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I tre nomi della vita
A svelare l’enigma del titolo è
l’autrice stessa in una nota che introduce il libro: “Perché I tre nomi della
vita? Ricordavo una poesia del poeta spagnolo Miguel Hérnandez (1910-1942),
in particolare i versi ‘Ho scritto sulla sabbia/ i tre nomi della vita / vita,
morte, amore…’”. Intorno a questi tre poli, infatti, s’intesse l’umana
vicissitudine; sono i due principi, l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine
percorsi da questo fil rouge della dialettica amorosa che dà sostanza e
pienezza di senso al proprio percorso: “L’amore è un soffio in più / al respiro
della vita.” (Mio intimo fiato). A commentare è la massima di
Claude-Adrien Helvétius: “Non si vive se non il tempo che si ama.”
I versi si rincorrono come onde che si
tramandano dall’una all’altra sponda ed è suggestiva la scelta stilistica della
Fusco, per cui alle sue parole fanno eco quelle di poeti e personaggi illustri,
come una sottile melodia che fa da sottofondo alla musica di base. La metafora
del mare che inaugura la raccolta è anche cifra poetica dell’essere che fluttua
nelle alterne vicende di gioia e dolore, tra marosi e bonacce, per poi sfociare
nell’uniforme distesa dell’Eternità: “Onde noi siamo / che si susseguono / a
migliaia, / mai uguali, / a lambire la vita, / a penetrarla / sino a possederla,
/ per esaurirsi infine / nel mare piatto / dell’eternità.” Sono testi dalla
natura “quasi epigrammatica”- come scrive Paolo Ruffilli nella prefazione - per
la loro folgorante concisione e ironica arguzia: “Respirare aria di vita / in un
luogo di morte / e guadagnare l’uscita / benedicendo la sorte.” (Cimitero di
Sant’Anna), cui risponde per le rime la gustosa facezia di Montale: “Le
rime sono più noiose delle/ dame di San Vincenzo: battono alla porta/ e
insistono. Respingerle è impossibile…” Ingegnoso è questo collage di
titoli di celebri film per accostare alla vita definizioni contraddittorie e
provocatorie, nella vana illusione di afferrare ciò che di fatto
ineluttabilmente sfugge: “La vita è bella / Vita da cani / La vita è
meravigliosa / La vita è una sòla / La vita è un sogno / La vita è un’altra cosa
/ La vita che vorrei / Una vita al massimo / Una vita non basta / La vita, per
un’altra volta / La vita ricomincia / La vita oltre la vita.” (Punti di vista).
A queste prosaiche citazioni si contrappone la visione improntata a sublime
lirismo di Emily Dickinson: “Questo mondo non è conclusione./ C’è un seguito
al di là - / invisibile – come la musica - / ma concreto – come il suono.”
Interessante è anche la metafora teatrale: “Anche tu, / oscuro spettatore /
dell’ultima fila, / hai il ruolo / di protagonista / nella commedia / - o
tragedia - / che è la tua vita. / Ne potrebbe uscire / un testo di successo.” (L’umana
commedia). Pure il mondo musicale suggerisce emblematicamente la sinfonia
della vita: “La vita è musica. / La morte è silenzio. / Il Direttore ha deposto
/ la bacchetta.” (Fine del Concerto). Accattivanti sono queste sentenze
gnomiche: “La gioia / è un prestito / che va restituito / con interessi / che
talvolta / rasentano l’usura. / Solo il dolore / ci viene regalato.” (Gioia e
dolore); “Siamo nati / per convivere / pro tempore / con la vita, / salvo
sposarci / in extremis / (matrimonio indissolubile) / con la morte.” (More
uxorio).
