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Lo strapazzasiori
e lo sciopero a Lugo del giugno 1910
Nel
complesso panorama sociale e politico che caratterizzò anche il Vicentino ad
inizio '900, una risonanza particolare ebbero i 35 giorni di sciopero (dal 30
maggio al 4 luglio del 1910) che i quasi 500 dipendenti dell'antica Cartiera
Nodari di Lugo Vicentino, costretti a lavorare per 11-12 ore al giorno, ma
sottopagati anche rispetto ai colleghi di altre cartiere, ingaggiarono
coraggiosamente contro la proprietà, forti anche del sostegno del neonato
Sindacato Veneto dei Lavoratori della Terra, fondato a Cittadella il 15 maggio
precedente (nel 19° dell'enciclica "Rerum Novarum") come ulteriore sviluppo
dell'Unione Prefessionale della Lega dei Contadini istituita il 2 maggio 1909.
I resoconti quasi quotidiani apparsi sulla stampa locale con echi anche
nazionali danno l'idea di una vera e propria battaglia cui diede un determinante
appoggio chi di quelle due importanti formazioni cattoliche era stato benemerito
fondatore: non è però un personaggio vicentino, anche se verrebbe spontaneo
pensare al carismatico don Giuseppe Arena, allora attivissimo direttore
dell'Ufficio diocesano del lavoro di Vicenza (per altro presente sul palco alla
cerimonia inaugurale di Cittadella, davanti a 10.000 persone), ma padovano, dato
che Lugo anche allora apparteneva alla diocesi di Padova.
Grande protagonista di questo primo movimento sindacale cattolico in ambito
padovano e quindi veneto e vicentino fu il prog. Sebastiano Schiavon che, nato a
Ponte San Nicolò (Padova) nel 1883 e laureato in Lettere e Filosofia
all'università di Padova nel 1907, già a partire dal 1908 viene nominato, dalla
Direzione Diocesana di Padova, Segretario del nuovo Ufficio cattolico del
lavoro. Per due volte consigliere provinciale e contemporaneamente comunale di
Saonara, Ponte San Nicolò e Legnaro, nel 1910-11 è anche impegnato come
dirigente-propagandista dell'Unione Popolare di Firenze, senza però mai perdere
il contatto con la sua terra in rappresentanza della quale nel 1913 è il
deputato più giovane e più votato a livello nazionale, rieletto poi nel 1919 per
il nuovo Partito Popolare Italiano alla cui fondazione aveva dato un contributo
significativo.
Non viene però ricandidato alle elezioni politiche del 15 maggio 1921, a
causa di rivalità interne al suo partito, perché ritenuto un "bolscevico
bianco". Muore a Padova molto giovane, a soli 38 anni, il 30 gennaio 1922,
colpito da cirrosi epatica.
La sua figura di "strapazzasiori" (così soprannominato per la sua difesa dei
diritti dei contadini più deboli), è ora ben delineata nel volume Sebastiano
Schiavon. Lo "strapazzasiori" (Editrice La Garangola) che lo studioso Massimo
Toffanin, marito della nipote materna Maria Luisa la quale, poetessa affermata,
dedica al nonno, in quarta di copertina, una commossa lirica, ha deciso di
scrivere, dopo aver trovato per caso importanti carte di famiglia, conducendo
per anni, anche presso archivi parlamentari e vaticani, una ricerca archivistica
e giornalistica, appassionata e rigorosa: ne è prova la ricca appendice.
La valenza scientifica della pubblicazione che, con il suo stile
accattivante, permette di riscoprire e apprezzare adeguatamente un protagonista
carismatico del pensiero e dell'azione del movimento cattolico sociale e
politico del primo Novecento veneto, finora pressoché ignorato ("per troppe lune
smemorato", lamenta poeticamente la nipote), è bene evidenziata, nelle loro
introduzioni, da Giampaolo Romanato dell'Università di Padova e in particolare
dall'Accademico Olimpico Ermenegildo Reato secondo il quale "questo nobile
pioniere di una fede vissuta fino al totale sacrificio di sé, rimane per noi,
spesso frastornati da messaggi tanto ambigui e da esempi tanto deludenti, un
punto di riferimento sicuro, un testimone coraggioso che del binomio "Pane e
Vangelo" ha fatto la sua ragione di vita.
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Recensione |
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