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Il mio Pinocchio
Quest’opera è una rilettura in chiave poetica dell’archetipo di Pinocchio nel
suo processo di crescita e d’identificazione. Scrive incisivamente a tal
proposito Daniele Giancane nella prefazione: “Certamente ho letto infinite
varianti e interpretazioni di Pinocchio, da quella religiosa di Bargellini a
quella psi-canalitica (e secondo i due versanti essenziali: freudiano e
junghiano), ma sempre attraverso studi e saggi. È la prima volta che tutto
questo lo si ritrova in poesia. Il che dà modo all’Autore di non ‘predicare’ o
dilungarsi in spiegazioni, ma di ‘vivere empaticamente’ la vicenda collodiana,
soprattutto nel solco della ‘paternità’, dei padri, di cui ‘rimane solo l’ombra/
i resti del loro passaggio’.
Tema forte, nel Nostro, che avverte il senso e la
responsabilità del passaggio generazionale. Pinocchio è allora il ‘Bambino
interiore’, il personaggio di una ricerca di sé che è la ‘nostra’ ricerca.” In
quest’ottica, allora, tutto diventa insegnamento; la stessa natura, con i suoi
quattro elementi, è come il “grillo parlante”: Ascolta il fuoco, / la fiamma
parla, gioca, danza, / e la vita/ nasce dal legno, / apparentemente statico e
freddo./ Ascolta il cuore / e con l’energia dell’amore/ illumina la mente, /
perché la vita / non perisca al buio. / Chiama, chiedi, cerca, / con amore,/ e
liberamente, sinceramente, / sicuramente incontrerai/ la verità dei tuoi sogni,/
in una lunga primavera.” (Sogni a primavera).
A volte appare un
Pinocchio intemperante, riottoso ad ogni disciplina nella notte inquieta:
“Questa notte / I sogni s’aggrovigliano / Senza sonno / Prometeo arde la fornace
/ E gli occhi affossano il riposo / Dentro una lunga scia di dolore / Mandrie di
feticci in corsa / Rumoreggiano / Nel cupo del mio animo / Sospinti senza dimora
/ Di porto in porto / Da un vento di protesta / Inquietudine lungo il corpo /
Che reclama / Sussulti di silenzio / Minacciose nebbie / Assediano la sera /
Occupano i sogni del domani / Di nessun conforto il sole / Pinocchio sulla
strada / Intemperante salta corre e ride.” Riecheggiano gli ammonimenti ad un
Pinocchio che è tentato dall’irresponsabilità e dal compromesso: “Corri
Pinocchio, vola / Cogli un fiore / Per la tua Fata / E a Geppetto / Porta un
germoglio tenero / Non cercare complicità scadenti / Quando i gendarmi / Ti
sbarrano la strada / Ma chiedi alla vita / Il dono dell’abbondanza / Non più
burattino
Graffiato/ Da un torto irremissibile / II Corri Pinocchio, vola / E non
perderti tra le nuvole / Per rincorrerne l’ebbrezza / Il Paese dei Balocchi / È
un sentiero ancor più lungo / Che segue il verso
/ Di una
girandola controvento / Libera la tua anima / Dietro al sogno di Lucignolo / E
non tradire le tue lacrime / Nell’inganno di un miracolo.” Il progresso è
proprio nell’impegno pattuito con se stesso: “dalla marionetta al burattino, /
nella libertà del bambino (ri-)conquistato… / sul serio / studio, / fino
all’ultima goccia di sudore.” (In carrozza).
Il gioco, realizzazione del
sogno, è essenziale alla vita: “Pinocchio martella / con le mani di Geppetto, /
e con Lucignolo / insegue poi il sogno / del Paese dei balocchi / Il piacere di
un corpo vero, / corre veloce / nel desiderio della parola Amore, /
perché duri con la Fata / oltre ogni illusione / La sua Grande Anima / non
sfugge la morte, / il suo Essere Bambino / dispensa / carezze e tenerezze
ricercate / Pinocchio e Lucignolo / continuano l’avventura, / con
un’esagerazione di cuore /che trasforma / e ogni volta crea vita nuova.” (Pinocchio
e Lucignolo). Il poeta incita alla ricerca di sé, pur ardua, ma
affascinante: “Pinocchio, fai in fretta / Dai Pinocchio, se vuoi farcela / salta
ora in carrozza! /Scendi con me, in basso, / dove è l’acqua di sorgente, / e poi
affidati al fiume / che ti condurrà al mare / E una volta al centro, / quando
vedi solo acqua, / fermati, e cerca / la fertile pianura del dolore, / dove è il
respiro della vita, / la trepida preghiera / del cuore di tuo babbo / Troverai
poi altre strade, / dritte e tortuose, / sterrate e polverose, / arse al sole …
/ fino all’innocenza / del tuo Essere / Strapiombi e dirupi, / con argini
fioriti, vie, / luminose e ben ossigenate … / corre la Grande Anima / su Via
del Sole.” (L’anima che chiama).
Oltre i pregiudizi e le gabbie mentali
si può ritrovare la fanciullesca libertà dell’essere, nella sua innata
curiosità: “cravattino infelice, / Pinocchio in Via del Sole, / lo
trovi sulla mappa celeste: / liberi dal retaggio della mente / sfrecciano i
bambini, / nel risalire l’altro lato del mondo / -che dopotutto volevamo
esplorare.” (L’altro lato del mondo). Le figure della fiaba sono gli
affetti che costellano la vita dell’autore, il padre (Geppetto) e la donna amata
(la Fatina): Figlio perso / sulle orme del padre, / s’avvera oggi un incantesimo
/ che m’insegue da tempo; / un po’ smarrito / e forse impaurito / -mi calmo, /
forte del dono / di un animo gentile; / saldi sullo scheletro / ligneo e poi di
carne, / i miei piedi lasciano / un’impronta sulla terra, / un’orma nuova che
assecondo / sul sentiero della vita, / e che custodisce / forzieri stracolmi /di
carezze e tanta tenerezza; / non più solo, / né allo sbaraglio, / finché
tu-Fatina mia, / sole del mio cuore, / mi terrai stretto nell’abbraccio, / non
più solo, / libero potrò volare, / sorretto dal bacio di Geppetto.” (Non più
solo).
Ci si esercita alla vita come all’arte di volare, come ne Il
gabbiano di Jonathan Livingston: “Quanto sono belli i tuoi occhi scuri / con
qualche sfumatura di celeste, / sono / alba e tramonto / con tutto il brulicare
della vita attorno. / Quante sensazioni emozioni cariche d’affetto, / stormo di
gabbiani in assetto acrobatico, /e t’immagino tra loro / vero Jonathan
Livingston, /per il coraggio che metti / nel perimetrare i tuoi confini / e poi
/esplorare ogni anfràtto del tuo mondo,
in un
abbraccio fino al paradiso, /dove il tramonto si apre all’alba /e l’alba è il
nuovo mondo, / che
restituisce i sogni al giorno.”
(Fino al Paradiso).
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Recensione |
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