| |
Un quotidiano esistere
Questa
raccolta in versi è una galleria di miniature fittamente istoriate, quadretti di
vita quotidiana ritagliati da un’angusta postazione di osservazione, da
quell’abbaino di vedetta sulla giungla metropolitana milanese che costituisce la
finestra sul mondo dell’autore. Così, prende vita tutto un microcosmo domestico
di “casalinghe, cameriere e baby-sitter, vestaglie, bigodini, ciabatte, parole
scambiate da una finestra all’altra, saluti, pettegolezzi, ‘beghe di cortile’”,
come scrive incisivamente Paolo Ruffilli nella prefazione, “che si fa nella
poesia di Scarani letteratura di carne e sangue”, come notava Cesare Viviani. Si
vive il disagio della ristrettezza abitativa che, tuttavia, nella catarsi
poetica trova il suo riscatto e la materia prima, da questo magma incandescente,
che alimenta la vena artistica. È una poesia che scaturisce dallo scrutare
attentamente, come da “una botola segreta”, per dirla con una celebre canzone di
Renato Zero, ciò che si affaccia al suo sguardo attento e indagatore: “La vita è
quest’umano rullìo | d’anime quotidiane.” (Sulla piccola finestra). Vi
affiora un’umanità vivace e variegata, calda nelle molteplici sfumature in cui
si declina: “Ecco l’alba | animare visi prosciugati | e labbra sigillate,
|
inseminare negli occhi segni e speranze | allarmare i passi della suora
corpulenta | traboccante d’anima scherzosa.” (Dalla terrazza fredda e
dolorosa). Immancabile, in questa molteplice geografia dell’umano, è il
cosiddetto “scemo del villaggio”, Maria, vittima della pazzia, che si aggira nel
palazzo come un fantasma inquietante, con tutto il suo carico disumano di
dolore: “Sulle scale Maria | brancola nel buio e sillaba parole | come sordi
singhiozzi.” (Ho chiuso la porta con rabbia); “Una falciata ustionante
|
attraversa i miei sensi. | Tutto muta nel tempo | ma più mortale è il dolore
invisibile.” (Nel povero gabinetto sul corridoio). Insorge un desiderio
di trascendere la desolata miseria di quell’uomo “fragile come un filo d’erba
|
e cieco sulle rive del mondo” (Strapiomba un turbine d’uccelli): “La luna
sciabola il mio letto | e un brivido cosmico | scuote il mio corpo. | L’infinito
stende la sua luce notturna | che illumina l’abisso dei viventi. | Sto seduto
sul letto | e medito sui volti perduti | e sugli oscuri mutamenti. | Vorrei
decifrare l’insondabile voce | che abita lo spirito | ma il mio pensiero
naufraga nel nulla.”
Questa
amara considerazione riecheggia gli accenti densi di rassegnato pathos
del Qoèlet: “O immensa vanità | tutti passiamo sulla terra | e sulla
terra siamo ombre erranti | che parlano e dolorano | ma non c’è nulla di nuovo
|
sotto il sole. | I rantoli nell’ombra abissale | sono demenza e peste.” (Quasi
un sermone).
L’immagine dell’alba ricorre spesso come una pennellata di luce che illumina il
quadro, che si presenta ai propri occhi, di una radiosa speranza e di una
promessa di bellezza, e lo intarsia di un limpido cromatismo: “Venne l’alba nei
vibranti singhiozzi del gallo | a offrirmi una pioggia di luce | sui pensieri
tesi e affilati. | (…) Venne l’alba | costellando di sogni e aurore
| le anime
naufragate | nel sordo grigiore dei giorni.” (Venne l’alba). C’è sempre
una primizia di resurrezione che sboccia da un deserto di tenebre: “Il mio cuore
sanguina di luce profonda. | Musiche solari e teneri bocci | vestono di gioia
bambini gridanti. (…) Tutto rinasce al di là di ciò che muore.” (Nel giardino
notturno); “La mia tana s’ingremba | di luce mattutina | e mi aggiro sereno
tra vaganti pensieri. | Colombi gemono ai richiami d’amore, | sui balconi
sfarfallano i gerani” (Piombano rondini strillanti).
Irno
Scarani raggiunge esiti di notevole lirismo, soprattutto quando si delizia della
contemplazione della natura, sua gioia suprema: “L’aria velata si dirada
| nei
chiarori marini | e una vela solitaria s’allontana. | (…) Ondate trasparenti di
luce, | odorosi venti, spumeggianti cavalloni, | urlio vibrante di gabbiani, |
la risacca ha un sordo sciacquio. | Bianca bussola di mare | oscilla l’ala del
gabbiano | e l’angelo abissale | scrive alfabeti celesti | nella divina luce.” (Sui
miti alberi distorti dal vento); “Voglio vestirmi di primavera. | Mani
intrise nella zolla | bagliori nella mente | labbra stellate di rugiada | occhi
germoglianti nella purezza. | Il mio corpo s’infiamma come stelo di fuoco
| e
l’anima si specchia | nel sudario francescano.” (Voglio vestirmi di primavera).
Suggestiva è questa metafora della navigazione in mare aperto che ha affascinato
tanti illustri scrittori – da Omero nell’Odissea, a Melville in
Mobydick, Baricco in Oceano Mare, D’Arrigo in Horcynus Orca,
senza parlare poi dell’antica simbologia biblica dell’Arca di Noè –, che sigilla
magistralmente, in una meditazione intensa e sublime, questa epopea del
“quotidiano esistere”: “Chi siamo noi | che navighiamo da anni
| quasi immolati
| al profondo richiamo del mare | e alla sua scavante | e turbinosa beltà | che
avvolge i nostri senni | e insemina di voci ineffabili | i nostri cuori? |
Perché sentiamo questo trascinante spirito | che rigenera l’impeto | della
libera visione | e ci ricolma nella purezza | della contemplazione? | Abbiamo
sterminati orizzonti | e navighiamo con la bussola dell’anima. | Il vascello
galleggiava silenzioso | mantellato da una fulgida luna | e il mare scintillava
di chiarori. | (…) Il vascello grigio-blu dal fumaiolo arcobaleno | e sospeso
nella notturna immensità | tra sacrali lidi | e segnali di morte | fischiava la
sua rotta | costellata di addii | alla nuziale beltà del fuoco celeste | e agli
oscuri naviganti.” È una pagina densa di echi letterari, tra cui la figura del
Capitano di Walth Withman.Vi si intravede, in controluce, l’apparizione
inquietante e desolante di un avvilito poeta, pur composto nella tragicità della
sua sofferenza, che s’identifica nella celebre icona di Baudelaire
dell’albatros:“Sulla spalletta del ponte | con sovrana calma e silenziosa maestà
| approdò un ossuto albatros | dalle ali spiumate | e minato di solitudine. | Il
capitano lo scrutò penosamente | bisbigliando una denudante preghiera.” (L’onda
scura).
| |
 |
Recensione |
|