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Il palazzo del Grande Tritacarne. Vademecum del perfetto morituro (Campanotto editore) è l'ultima poetica, potente allegoria che Veniero Scarselli propone. Si tratta dell'orrifico racconto di un testimone oculare (alter ego del poeta) "dopo la fortunosa esplorazione | della fabbrica più fosca e temuta | che si trovi nel mondo dei mortali". Un palazzo di piranesiana architettura in cui, di piano in piano, sono distribuiti sofisticatissimi macchine e congegni, compreso il Grande Tritacarne, per la funzione di rigorosamente asportare dai corpi dei moribondi che ivi si accalcano fino all'ultima molecola del Peccato che intride loro carne e ossa, di infine ridurre la loro carnalità a un volatile gas o vapore di antimateria, insomma per metamorfosarla in spirito che, finalmente, dalla terrazza dell'ultimo piano del Palazzo, possa accedere al "Regno della Luce". Secondo la personale escatologia di Scarselli, per entrare nel "Regno della Luce" l'individuo deve "trasformare e riscattare il peccato | con la forza taumaturgica del dolore", deve "domare per sempre | la pervicace volontà della carne | di vivere respirare e godere" in che, propriamente, consiste il suo peccato.

Il poema, di lassa in lassa, dispiega un'atmosfera da incubo descrivendo il procedimento di vivisezione, svuotamento e trasmutazione dei corpi, gli orrori di quell'allucinato ammazzatoio o fossa della morte dove si compie l'umana dissoluzione. Come dentro una sorta di infernali gironi, nei vari piani del Palazzo Scarselli (il suo alter ego) incontra gente che conobbe nel mondo. Sull'esempio di Dante, Scarselli allora si vendica di chi gli fu nemico, "d'un vizioso fiorentino | ai suoi tempi acclamato poeta | | ... | | un potente una volta attorniato da servi ed amanti ambiziose | e che pure con tutti i suoi incensi | m'ebbe in astio, affamò, ed esiliò". In un altro "cerchio" invece incontra "l'amico Oli", un fervido ammiratore della sua poesia, "e anch'io patii con lui come un fratello" perciò Scarselli dichiara, con pietà e commozione.

Al di là di una mitica speranza di raggiungere, attraverso una cruenta e sadica dissoluzione-metamorfosi della carne in sostanza spirituale, il "Regno della Luce", in realtà il poema di Veniero Scarselli accampa un atro, totalizzante "Trionfo della Morte", quella Morte che il poeta identifica – chissà se più con disperante ironia, angosciosa rassegnazione o rivolta – come Madre: "La Morte – (questi la scoperta e il messaggio incredibili!) – è la mamma di tutti".

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