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Quando un poeta se ne va
Queste liriche intendono affermare la supremazia dello spirito sulla materia,
l’immortalità del canto che sopravvive alla morte e si proietta nell’eternità.
Così, “quando un poeta se ne va”, restano le sue parole, nella loro ansia
metafisica di tradurre la realtà in essenza: “Quando un poeta se ne va / le
parole rimangono, scorrono dentro la / propria anima, prendono strade e
significati / diversi, nascono emozioni e desideri. / Poesia è Amore e Dolore,
Pace e Tranquillità, / Luce e Buio, Creazione, Resurrezione, Vita e / Morte. /
Nella Poesia c’è il senso della vita e di ogni / cosa. / C’è il nascere e il
morire, il nostro vivere / quotidiano. / È Radici solide e forti, è Sole e Luna,
Acqua / salubre e Tempesta. / Poesia è l’Alfa e l’Omega, è il Prima e il / Dopo,
è la Rivelazione del mondo presente e / precedente. / Poesia è lo sconvolgere
della tua esistenza e / della tua essenza.” (Introduzione).
Quest’apoteosi della Poesia si affaccia al pensiero della fine, come un
monumento che si ergerà dall’esistenza grazie alle parole impregnate della
propria vicissitudine: “Come d’autunno / le parole / cadono come foglie, / si
librano nel vento / se ne vanno raminghe / per rimanere / sulla terra solitarie
/ e poi… / E poi / nel vortice / dei pensieri / impresse sulla carta /
raccontano / una parte di me / e basta poco / che volino via / perché penetrino
in te / e / rinascano a nuova vita.” (Scrivo la notte). Si culla
incessantemente nella propria anima il desiderio dell’eternità, essendo questa
la vocazione della natura umana elevata dalla divinità: “Quando / non eravamo /
ancora nati / io e te / saremmo stati / Amore. / Come fiori / che aprono / la
corolla / alla luce del sole, / tra i semi caduti / faremo germogliare / nuova
vita.” (Nuova vita); “Voglio vivere / come la neve / dei ghiacciai /
perenne, / come l’acqua / sorgiva / che scende a / valle fino / al mare, / come
il seme / che muore e / rinasce, / come una nota / nell’armonia orchestrale, /
come il giorno / e la notte, / come il tempo / che passa / ma è / eterno.” (Vivere
come il tempo). È nell’oltre che si protende il proprio anelito: “Sulle
rotaie / arrugginite della vita / viaggio / senza meta, / vagando / con la mente
/ tra cielo e terra / inseguo / domande / e grido / sono messaggero /
dell’Oltre.” (Messaggio). La vita è un mistero insoluto avaro di
risposte, ciò che costituisce tutto il suo fascino: “La vita / nasce e rinasce /
infinite volte / negli attimi vissuti. / Non ti ho mai / amata / per il mistero
che / ti porti appresso / ma / per l’aridità / di risposte / che non mi / hai
mai / dato.” (Mai amata).
I versi sono essenziali, costituiti a volte da una sola parola, scarnificati
perché funzionali a decifrare la scabra essenzialità che si cela dietro le
travestite apparenze, sulla scia di Ungaretti (“una parola / scavata è nella mia
vita / come un abisso”, ( Commiato): “Siedo alla finestra / e piove, / come
pianto / cadono / gocce dal cielo / inondano / la terra / che geme, / urla alla
vita / tutto il dolore. / Si spegne il sole / la luna e le stelle / la notte /
nel buio si appresta / al suo ultimo respiro.” (Ultimo respiro). L’ultima
parola non sarà della morte, ma dell’universo interiore che la trascenderà:
“Nella mia solitudine / eco di ricordi / sopraggiungono / all’improvviso /
dentro l’Anima, / ripercorrono / il crepuscolo / della vita, / soccombono / al
destino / designato, / la visitatrice / ha indossato / il suo abito, / ma non
sarà / padrona / del mio universo.” (Non sarà).
La partenza dalla vita
terrena si avverte come un’urgenza inderogabile rispetto alla vita fugace: “La
mia vita / una meteora / che attraversa / il buco nero / della galassia. / Non
esiste / assoluto silenzio / nella mia desolazione. / Sarà esistita /
consolazione / prima della / creazione del mondo. / Ora però / devo andare /
via.” (Ora devo).
La memoria di ciò che si è vissuto resta indelebile: “I ricordi / non
sbiadiscono / mai / ritornano / rinascono dentro / prendono / altre vie / si /
inerpicano / su sentieri / irti e scoscesi / e sprofondano / in oscuri abissi.”
(Ricordi).
Alfredo Alessio Conti in questi testi adombra la prospettiva dell’eterno in
controluce ai giorni terreni che via via si sfaldano, coltivando la fede
nell’Assoluto a cui è consapevole di consegnare la sua esistenza: “Sento le mie
mani / tremolanti / raccogliere / i cocci della vita, / ruvide / per il
trascorrere / del tempo e / per aver assaporato / con intensità / l’essenza /
del vivere. / Sento le mie mani / tremolanti / raccogliere / l’esito / del
destino.” (Esito).
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Recensione |
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