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Questo studio critico su Stanley Kubrick di James Naremore ci viene presentato in modo ottimale con i caratteri delle Edizioni Klaplan. Con Su Kubrick Naremore ci porta a conoscere in modo compiuto vita e opere di uno dei più grandi ed esclusivi registi della cinematografia mondiale. A suo modo, Kubrick è stato un precursore e un innovatore del fare cinema e del presentare al pubblico opere ormai scolpite nella storia del mondo della pellicola. Come Orson Welles e Alfred Hitchcock, tanto per ricordare alcuni “grandissimi”, Stanley Kubrick con i suoi film ha dato un'impronta indelebile all'intera cinematografia. Un’impronta che resterà per sempre nel campo della Settima Arte e da esempio per i molti dei suoi proseliti. Oliver Stone, Spielberg e Altman sono forse quelli fra i più vicini al suo modo di “presentare una storia filmica”. E’ quindi altamente lodevole il lavoro di studio, documentazione e ricerca di James Naremore (Emeritus Chancellors' Professor all'Indiana University, nonché autore di numerosi libri e saggi sulla letteratura moderna e sul cinema tra i quali More Than Night: Noir in its Contexts del 1998 e Acting in the Cinema del 1993) per mettere in risalto i contorni ed anche i molti contrasti del regista nato a New York, che ha lavorato per le grandi case cinematografiche americane ma che è stato definito “un solitario e un esule” perché fin dagli anni Sessanta è vissuto nella campagna inglese nel suo castello di Axel. Per inciso, oltre a questo “Su Kubrick”, uscito in prima edizione italiana sempreo da Kaplan, tra le opere di Naremore vogliamo ricordare anche la pubblicazione nel nostro Paese di Orson Welles: ovvero la magia del cinema del 1995.

Occorre peraltro dire che proprio Stanley Kubrick è stato uno dei maggiori rappresentanti del cosiddetto “humor nero” del cinema; humor che lo rivela in uno dei suoi film-capolavoro del genere “stile grottesco” dal titolo Il dottor Stranamore, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba; film che molti ricorderanno nell’interpretazione di Peter Sellers e che nel contesto mette in evidenza tratti psicologici di natura freudiana.

Considerato un “modernista”, Kubrick è soprattutto riuscito a descrivere in modo mirabile (forse il più incisivo fra i registi americani) fatti e drammi di storia recente o, comunque, eventi di generale interesse e di profondo significato umano. Ne sono testimoni film, per alcuni dei quali ne ha curato la sceneggiatura, come I marinai, Paura e desiderio, Il bacio dell’assassino, Rapina a mano armata, Orizzonti di gloria (tutte opere degli anni Cinquanta), cui sono seguiti Spartacus, Lolita, il già citato Stranamore, fino a giungere a veri e propri film cult quali 2001: Odissea nello spazio, Arancia meccanica, Shinning, Full Metal Racket, Eyes Wide Shut. Nel 2001, a due anni dalla morte di Kubrick avvenuta nel 1999, è uscito Intelligenza artificiale, con la sceneggiatura di Steven Spielberg tratta dal racconto di Brian Aldiss ma su progetto dello stesso Kubrick. 

Kubrick na iniziato a lavorare prima come fotografo, poi è salito in cabina di regia a soli 24 anni. Ottenne il suo primo successo (e di cassetta) con uno dei film da lui meno amati, quello Spartacus (del 1959) girato con protagonista Kirk Douglas (fra l’altro uno degli attori con i quali meno legava): un film sul quale Kubrick non ha mai avuto il controllo totale e nel quale si può rilevare il minor impulso della sua personalità di regista a tutto tondo.

Nel periodo attorno agli Quaranta-Cinquanta il cosiddetto cinema d’essai contemplava opere d’autore come Le Diable au corps di Azutant-Lara, Hamlet e Enrico V di Olivier, oppure in lavori di registi neorealisti italiani come Roma città aperta e Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Fu in questo contesto che Kubrick produsse per la televisione  Mr. Lincoln e più ancora si fece notare con Paura e desiderio, un “film d’autore stile americano”.

Nel complesso della sua produzione, Stanley Kubrick è stato comunque il vero “regista su tutti”, poiché è riuscito a fare collimare nelle sue opere (di vere opere si tratta, o meglio di capolavori) il curioso mondo del grottesco con quello tragico e infame della guerra, il mondo dell’assurdo con quello erotico, il mondo dell’inverosimile con quello del futuro (si ricordi fra gli altri 2001: Odissea nello spazio), diventando così un antesignano di uno dei generi che ancor oggi dominano il cinema mondiale.

Nel suo saggio, Naremore  percorre non solo l’attività multiforme del regista del Bronx, ma anche il contesto storico-culturale di un’America tutta da scoprire e piena di quei contrasti di diversa natura: in particolare politico-sociali ed economici che proprio i film di Kubrick ci portano a conoscere e a individuarne i contenuti e gli attori (intesi come personaggi nel reale) che hanno dato vita a quel periodo.

Il presente volume, ricco peraltro di illustrazioni, di richiami bibliografici e di indici di personaggi e film citati nel testo, è impreziosito dalla traduzione scorrevole e limpida dall’inglese da parte di Carla Capetta.

Pur rendendoci conto che un’opera così complessa, completa e originale su un regista del calibro di Kubrick richieda un commento molto più approfondito, vogliamo chiudere queste brevi note richiamando le parole scritte in quarta di copertina: pochi e schematici versi che danno una, seppur parziale ma chiara risposta alla domanda: chi era e qual era il “credo” insito nei film di Stanley Kubrick regista: “Kubrick, l’ultimo modernista, manipola le risposte emotive e psicologiche degli spettatori mostrando l’onnipresente ombra della razionalità strumentale, l’inconscio”.

In buona sostanza, Stanley Kubrick è riuscito a fondere in tutt’uno lo stile asciutto del documentario alla riflessione metaforica sulla solitudine dell’individuo moderno. Un testo essenziale per i cultori di cinema e per quanti voglio affacciarsi o addentrarsi più compiutamente nel mondo della pellicola.
Recensione
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