| |
Quell’ignobile gesto di un tiro di schioppo
Ancora una volta il titolo così sviante – quasi uno sproposito – nelle opere di
Armando Santinato costituisce un ingegnoso enigma che il critico Sandro
Gros-Pietro argutamente svela nella prefazione: “Se poi è anche “un ignobile
gesto” allora è proprio chiaro l’intento caricaturale, corsivo e corrosivo
dell’Autore, che intende ridersela di tutti coloro che parlano e straparlano
d’amore, confondendolo con il “sexy” dei giornali illustrati, con le cronache
rosa dei gossip, con le ginnastiche erotiche nelle alcove più casuali
abborracciate, e che, invece di coniugar l’amor che a nullo amato amar
perdona e ch’al cor gentil ratto s’apprende, si divertono come poveri di
spirito a fare esplodere la castagnola carnascialesca di quell’ignobile gesto di
un tiro di schioppo. È possibile anche proporre un’interpretazione in chiave
romantica, richiamando alla mente il contrasto tra amore e morte, e in tal caso
l’ignobile gesto di un tiro di schioppo diviene la metafora della Signora di
nero vestita, la quale, come i romantici amano teorizzare, segue sempre a un
tiro di schioppo le storie d’amore.”
Queste poesie, difatti, sono un omaggio alla figura muliebre declinata in tutte
le sue sfumature, sul modello della lirica provenzale e dello Stilnovismo,
rivisitate da una mordace ironia e da una fervida celebrazione estetica:
“Fragile / mi sento / di fronte alla tua bellezza / Fragile / come un cristallo
/ che si frantuma sul pavimento / Godi / crudele / al conto dei cocci / Godi /
come l’aquila / che strappa brandelli di cuore.” Ora è la delicata elegia
rivolta alla cugina scomparsa: “Tu / viva resti / nel fuoco del cuore / Viva /
come il lume / che il fantasma vince / In attesa / trema la tua vite / sospesa
sul vuoto / In attesa / i fiori della mente / sul davanzale muto / Contesa dal
sole / sei partita vestita di stelle.” (Mistero della mente); ora è l’ode
alla monumentale bellezza, alla perfezione delle forme che evoca il nitore
neoclassico: “Bellissima tu sei / fra le stelle / del creato / Scalpelli divini
/ al tocco d’argilla / le forme tue hanno modellato / Ogni sguardo / al passo
tuo lieve / dolcemente s’inchina / Ma il tempo / al tempo rapace / tenacemente
indugia / Bella sei troppo / perché il destino ti ceda / all’insidia del fato /
Bella tu resti / alle ciglia / del vento / Eternamente giovane / al battito dei
sensi / il vespro ti canta.” (Bellissima creatura).
O ancora è
l’evanescenza di un miraggio dell’amata che dilegua come orma sulla riva:
“Vestita di sabbia / l’orma veloce rincorri / di fata morgana / E l’orma /
t’insegue oltre il confine / là dove nascosto parla il mio cuore.” (Scolpita
di sabbia). È gioco intrigante di rime e di schermaglie amorose: “Donna
soffrir m’è gioco / a te pensando nel foco / Dolce dolor / d’un bacio / Luna /
che il passo indugi / l’ombra di lei / rifuggi / gelosa.” (Sole di maggio).
Sullo sfondo di un suggestivo paesaggio arcadico si staglia la foemina:
“Maggio / all’ombra del faggio / osserva l’incanto della bellezza / Fiori ed
amori / dal sonno si drizzano / tra colori e scommesse / L’acqua / cetra del
monte / lo sciabordio inonda delle fonti / Sospiro / d’ogni sospiro / fumiga la
brughiera / Donna / per te il verso / sogna l’amore / Nubi da torri lontane /
piovono sull’ali / del vento.” (Maggio). Come una Venere emerge questa
Farida dalla fascinosa laguna di Venezia: “Vigile / l’onda ti colse /
sospinta dal vento / Vigile / sulla spiaggia / l’occhio scese di luna / Al lungo
sospiro / si mosse il bucintoro / e tu sorridesti / scossa dal battito dell’ora
/ Nuvola di sogni / soffice più che piuma / le piume ridestasti del mio cuore /
Tutta d’erica vestita / sorrise la verde laguna.”
