Lara, l’intrigo di Giacomo Casanova nella pittura di Giancarlo Ferruggia”
(pubblicazione on line, Literary) presentato al Convegno Internazionale di
Lettere e Filosofia di Roma 3; “Sergio Corazzini, poeta” (pubblicazione on line,
Literary) Conferenza presso il Centro Culturale il Fuligno Firenze con il
Laboratorio di poesia dell’Accademia Vittorio Alfieri; “Corrado Govoni, poeta”
(pubblicazione on line, Literary) conferenza presso il Centro Socio Culturale Il
Fuligno Firenze con il Laboratorio di poesia dell’Accademia Vittorio Alfieri;
nei quali l’elaborazione, la riflessione, si raffinano sempre più e si
concretizzano in concetti non facili, atti a cogliere la bellezza, la filosofia,
il significato universale. Tutto un filone nuovo, per l’autrice, in via di
perfezionamento che darà i suoi frutti.
Inoltre, dalla
triennale esperienza coni bambini della scuola elementare dove Roberta ha fatto
diversi incontri, sia per la poesia che per le fiabe, scrive la sceneggiatura di
un proprio testo, in due atti, e cura a lo spettacolo, acconsentendo alle
richieste delle maestre come finale di un ciclo di incontri. La fiaba scelta è
Margie e Fosforina, la cui sceneggiatura si trova nella presente antologica.
Testimonianza
Ho conosciuto Roberta
Degl’Innocenti allorquando, invitata a casa di Anna Maria Guidi, poetessa e
saggista, assieme ad altre autrici fiorentine, dove avveniva il mio primo
incontro con Duccia Camiciotti, fui incaricata di prefare e curare l’opera
collettanea “Quindici poetesse fiorentine (Slanci e partecipazione)” per i tipi
Bastogi di Angelo Manuali. Antologia memorabile che avrebbe avuto, in seguito,
grande successo di critica e di pubblico ed alla quale se ne aggiunsero altre,
sia come appendici della “Storia della letteratura” Bastogi, da me curata, che
realizzate a tema, con l’inclusione, appunto, di testi e poesie di Roberta. Quel
giorno la poetessa arrivò per ultima, a causa del suo lavoro: ella era infatti
dirigente amministrativa di una importante catena cittadina di negozi, per
questo abituata ad avere contatti con i titolari, le banche, i fornitori, i
clienti e quant’altro necessita in tal genere di attività, quindi avvezza
all’organizzazione logistico-amministrativo e di approccio con gli altri,
qualità che l’avrebbe aiutata e non poco, nella sua attività letteraria. Ricordo
che Roberta arrivò con il motorino, suo mezzo di trasporto per spostarsi in
città, con i ricci arruffati per il casco, passo felpato ma deciso, alta, snella
ed elegante, sportivamente vestita, si fece subito notare per l’accattivante
sorriso ed il suo pacifico modo di approcciarsi con le altre, qualità che a
tutt’oggi perdurano anche se in modo più soft. Roberta era la più giovane del
gruppo composto da nomi già introdotti nella letteratura a vario titolo, ma fu
con lei e con Duccia Camiciotti che costruimmo, attraverso il volontariato
espletato in varie associazioni, un movimento culturale trasversale, che credo
abbia contribuito non poco a far conoscere autori meno noti agli amanti della
letteratura contemporanea. E fu così che introducemmo autori provenienti da
tutta Italia, a cominciare dal “Centro d’arte Modigliani”, sotto la presidenza
di Roberto Cellini e con vicepresidente, oggi emerita, la stessa Roberta, con
“Pianeta Poesia” Giubbe Rosse ed altre prestigiose sedi istituzionali,
presidenza Franco Manescalchi, che fece presentare da Giuseppe Panella una sua
opera alle “Oblate” con una lirica tradotta in francese da Giuseppe Brunelli, da
me stessa declamata. Quindi “La Camerata dei Poeti” della quale avrei tenuto la
presidenza per ben sei anni, dopo Marcello Fabbri. Il nostro comune iter
continuò a Palagio di parte Guelfa, a Palazzo Vecchio, nei locali della Regione
