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Una storia d’amore

Una storia d’amore è la vicissitudine del quotidiano, conteso nella dialettica tra bene e male, luce e tenebre, gioie e fatiche, tutto racchiuso in un mistero imperscrutabile che non si cessa d’interrogare: “Continui a porti la domanda / dal tema universale / e condiviso di cui / nessuno conosce la risposta / e il dubbio è già consolatorio / ma, nascosto del dolore, / ti sembra di sentirti accanto / lembi della sua anima / e sprazzi di una vita divina / ma forse (ed è ancora il dubbio che consola) / è solo la ragione / che si rifugia nel sogno / dalla realtà nell’illusione.” L’animo del poeta contempla l’esistere nelle sue molteplici sfaccettature, ne indaga le forme e le espressioni: “Mentre mi fai pensare / ad una moltitudine di mondi / tra pianeti e stelle / dove ti penso volare / c’è la mia solitudine / a racchiudermi / in quel piccolo mondo / tra me e me stesso / esteso”; “Nel tempo felice / (senza saperlo) / noi voliamo / poi (senza saperlo) / diventiamo / l’ombra del nostro volo.”

Un linguaggio sublime suggerisce il trascendente: “Centrifughe per amore / le parole celesti / passano di continuo / si stratificano con un fremito / sulle tue cose / che rimangono in attesa / testimonianza / e speranza / che di giorno in giorno / (il cammino del dolore) / diventano certezza.”; “Insieme all’alba / imparo la rinascita / l’interminabile ritornare / che cancella il tempo dove / anch’io dovrò andare / ed il luogo sorride / con le guance di nuvole / mentre rintoccano / note tristi e immotivate / ci siamo ingannati / non siamo ancora nati / noi siamo stati / vite rarefatte.” Si conduce un’analisi attenta sul proprio io, sospeso tra conscio e inconscio, secondo la psicoanalisi freudiana: “Sono inseguito da pensieri / fuggo dopo averli cercati / in uno stato intermedio / tra subconscio e desiderio malato / il deserto atipico e utopico / è rabbia dell’oblio / trasforma la realtà nel sogno / un po’ intervallo / un po’ mistero / in quei deserti / la mia anima / non ha mai abitato / non ha lasciato orme / è senza peso / e ignora le distanze.”

La solitudine che si vive è cosmica: “Tra la moltitudine di stelle / la luna è sola / nessuno (ora lo sappiamo) / è mai stato con lei / un mare di pietra / bianco e malinconico / sospeso nel cielo buio / un pensiero unico / come quello (nato dal dolore) / che mi occupa la mente / la solitudine di chi / sta insieme al mondo / senza condividere.”; “Siamo soli quando nasciamo / e lo saremo / quando moriremo / ma la vera solitudine è / vivere con un’assenza / io senza di te / col mondo intorno.”

L’unione tra due persone è osmosi panica, mentre la separazione è dolorosa lacerazione: “Accanto alla realtà / da tutti condivisa / aspettando le decisioni del destino / abbiamo vissuto la vita immaginaria / libera ed infinita / solcando il mare senza navigare / governavi il timone / e sceglievi la rotta / io scioglievo la vela / che conquistava l’aria / come le nostre anime / ora che la barca / ha perso il timoniere / continua a navigare / il vento inventa le rotte / e fa gemere la vela / il dolore dell’anima.” L’amore è una continua altalena di comunione e distanziamento, secondo i ritmi impazziti del cuore: “Io sapevo / che il tuo cuore / era un acrobata / che saltava nel tuo petto / correndo all’impazzata / cercava l’infinito / ma io non lo sapevo / tu lo ammansivi / e mi tranquillizzavi / con la tua serenità / che (da quel giorno) / non è più terrena.”;

“Solo il senso / che eravamo / in un passaggio intermedio / dall’esito scontato / ma con l’inversione / della previsione di un’assenza / posso accettare / di essere il superstite / di una simbiosi ferita / che era etica e fiaba / la vita giusta.” La perdita dell’amata assume un valore metafisico, cui anche la dimensione spazio-temporale partecipa: “Anche il maldestro tempo / che ancora mi accompagna / si rammarica / di averti perso / sembra si fermi / per testimoniarlo / ma non può svelare l’enigma / la tua anima traspare / in questo silenzio / che vola verso l’altro / mi invita ad ascoltare.”.

Si proietta il sentimento amoroso in un altrove perenne, al di là dei confini del tempo: “Non ci troviamo / nel mondo / dove ogni cosa / si trasforma / e poi svanisce / siamo gli alunni / di quel severo / implacabile maestro / che chiamiamo tempo / a lui dobbiamo / la decisione finale / quando ci ritroveremo / saremo andati oltre / la schiavitù del limite / senza più il tempo / che ne era l’arbitro / io ti rivedrò / nella tua nuova sembianza divina / con i tuoi lunghi capelli / rilucenti dei raggi del sole / ad incorniciare il volto / della tua nuova eterna giovinezza.” L’amore è alfa e omega, principio e fine di questa vita: “Ora lo so / io sono nato / quando ti ho incontrata / e ti ho seguita / contro l’evidenza / di questa estrema vecchiaia / (che ti ha risparmiata) / e che non si arrende.”

Questi testi di Gianfranco Jacobellis sono improntati alla profondità delle intuizioni, di natura filosofica e poetica al tempo stesso, in uno stile raffinato e di notevole efficacia icastica.

Recensione
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