Improntata a lucido realismo e al contempo a levità poetica è questa dedica
alla Donna che sfata ogni archetipo, sia biblico che mitico, così come
ogni idealizzazione, dinanzi alla sua preponderante sensualità: “Non sei / un
cuor di sasso / scolpito d’antico sigillo / Né l’insidia / sul ramo tieni /
d’astuto serpente / Pegno sei /d’arcano riscatto / rapito dal lampo d’un sogno
divino / Donna / sul tuo passo / l’occhio si curva / e i sensi vibrano / per il
tango / del cuore / Anch’io / sul ciglio / sosto con sospiro / e all’onda
truffaldina / delle forme tue / il battito / ritrovo.” Come in un calendario in
cui s’avvicendi la stagione amorosa, ogni mese s’incarna in una figura muliebre
incastonata in uno scorcio pittoresco: “Gennaio / non parlarmi / della banchisa
deserta / Parlami / dei ricami che prepari / per la festa di primavera / Nel
silenzio / l’alito t’insegni oltre le imposte / che segni mandano da vetri
lontani / Ascolta il lamento del castoro / che innamorato insiste /al chiaro di
luna.” (Gennaio, A Nicoletta di Venezia scherzosamente detta La
Fornarina). Una versione laica e tutta terrena del Cantico delle creature
di S. Francesco, primizia di poesia agli albori della letteratura,
trasfigurata dal vezzo ironico dell’autore, è questa Laudata tu sia, una
sorta di goliardica parodia: “Laudata sie / per la forma tua bella / e per i
sensi che non cessano di sognare / O viso dolce / di pallor roseo / di
luce il passo rivesti / indossi la veste di stelle fiorita / al labbro assetato
timide / porgi le dita / Trema / e d’amor tutto / il cuor s’infiamma / L’ombra /
all’ombra scorre / dei salici piangenti / e l’eco / all’eco ripete / il canto
dei cantici.”
Accanto a questo tema predominante dell’universo femminile, vi è il suggestivo
ritratto della propria città in Impressionismo taurinese: “Torino / se
torno fra le tue mura / mi sembra che il tempo non passi / (…) La mole ci chiama
/ sulle scale del pinnacolo / sussurra il vernacolo / scomparso in città / dal
bricco Superga / riaccende superba il fuoco d’oriente / sul tetto del mondo / In
fondo / la strada rinnova l’appuntamento / i portici bisbigliano / i passi del
sentimento / l’eco si muove / al mormorio dell’onda / sulla sponda / ci prende
per mano / l’ombra della sera / Si svela il segreto / della mia primavera.”
Inoltre, insorge l’anelito religioso di fronte allo stupore di un Dio che nasce
bambino per salvare l’umanità desolata: “Dio / s’è fatto uomo / perché l’uomo
diventi dio / Il tempo / col tempo s’incontra / per l’atto d’eterna promessa /
S’inchina la stella vestita di gelo / un soffio di bianco / l’atomo risveglia /
Gloria a Dio / nell’alto dei cieli / e pace sia al povero peccatore / Signore /
navigo solo / nel mar della mente / Solo / e non so perché / eppur ti cerco
Signore / Ti credo / nel bimbo che nasce / e nell’uomo che muore.” (Dicembre).
Il fil rouge che unisce tutti questi testi è sempre la contemplazione
della bellezza, che è l’innata vocazione del poeta, come illustra sapientemente
ancora Sandro Gros-Pietro: “Dunque, cosa rappresenta questa colorata galleria di
volti femminei, quasi tutti intonati alla dolcezza di un amoroso sorriso? Non è
certo il centone celebrativo di un impenitente don Giovanni, ma è invece la
metafora della visione del mondo come omaggio alla bellezza femminile, raccolta
in termini di testimonianza viva e reale nei luoghi e nei tempi deputati della
vita, ma anche come messaggio letterario che affiora dalle pagine più belle
della letteratura italiana, francese, inglese e internazionale in genere. (…) Si
tratta di un autentico convivio di elezione tra menti affinate nell’esercizio di
cercare nell’inarrestabile flusso della vita quegli istanti effimeri che l’arte
trasforma in diamanti eterni, nelle Pleiadi che segnano un percorso di miraggi e
di sogni nei vasti cieli della poesia, di ogni tempo e di ogni luogo.”
| |
 |
Recensione |
|