Toscana, all’Auditorium della Cassa di Risparmio, ma anche con il “Giglio Blu”,
associazione culturale che ci vede tuttora dirigenti, a San Giovanni Valdarno
nell’atelier del pittore Valter Malandrini, al “Graffiacielo” di Maja Lopez Muro
e Daniela Pisolato, artiste argentine, a Montevarchi con Vincenzo Nasuto,
artista modernissimo ed eclettico, da Empoli all’Abetone. Una collaborazione che
è durata circa venti anni e che promette di andare avanti ancora, a Dio
piacendo. Gli autori da noi incontrati furono sempre eccellenti, ne ricordiamo
solo alcuni, tra cui: Medardo Macori, Nicla Morletti, Ninnj Di Stefano Busà,
Giovanna Colonna di Stigliano, Alfredo Lucifero, Ignazio Gaudiosi, Sirio
Guerrieri, Angela Barbagallo, Duccia Camiciotti. Artisti dei quali alcuni
scomparsi, ma presenti, tuttavia, nel nostro cuore. Nel frattempo Roberta
portava avanti, come Presidente, il premio letterario “Semaforo rosso”,
consolidando, al contempo, la propria attività di critico letterario e d’arte,
con importantissimi interventi ai quali aggiungeva l’attività di “fine
dicitore”. Insieme abbiamo presentato mostre collettive e personali: ricordo a
Villa Bandini quella di Alfredo Correani, Furio Castellucci, Marco Cavallini,
Valter Malandrini ed altri. Tutte mostre memorabili, per bellezza ed affluenza
di pubblico. (Per tutto ciò che può essere omesso consultare la biografia
presente nell’opera). Contemporaneamente Roberta cresceva come autrice, dava
alle stampe le sue opere secondo una dimensione pregnante e pragmatica di un
linguaggio, riccamente nuovo e metaforico, in relazione ad un pensiero sempre
più maturo, volto anche al sociale ma senza abbandonare la persistenza lirica.
L’amore per le arti figurative ha indotto Roberta a far illustrare le raccolte
di fiabe da Andrea Gelici, poeta e pittore fiorentino, dai colori vivaci e
figurazioni romantiche, spesso realizzate con sfondi della splendida città
rinascimentale: che con la sua arte è andato così ad arricchire le già
fantasiose fiabe, rendendole ancor più giocose e dove l’autrice esprime tutto il
proprio essere surrealista con ritorno allo stato edenico primordiale di candore
e purezza. Mi sono da sempre chiesta: ma qual è, dunque, la cifra di questa
verace autrice? Essere sognatrice graffiacielo , surrealista e lirica, o
ragioniera dal carattere logistico e organizzativo? Ambedue le cose, è la mia
risposta, poiché i due aspetti coesistono e si integrano perfettamente ed
armoniosamente, ottenendo un risultato quanto mai comunicativo, da performer
per le letture che ella esegue da sola. Una mixtio che ad oggi ha
dato origine alla pubblicazione di ben undici testi, tra anima e metafisica
delle cose, spirito e parole, sensualità avvertita e trasmessa nei neologismi,
ritmi musicali, metrica quasi sempre libera, talora sfumata sull’endecasillabo,
anche nella prosa, tutto un ensemble fantasmagorico, luminescente da
surrealismo depestriano che attrae e convince il suo pubblico che accorre sempre
numeroso alle prime dell’autrice, quindi ricca di un umanesimo integrale per la
considerazione della vita, anche quando c’è la morte come nel caso dei genitori
e delle tate, ricca sempre di visione cosmica delle cose, come testimoniano
l’opera “Donne in fuga” e liriche che a tali tematiche si ispirano. Chiudo così
la mia breve testimonianza che avrà certamente molte omissioni per ragioni
logistiche, augurando a questa artista, per me ormai amica: “Buon
proseguimento!”. La verità, l’onestà nel comporre in modo del tutto originale ed
autoctono, premia sempre. Questo è il caso di Roberta, uguale a nessuno,
ispirata solamente dalla sapienza del proprio cuore e dall’intelligenza
ordinatrice della mente.
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