Quindi ci si misura con lo spauracchio
della morte a volte in forma elegiaca, proiettando la propria essenza nella
metamorfosi di una dimensione altra: “Mi piace pensare / che torneremo / a
visitare / il nostro giardino. / Sotto altra forma. / Due gocce di pioggia / che
bagnano / un granello di terra. / Due farfalle che danzano / intorno all’amata
buddleia. / Due coccinelle che posano / sopra un’unica foglia.” (Ancora
insieme). Oppure si ha un approccio intellettuale e filosofico: “Non mi
chiedo più / perché si nasce o / perché si muore. / Non mi pongo domande / che
non hanno risposta. / So solo che la morte / è un eterno esilio / dalla vita.” (Esilio);
“La vita – mortale - / è un pretesto / che giustifica / l’immortalità / della
morte.” (Pretesto). Gli fa eco la fatina nel film Pinocchio di Roberto
Benigni: “La sola cosa che non mi piace della morte è che si muore per
troppo tempo.” Sagaci aforismi tentano di esorcizzare il terrore della
morte: “La vita / si affanna di fatica. / Sempre di corsa. / Ma tanto è inutile.
/ È sempre sorpassata dalla morte.” (Corsa ad ostacoli); “Non si vince /
la partita / contro la morte / e se per caso / ciò accade / prima o poi /
l’avversaria / pretende / la rivincita.” (La morte bussa due volte); “Ho
traslocato più volte / e forse lo farò ancora. / Posso dire che la mia vita /
non ha avuto stabile dimora.” (La morte può attendere).
Ma l’ultima parola spetta sempre e solo
all’Amore, così miracoloso nella sua continuità e nella sua fedeltà ad oltranza
che trascende le affannose fatiche e le inevitabili dispersioni della routine
di tutti i giorni: “Meriteresti / un monumento… / Ti sei adeguato / al mio
passo lento. / Sei l’eco / delle parole / che non sento. / la mia lente /
d’ingrandimento.” (I segnali ci sono). È come se si guardasse la vita con
gli occhi dell’amato, come intuiva Montale: “Ho sceso, dandoti il braccio,
almeno un milione di scale / (…) con te le ho scese perché sapevo che di noi due
/ le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, / erano le tue.” (Xenia II).
È un vero e proprio inno quello che si
eleva al compagno di una vita: “Sei stato per me / l’albero della vita, / della
rinascita. / Mi hai trasmesso / linfa, forza, / la tua resistenza / alle
intemperie. / Alla tua ombra / mi sono riparata / dal solleone. / Avrei voluto /
avvinghiarmi / al tuo tronco / come l’edera / ma l’edera soffoca / l’albero su
cui si sale. / Ed io ti voglio vivo. / Che vita sarebbe / se rimanessi orfana /
del tuo amore…” (L’albero della vita). A commentare è questa incisiva
espressione di Goethe: “Al mondo nulla è necessario agli uomini quanto
l’amore.” Il desiderio più viscerale e vitale dell’essere umano è proprio
quello di essere amato: “Il mendicante d’amore / è destinato a soffrire. / Bussa
alla porta del cuore / di chi non vuole aprire.” (Amore negato).
A concludere quest’avventura poetica è
“un piatto saporito”, condito di tanta esuberanza e passione che esplicita la
visione esistenziale di Franca Olivo Fusco, la quale può tranquillamente
affermare “Ho goduto la vita”: “Da tavola si dovrebbe / - così
consigliano - / alzarsi con un po’ / di appetito…Io lascerò / la tavola
imbandita / sazia d’amore e di vita.”
Il pregio di tali testi è proprio
questa rassicurante semplicità che si aggrappa alle piccole cose e che, nella
pur avvilente banalità del “tragico quotidiano”, per dirla con Papini, è in
grado di trovare le verità profonde dell’essere e la segreta levità creativa che
sottentra alla cosmica armonia, una poesia ‘domestica”, a misura d’uomo, nelle
sue reali dimensioni ridotte - un po’ sulla falsariga dei crepuscolari, del
“coso con due gambe” di Gozzano -, ma non per questo non meno di ampio respiro
nello spaziare nelle più elevate aspirazioni dell’umanità.
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Recensione |
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