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Solfeggio
L’autrice in questa raccolta
imprime le modulazioni interiori e le vibrazioni emotive che punteggiano il
“pentagramma quotidiano”: il passato che rivive in idilliache rêveries
stroncate dall’implacabile violenza della morte, il presente da affrontare con
lucida consapevolezza e disincanto realismo. Così si confrontano i due
paradigmi, la morte quale totale spoliazione, “rapina”: “La rapina è compiuta:
/ la morte ti ha preso / e trascinato via / dal mondo colorato. / La tua foto è
sul marmo coi fratelli, / il sole splende netto sul profilo / dei nostri monti
azzurri. / Più in là canta la Brenta, / il mito dell’infanzia col profumo /
delle cose perdute: / la mia biciclettina il tuo cavallo / le ruvide carezze
delle nonne.” (La rapina). La vita, invece, è un circuito dinamico in cui
si gioca la dialettica di bene e male, gioia e dolore, è provocazione che
continuamente c’interroga: “La vita è cerchio / nel quale sei incluso / per
uscirne a suo tempo / con o senza preavviso. / È quadrato con lati / di gioia e
dolore / agganciati a esperienza e stupore / da esili fiati di vento. / È
traccia che unisce / la zolla all’azzurro / e tende a infinito. / Compone
geometrici incastri / di sogni e d’azione, / intreccia nei cieli / esatte
evoluzioni / e sempre ci sfida / nel suo “Dove vai, chi sei tu?”” (La vita).
È ridente terra promessa e fervida attesa, è inafferrabile e ineffabile mistero
che non si può che affidare alla trascendenza e alla sublimità dell'afflato
poetico: “È vaso ricolmo / che in ogni stagione trabocca / di piogge fuggiasche
e soli ridenti, / risacche di mare, aureole di nembi / e inonda la baia dei
giorni / frenando le inquiete domande / con mille bellissimi giochi.”
L’avvenire è nella messe biondeggiante di bene seminata nelle primizie della
propria carne, i figli e i nipoti: “I figli cavalcano il vento / lanciano sogni
irraggiungibili. / Non si sa dove siano / né cosa pensino davvero / e se siano
felici o a malapena / sereni o turbati o afflitti. / Li portiamo nel cuore /
come aquiloni colorati / di cui rendere grazie e non importa / se si resta in
disparte. / Talora ci uccidono / nei loro sogni.” (Figli); “E dopo il
lungo peregrino sogno / fiori vivi di carne / pendono dai rami. / Hanno volti e
ventagli / di sorrisi noti / nomi vibranti che specchiano il futuro. / (…)
Succhiano i bimbi teneri alla fonte / con multiplo vigore / e brilla loro in
fronte / il divino sigillo di speranza. / Coglieranno attese a noi negate / orme
celesti iscriveranno e versi / mai cantati sulla volta del tempo. / Un’onda li
trascina / che da noi inesorabile arretra / eppure lieti / cediamo il
testimone.” (Nipoti). Il legame viscerale che vincola alle persone care è
impastato di lacrime e sangue, sacrificio e sofferenza, pietà e colpa, spesso
drammatico e conflittuale, in quanto incide sul nervo scoperto dell’intimità
affettiva: “Oh le creature amate in mezzo ai colpi / della vita crudele /
ristanno come serpi sotto il proprio cuore / diventato pesante come pietra / e
improvvise si avventano alla mano / di chi scostasse il peso. / (…) Oh le
creature amate / che additano impietose / la soglia delle lacrime e dei fiori /
e ti vogliono in croce / per tutti i peccati e non sanno / quello che fanno. /
Oh le creature amate…!” (Le creature).
Questi testi assurgono ad
elevate meditazioni che si riversano tumultuosamente sulla pagina secondo la
tecnica del flusso di coscienza, ove intuizioni folgoranti cavalcano disinvolte
forme sintattiche: “gioco ferita sorte / nascita e morte / spalancare le porte /
appendere la vita / al gancio ed osservare / il continuo mutare / d’orizzonte e
mentire / se si è vivi o morti / in cerca di conforto / nel disegno mentale
maniacale / sub-liminale / (…) un acuto di passione / perduto nel mistero /
cos’è il vero / il vero il vero il vero / un tarlo una grandezza un’eco / la
sublime bellezza dell’amore / la macerie e l’orrore / il silenzio e l’assenza /
la fedele presenza / della coscienza / (…) una sola certezza niente / da
rinnegare / niente assolutamente / dell’esser uomo e della sete / che sospinge a
Oriente.” (Ballata). O sono lampi balenanti che accecano con la loro
lucida chiaroveggenza, espressi icasticamente dalla dislocazione sparsa delle
parole su due colonne, come a rincorrere labili e sfuggenti significati: “un’eco
che rimbalza tra monti solitari / fune tesa prossima a spezzarsi una
speranza lesa / travaglio luce spenta / spettri / ferita abominevole spavento
/ senza tempo nessun tempo / incolmabile distanza assenza / caligine
profonda densa.” (Lontananza).
