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Questo testo interpreta la fede
cristiana in maniera originale e intensa, sulle orme della sacralità della
memoria di cui è circonfusa Roma, baluardo della tradizione cattolica. Rivivono,
così, veri e propri monumenti della cristianità, attraversando vie il cui nome
diventa un pretesto per soffermarsi su ogni illuminazione interiore.
È una
religiosità acuta e attenta quella dell’autore, capace di scandagliare la natura
umana e di intuire il senso religioso dell’esistere alle radici: “Questa
sconfessione che sempre | mi sgomenta, ognuno gli altri | pronto a mandar sui
chiodi.” (Via Giulia). È una fede conscia dei propri limiti, e proprio
per questo più sofferta e sincera, non idealizzata o trascendentale: “Tu non sei
colui che sa o che non sa | ma colui che è e che in questo oscillare | sa che il
suo sapere non conta; | che la misura è tra l’amare e il non amare, | uomo tra
gli altri che con gesti chiari | non discrimina ma rimette | nell’ascolto il
proprio limite. | Questo è il nostro Salmo oggi, | da confermare sempre, che
ripudiando ancora | ancora resti complice.” (Via della Conciliazione).
Sfila come una galleria di personaggi illustri che hanno costellato la storia di
Roma, caput mundi, un tempo grandioso impero di potere e adesso capitale
della Chiesa cattolica: “ROMA, che vasta | e nuova respiri il tuo visibile Credo
| toccando ancora l’Anello: Per noi | fatti di terra, con te prega l’Agnello.” (Piazza
San Pietro). Suggestivo è questo omaggio al vittorioso vessillo della croce,
al suo stendardo salvifico: “Grazie Croce Santa, Stormo dei pendii | che ci
segui e anticipi il volo, roteando | e sorprendendo lo sguardo spinto | al
freddo a sostare con Lui, gloria dell’inverno | che dischiude le distanze,
ricorda | e illumina la meraviglia di un Tempo | che è sempre - ed ancora in
questo tremore | d’Aniene sopra la città domata, | in questo dono del giorno che
ci chiama | a testimoniare nel primo chiarore | l’ineluttabile amore che
innalziamo nel Credo.” (Piazza Sempione). Si ricerca un rapporto intimo
con il Signore, nella tensione dell’umana miseria verso la divina gloria:
“Signore, Tu conosci di me ogni cosa, | ogni inferno, ogni parola che mi
distanzia da Te | nella forma della paura – e della ritrosia. | Io ti vedo nei
crocevia dove ci scambi, | ci poni l’uno di fronte all’altro, | il quel dominio
dove il male ci tenta, | ci devia nell’ascolto di una libertà senza pena,
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senza tavola dove a un ospite si possa servire. Ma è là che la nostra vita si
compie | nella lingua che indovina il mondo: | perché è là ed ancora là che il
nostro cuore | può rompersi trattenendoci insieme sul fondo.” (Via Ozanam).
A volte si avverte una lontananza incolmabile tra Dio e l’uomo, come un abisso
insondabile: “io sento questo Dio | che troppo ci manca perché troppo | lo
nasconde il tempo della nostra distanza.” (Via Ozanam). Vi sono
invocazioni intense e struggenti: “Fammi più forte, Padre | fammi più vigile,
ché il male | aggredisce sempre, aggredisce | e lo spirito apre spiragli | dove
non c’è costanza di luce | o nella luce crede abbassarsi il calore | in
un’aggiunta d’amore. | (…) Da spina fammi seme, da seme | fammi pianta: a Te sia
resa carne.” (Via Ozanam). Ma la fede, oltre ad essere inquietudine, si
esprime anche in gratitudine, nel riconoscere tutti i benefici elargiti dal
Padre misericordioso alle Sue creature: “il Signore ci ha dato una perla,
| sei
tu, sono io, la sostanza | benedetta alla fonte, | la passione senza tempo | nel
Tempo offerta | in meraviglia per noi.” (Via della Balduina); “Grazie
Padre Celeste, | grazie, che ci vuoi a schiera | come pini fedeli verso il mare,
| tra fronde e pensieri che Ti annunciano | guardando risoluti l’orizzonte.” (Olimpica).
Sgorga un canto di lode che inneggia all’armonia universale che arpeggia la
creazione: “Signore sia lode a Te | come ha insegnato e risuonato Francesco,
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io sono nel mondo cadenzato | ai tuoi giorni: mandami | dove pronunzia ti
attende, | dove l’oscurità ancora mi squarcia.” (Via Ozanam 7:12). Vi
sono intuizioni incisive e folgoranti: “Quando sbagli sei lontano dal sole,
|
sei lontano da Dio, il cielo non parla, | la terra non parla: non ha sapore il
tuo verso | e il vuoto che senti è la verità che ti guarda | dalla distanza che
hai posto dal mondo.” (Via Ozanam).
