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La raccolta
poetica di Enzo Schiavi è un canto appassionato alla vita e all’amore.
Attraverso la contemplazione del creato si eleva un inno alla bellezza e
all’armonia della natura, con immagini suggestive legate soprattutto al fascino
notturno: “L’orizzonte resta fruscìo di stella.” (Vai per la tua strada);
“Una voce turchina | di tramonto, | (…) La morte non ha ancora | tempo | di
chiudere i battenti | in faccia alle stelle” (I passeri raccontano);
“Vaghe lucciole | sfiorano spighe | mature, | io guardo lassù, | nel caos del
cielo, | e vedo l’airone | danzare nei riflessi di una luna banale, | come
nuvola di | anima inquieta. | Brividi di un’incognita.” (Millenni di passi).
La notte è il momento propizio per l’estasi artistica, quando, in un cieco
oblìo, si respira un’atmosfera di cupio dissolvi: “Io resto nel gemito |
della nebbia | perduto nella fame | di stelle. | Vorrei il coraggio | del tuo
cuore | in questo ignoto | discorrere di luna. | Ma il silenzio | afferra | il
mio sogno.” (Biancore di alghe); “E fantastico prodigi | di arcobaleni |
attoniti in tramonti | di rubini. | la notte non ha respiro.” (La notte non
ha respiro). Sono visioni poetiche che sbocciano da uno spettacolo
meraviglioso: “Alba, | rarefatto universo | di segreti, | ferite di cielo.” (Segreto).
Gli accenti più
intensi, perché più coinvolgenti ed intimi, sono quelli dedicati all’amore,
vissuto con notevole pathos: “Vorrei il tuo respiro | azzurro | in questa
notte | di fuga. | La tua pietà | è voce di nudità | e di mare, | l’ambra dei
tuoi | capelli | è soffio sorpreso | dell’attimo.” (Visione); “Vorrei le
tue labbra | di onde vive | nel riposo accogliente | di albe improvvise. | Il
tuo respiro trafigge.” (Il tuo respiro trafigge); “Voglio sognarti così,
| nello spasimo della mia | alba errante. | Tu sei.” (Tu sei). Nell’amata
si trasferisce tutta la propria ansia di vita e di voluttuosa, selvaggia avidità
(“Ingordo di te, | muoio di te”, Muoio di te): “Vorrei amarti fino
all’ultima | goccia di amore. | Vorrei rubarti tutto il respiro, | tutta la
bocca, | gli occhi, | il ventre” (Questo momento…questa vita); “Vorrei il
tuo momento | di sangue | nel tormento di zaffiri | e aromi” (Il tuo momento);
“Quiete, poi improvvisa | la tempesta | del sentirti | dentro il mio sangue | di
furia (…) dolore del mio urlo | nel buio.” (Quiete, poi…); “Dammi un’ora,
| un’ora soltanto | della tua vita | per offrire | al mio buio ingordo | il tuo
ramo fiorito.” (Un’ora soltanto). Nella sua dialettica incessante di
gioia e dolore, vita e morte, l’amore raggiunge spiccati vertici di lirismo: “Mi
abbandono alla paura | e rincorro l’oceano della tua furia | di luce. (…) Il
tempo resta nel magnetismo | dell’abbandono, | io mi sono dissolto, | sono stato
rapito dall’etere, | risucchiato dal sangue delle voci.” (Graffio di
abbandono); “Amo i tuoi addii | come tappe di spine | per raggiungere la
carne | della tua essenza. | Canto la trasparenza | della nostra impossibilità |
di conoscere il grido | di un sorriso. | Voglio afferrare l’invisibile | del tuo
spirito | al di là della vita stessa. | Tenerezza.” (Tenerezza). In una
sorta di osmosi panica l’essere amato invade l’intero universo: “Tu sei oltre la
morte, | sei nel sole e nel vento, | sei nel cielo lontano | di stelle…” (Tu).
L’intuizione
poetica deve saper cogliere il kairòs, per il quale a volte basta una
scintilla per accendere il fuoco sacro della poesia: “Ecco… sì, adesso! | In
quest’attimo di luce | l’afferro. | Forse è un respiro, | un grido di passero, |
un soffio di sole, | il passo del mio pensiero, (…) Colgo il tuo nome |
nell’estasi di un mattino: | io canto.” (Forse canto).
Il
pregio di questi versi è tutto nell’intensità delle emozioni e nella potenza
espressiva delle parole, nonché delle immagini icastiche, creando la sublime
armonia dell’arte.
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Recensione |
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