È l'inesausta ricerca della
verità in mezzo alla babele delle voci confuse del mondo che suscita
l’infaticabile scandagliamento dell'inchiesta poetica: “Se metto parole in fila
/ come carrozze d’un treno / forse / ne nasce una poesia / o forse / una
corbelleria / o solamente / un treno di parole / carico d’insensate fole, / un
rigurgito di follia / dal calice della monotonia. / Ben so che è Lui / Vita
Verità e Via / eppure mi attorciglio e mi attorciglio / nel sangue d’ogni sfida
e sinfonia / perché insiste e resiste / l’umana malattia, / l’urgente impegno di
correre sempre via / alla ricerca dell’ultimo verso.” (Ìa ìa o).
Un intenso respiro lirico
percorre i testi di Maria Antonia Maso Borso: “Si frange sulla riva / del freddo
giorno il sole / con grida d’allegrezza e lampi / sul filo della lama / che
intaglia nuovi sogni. / Urgono germogli di speranza / dalla fiaccata voglia /
d’amore e di ricerca” (Preludio di primavera); “Nella curva dei rami è
il riposo / mentre tremule fronde / cullano l’istante, / frantumano l’imperio
luminoso / in mille scaglie.” (Siesta); “All’improvviso / finestre di
pensiero / si spalancano mute / su placide corsie / di tetti e d’orizzonte.
Torna / l’azzurro dell’infanzia e l’oro / di sogni dissepolti e vivi.” (Sosta
nella torre); “Solleva in mare spume e grandi onde / che sospingono a riva /
drappelli di conchiglie / vecchi tronchi, ramaglie. / Oltre il livido argento e
lo smeraldo, / trafitte da improvvise chiarità / del cielo scapigliato /
oscillano le navi all’orizzonte / in attesa d’attracco.” (Spiaggia libera
(agli Alberoni)); “Nell’iride cobalto smeraldina / intrisa di lucori e
trasparenze / archetipo di sogni e miti affiora / l’isola cangiante or rosa /
ora brumosa e cilestrina e netta / come sirena che si specchia e canta / e i
naviganti ammalia.” (Tavolara). Vi sono espressioni improntate ad un
vagheggiamento estatico ed estetico: “Cornucopie di stelle / trafiggono vicine
il blu profondo. / L’anima nel gorgo / di pensieri e gelo / quieta essenza si
slarga, / testimoni le stelle / avvolte nel mistero.” (Inverno); “C’è una
luce che corre / dal Brenta alla montagna / e sfiora cose e case ed è la stessa
/ che nell’anima versa la magia / d’ogni grandezza e del silenzio vasto / che ci
avvolge. / (…) Non muoiono i sogni / lungo queste rive.” (Lungo queste rive);
“La laguna è telaio di bellezza / su cui ricama l’idioma veneziano /
l’instancabile merletto.” (Laguna). Il pensiero assurge a vertici di
notevole elevatura spirituale e intellettiva: “Oggi mi tenta il discrimine, la
soglia / del dire oppur non dire niente più, / il dare corso ancora / ai talenti
corrosi o sdoganare / il silenzio assordante di confine / tra la sapida terra ed
il cobalto blu.” (Tentazione); “Immersa nel rivo / del sangue e della
morte / non c’è tempo per futili giochi. / Un’eco mi trafigge / di vento e
cattedrali.” (Un’eco); “Quando pericolosamente oscilla / tra micro e
macrocosmo / tra identità pulsante / e muta vocazione / il pendolo vitale /
allora / schiere ordinate di parole infisse / sull’orlo degli abissi e delle
stelle, / parvulo tentativo di “fiat lux”, / sono salvezza.” (Parole);
“Un orizzonte vago ci sovrasta, / un grembo sconfinato / scrutato con timore” (Musica
a Modigliana); “Siamo a volte spalmati sulla vita / come meduse sfatte sulla
rena / ma sopravviene in dono / un battito di resurrezione / e l’occhio fruga il
cielo / a caccia d’aquiloni.” (Come meduse); “Ad onta del crudele
saliscendi / l’uomo nella sua vera essenza / non è mai perdente.” (Metereopatia).
In questi versi si può leggere
la cifra di Solfeggio, ciò che ne suggerisce la sorgente nascosta
dell’ispirazione e la linfa vitale dei testi: “Sillabe e parole in cerchio e in
fuga / specchio ed icona / dell’umano stupore / (la gloria e la mattanza) / sul
pentagramma quotidiano / e nell’immenso / spartito antelucano, / dissepolte /
dissolte / in mille rivi.” (Sillabe e parole).
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Recensione |
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