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Ottusità del potere

Gesù, l’inerme, è arrestato da guardie armate di spade e bastoni. È condotto davanti alla suprema autorità religiosa. L’alto consesso si riunisce apposta per interrogarlo e giudicarlo. Cerca prove, non le trova. O meglio: cerca pretesti, perché la sentenza è già stabilita. I grandi sacerdoti e gli scribi, custodi interpreti difensori delle verità divine, non vedono la Verità che è in Lui, che è Lui. Il sacerdote sommo, con parole gravi, gesti solenni, accusa il Santo di bestemmia. Per ottenere la complicità dello Stato, il riferimento cambia: il mite è accusato di sedizione.

E Gesù, in catene, è condotto all’altra suprema autorità, quella civile e militare. Superbe, intorno, le insegne del dominio. Il rappresentante dell’impero del mondo, di questo mondo, non comprende di avere davanti Uno che reca in Sé un ben altro impero. Ne riconosce l’innocenza dalle false accuse, ma non lo capisce. È colpito dal suo contegno dignitoso e calmo, ma lo sente estraneo. Difficile, frammentato è il loro dialogo.

È mandato al tetrarca, pavoneggiantesi ridicolo e vanesio fra cortigiani e sgherri. L’autorità regia si mostra solo futilmente curiosa e vanamente sprezzante. Involontaria parodia di grandezza. Esemplare è il silenzio di Gesù.

Seconda comparizione davanti al procuratore di Roma: l’autorità politica cede alle ragioni della politica. L’intolleranza religiosa impone al magistrato la sentenza di morte. Gesù è senza colpe, tuttavia per placare i suoi accusatori sarà severamente punito. Ma non basta. Violenta è la reazione dei sacerdoti e del popolo da essi istigato: Gesù è abbandonato alla loro volontà.

Esecutori ne sono i soldati: è loro la forza perché è loro la spada. Nel pretorio, radunano intorno a Lui tutta la coorte. Alla già crudele flagellazione legale aggiungono crudeltà gratuite e vili, inventando per divertimento altri tormenti e nuove beffe.

È inchiodato e innalzato sulla croce, dolente sanguinante zimbello degli scherni e degl’insulti di gente stolta e volgare, campionario dell’umana bassezza. Al pari della folla tumultuante che gli aveva preposto Barabba. L’anonima, amorfa, fluttuante, onniplaudente, e aggressiva, base della piramide salda del potere.

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