Dopo queste prime sezioni all’insegna
dell’introspezione interiore, s’inaugura quella, interessante nella sua apertura
all’altro, dedicata al prossimo, “Ut unum sint”: “La persona in più,
| che non
attendevamo - | che ingrossa il numero - | incalzando e smentendo | i nostri
giorni, si chiama | il nostro prossimo” (Via Cardinal Tripepi). L’anima
si schiude anche al Totalmente Altro, in una trepidazione di rigogliosa
primavera di rinascita dal battesimo di purificazione e di resurrezione dalla
prova della croce: “I Tuoi prati, Signore, danzano, cantano, | lodano mentre ne
amalgami le zolle. | Aiutaci a discendere, allora, prima | di salire, nella Tua
acqua scoprendo bene il volto, scrostati dal fango | dopo averne provato a fondo
l’anima” (Via Ozanam dal Salmo 65). Ma è anche una rivelazione che sgorga
dal costato trafitto, da quel fianco squarciato da cui è scaturita la salvezza
dell’umanità, ferita originaria della Passione di Cristo da cui s’intravede il
cielo: “Ma Tu, TU sei per tutti dove la falla | è aperta e non solleva più
l’onda, | dove la Gloria dei cieli è nella terra | riconsegnata alla luce del
Padre. | Perché Tu sai, ci vuoi felici, | in una sola mano dimenticando noi
stessi.” (Monteverde nuovo).
È la sublime poesia degli affetti,
nobilitati dall’abbraccio trinitario, come quello, appassionato, verso la sposa:
“sei la mia forza, | sei la mia luce, sei benedetta, | donna dello splendore,
|
mia ape regina… | (…) accoglimi | come ti è caro, come è | chiaro il profumo
alla notte | quando mi cerchi e mi trovi” (Via Ozanam). O è l’amore
viscerale per il proprio figlio: “Tu che mi hai bucato il sangue per ridare
|
Vita al calore, per farmi capire dal mondo | che Tu sei il bambino, e insieme |
la meraviglia da crescere.” (Via Catel). Il sentimento amoroso è chiamato
a vincere le barriere e l’innata inclinazione dell’uomo al ripiegamento su se
stesso: “Questo cuore che chiama le distanze | come una conchiglia a cui manca
il mare.” (Via Ozanam). Il trasporto religioso è molto intenso e
raffinato, rievocando le sublimi interpretazioni ungarettiane (“Ecco, Ti chiamo,
Santo, | Santo, Santo che soffri”), quasi immedesimandosi nel Christus
patiens, nel suo eccesso d’amore per gli uomini, per cui è disceso nel loro
inferno, pur di salvarli: “Non vivi la preghiera che alzi. | Ma ovunque, nel tuo
girone Dio | che proprio lì tra quelle pietre ti attende. | “Discendi ancora,
muori ogni volta, | dentro Me è quell’abisso | dove uno per uno vi ho perso.
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Cercami sempre, cercami adesso, | inizia tu a porre fine al mio eccesso.” (Via
Ozanam nel tuo girone). Quello dell’autore verso il Signore non è un amore
intimista, ma molto concreto, intessuto di esperienza reale: “Chi non crede
nell’uomo | non crede in Te, chi non crede | nel suo compimento non crede in Te
| ed io senza misericordia | non potrò averti” (Monteverde nuovo Piazza
Scotti). È abbandono totale e confidente in Lui, perché ci plasmi a Sua
immagine: “Scrivimi Tu, cancella | di me ogni idea, | ogni immagine | che mi son
dato. | Il giorno è | appena iniziato, | concimami, | fammi dettato.” (Via
Ozanam). Vi sono come degli svelamenti di Dio, così casti e, nello stesso
tempo, così suggestivi, da far tremare le viscere: “Solo Tu puoi dare luce alle
ombre.” (Via Ozanam per Roma); “Sempre prima Suoni le campane,
| Hai
forse paura di perderci?” (Dalle distanze); “Gesù siede al centro mentre
noi passiamo, | Lui che è morto anche per me | affinché fossi felice ora.” (San
Benedetto del Tronto lungomare).
Attraverso queste
geografie dello spirito, pur non dando, per leale umiltà, alcuna definizione che
resterebbe pur sempre impropria e inadeguata rispetto all’imperscrutabilità di
Dio, Gian Piero Stefanoni, con limpidi sprazzi di verità velati dalle nubi (come
quella mosaica) del nascondimento, è come se operasse un restauro dell’immagine
primigenia del Creatore, libera da incrostazioni e deformazioni con cui l’umana
presunzione ricopre la propria inettitudine ad attingere all’assoluta purezza
della divina essenza: “E Sei geometria della risacca, acqua che scopre e
ricompone i giardini, | la mano guidando verso la forma che Ti è gradita. | Sia
Lode a Te nell’alto dei cieli.” (Asse attrezzato).
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Recensione |
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