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Esco
“Al
momento penso di essere un’antenna sul Conero che trasmette solo messaggi di
amore e di speranza…”: questa dichiarazione dell’autore, Franco Acciarri,
ospite della casa alloggio “Il Focolare” di Ancona per malati di AIDS, che
l’Assessore ai Servizi alla Persona del Comune di Camerano, Maria Vittoria
Marcelli, cita nella prefazione, rivela la sensibilità del poeta generosamente
proiettata verso un’alterità.
Esco, infatti, è una presa di posizione
esistenziale: esco dal tunnel di una negatività opprimente per uscire incontro
alla festa di luce della vita, esco dalla prigione del mio io per aprirmi
allo stupore di un tu, come è incisivamente espresso nella poesia
G’orgoglio: “Orgoglio… sai di ferro rugginoso, | pretendi che dentro di te
ci sia verità; | addestri, contrastati sentimenti che piangono le tue velleità.
| T’avvali della tua morale di stagno che segna il tornaconto, | racconti di
ragioni che paiono terribili…tristi Arlecchini. | Ambiguo, menzogna che
giustifica la sordida fame, cannibale per il tuo affermarsi.” (G’orgoglio).
È un oltrepassare i propri angusti orizzonti per abbracciare il vasto e radioso
panorama di una Terra Promessa che ha nome Eternità, i cui indizi, lungo il
migrare dei giorni, sono, appunto, amore e speranza: “È attraverso queste
finestre, | che io guardo il mondo, | cambiare, sfuggirmi, | confondersi con il
mio cuore.” (Batte la pioggia). È un sortire anche fisico, per
inebriarsi dell’aria, dei profumi, dei colori, nell’incantesimo malioso dei
sensi, che non possono non essere sedotti da tanta bellezza: “E nevica ancora
sul casolare. | Tutt’attorno il silenzio d’oro.” (Neve); “Il treno
passava nelle valli dorate. | (…) Il sole baciava la terra e gli alberi.” (Valtellina).
È un varcare la soglia della sofferenza
per affacciarsi ad uno scorcio suggestivo di un altrove che balugina ridente
oltre l’estrema frontiera di questa vita: “Ancora bruciano le mie ferite aperte,
| in questo mare di anime deserte. | Lasciami raggiungere Dio. | Coloro che non
ce la fanno. | Cammineremo insieme abbracciati e senza affanno.” (Anime
deserte). È poi un esodo da se stesso, dall’uomo vecchio, retaggio di un
passato turbolento, per approdare al nuovo, che fiorisce da una presa di
coscienza del valore dell’humanitas, della propria dignità e grandezza di
persona che si specchia nel bisogno e nel desiderio di amare e di essere amato:
“Cammino calpestando ancora le mie orme, | lasciate sulla spiaggia in un’altra
vita. | Ad ogni passo si fanno più profonde. | E la meta più lontana. | Ed alla
sera, quando la spiaggia si fa nera, | urlo di dolore, | il mio canto d’amore” (La
spiaggia); “Ho cullato un’idea per anni: | trovare l’amore dentro di me.
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Ora cammino con l’anima triste, | i capelli bianchi per la stanchezza. | Nelle
tue mani la mia salvezza.” (Ho cullato un’idea per anni). È anche un
ritrovare la propria anima, dopo averla drammaticamente perduta e infangata,
sacrificandola alle travolgenti istanze della vita: “Rapisti o vita la mia
anima. | Coperta di neve e di sterco. | La strada che percorro è sempre
dissestata. | Tua la decisione, mia la scelta. | Sento ancora vibrare nelle mie
ossa, | il drago che si è impossessato di me, | e mi ha aperto gli occhi sugli
infiniti orrori.” (Il drago). Il deragliamento, declamato da Rimbaud
nella sua celebre poesia Il battello ebbro, suggerisce la condizione
esistenziale di poètes maudits (“Angeli maledetti, | coscritti e
vagabondi, | compagni dei cani randagi”, Giovani): “Ho perso quei binari
e il mio treno viaggia | senza meta, senza paura, senza stazioni, | senza
viaggiatori, senza tempo, senza Dio.”
Con
fierezza l’autore rivendica l’onnipotenza della propria libertà: “Non credere di
comandarmi, | di punirmi, di ammaestrarmi, | di insultarmi, di deridermi, | di
lusingarmi, di disprezzarmi, | di amarmi. | Forse tu non sai | che sono ancora
un uomo libero.” (Un uomo libero)
L’amore è
vissuto con intensità e coinvolgimento emotivo, con passione e tenerezza: “Che
gioia vederti china a faticare sui tuoi problemi. | Ignara di come va il mondo |
e del terrore che in esso regna. | Ed io gettato in un angolo ad osservare il
mare, | ritorna nella mia mente il tuo profumo, amore.” (Amore); “Amarti
vuol dire anche questo: | lasciare le conosciute sponde | e navigare sulla tua
pelle.” (Navigare sulla tua pelle); “Poi quando la stanchezza ci percorre
in tutto il corpo, | e tu appoggi la tua testa sul mio petto ancora scosso, | ci
abbandoniamo esausti in un sonno felice e puro.” (Soli insieme).
Il pregio
di Franco Acciarri è la lealtà con cui si racconta, offrendo la propria nuda
intimità, senza artifici retorici e finzioni letterarie, nel pathos dei
suoi accenti sinceri e ardenti, con immagini di notevole potenza espressiva,
come egli stesso svela nell’introduzione e in una poesia (oltre al taglio
originale di questa ouverture: “Penso che racchiudere i miei pensieri in
queste pagine, sia più pericoloso per coloro che le leggeranno, che per me
averle pensate”): “Senza nessuna pretesa o ambizione le dono a te, fanno parte
di me, come il mio corpo.”; “Io sono colui che davanti a te | si apre, non si
vergogna, si scopre e ti regala l’anima.” (Chi sono io?).
Profondamente intuitiva è la chiave di lettura che propone l’Arcivescovo di
Ancona-Osimo Mons. Edoardo Menichelli: Esco raccoglie le poesie di Franco, un
uomo che non si vergogna di dire che ha attraversato anche labirinti difficili
della vita e che non fa fatica a scoprirsi per un gesto di speranza. Parlando di
sé vuole regalare la sua anima perché altri non sperimentino la morte di qualche
naufragio spirituale.”
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Recensione |
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