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Pagine. Sul filo sottile del tempo

Poesia e memoria

La Ca’ Rossa, posizionata in alto, nella zona di Mattarello “immersa nel disegno perfetto dei filari di meli intercalati dalle strisce ombrose della vigna di uva schiava”. Qui abitavano i nonni dell’autrice, e per accedervi si doveva risalire “una stradina stretta tra il muro e il chiaro ruscello”, ma ecco che tra le voci della natura se delinea presto la figura del “re contadino, con le grandi mani callose capaci però di raddrizzare con delicatezza un fiore”.

La natura è un personaggio palpitante in Pagine. Sul filo sottile del tempo (Arca, 2017), il libro di racconti autobiografici di Lilia Slomp Ferrari che darà presentato oggi alle 17 a Trento presso la sala Falconetto di Palazzo Geremia. Con l’autrice intervengono Mauro Neri, Paolo Toniolatti; letture di Antonia Dalpiaz, Arrigo Dalfovo; interventi musicali di: Saverio Gabrielli. Lorenzo Bernardi.

“Mi sento in simbiosi totale con le stagioni, con gli alberi in particolare. Il mio papà – spiega l’autrice in relazione al ruolo del re contadino – ha rappresentato per me una figura straordinaria. Mi dice va: “Quando provi tristezza e sei in un bosco o vicino a un albero, abbraccialo e chiudi gli occhi, sentirai la linfa della Madre terra percorrere il tuo corpo”. “Penso che il mio amore per la poesia venga anche da lui”.

Lilia Slomp Ferrari è nata e vive a Trento. Ha pubblicato diverse sillogi poetiche. da En zerca de aquiloni (1987) alle più recenti Come goccia di vetrata () e Ombrìe (2012), conseguendo premi regionali, triveneti, nazionali. Suoi racconti, sono apparsi in riviste letterarie, e ora per la prima volta vengono dati alle stampe in forma unitaria. Basta però leggere l’incipit di Pagine per comprendere che per Slomp la scrittura scaturisce innanzitutto come verso poetico.

Non sono una narratrice prolissa, utilizzo molto la metafora – interviene Slomp – e dentro queste pagine, scritte saltuariamente nell’arco di quasi trent’anni, c’è la vibrazione del mio sentire. È stata mia figlia Daniela a insistere affinché le raccogliessi, e le ho dedicate ai miei nipotini, al mio futuro, perché vorrei mi ricordassero anche come narratrice di favole. Avevo sette, forse otto anni quando ai “Casóni” facevo la babysitter, e già allora avvertivo il bisogno di raccontare storie ai più piccoli”.

Negli oltre trenta brevi testi raccolti si sviluppa l’infanzia della narratrice trascorsa ai “Casóni”. È in quel piccolo universo che prendono vita i diversi volti della sua “madeleine”, dal profumo del bucato – la lissia – a quello della polenta e del pane raffermo, a visi di chi non c’è più, ma rimasti impressi nella memoria.

Recensione
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