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Di Amore In Meglio
Una
donna assorta tra i pensieri, lo sguardo assente (o malinconico?), alcune
bottiglie blu su sfondo verde: è Marcella, originale dipinto
espressionista di Kirchner, targato 1910, la copertina scelta dall’autrice per
questa sua seconda raccolta poetica a forte connotazione sentimentale, affidata
d’istinto alle regole dell’emozione. Quasi un ossimoro, voler dettare legge al
cuore… ma nell’opera si percepiscono chiaramente le poliedriche virtù e i
raffinatissimi vizi dell’Amore, sviscerati in tono quasi prosaico nelle
cinquantadue poesie presenti, che davvero passano in rassegna le tante fasi
dell’eterno sentimento e i suoi agrodolci corollari: dolore, entusiasmo,
abbandono, passione, malinconia, indifferenza, solitudine, amarezza, ironia,
allegria. Il tutto è snocciolato in una perfetta metrica musicale, adatta
all’occasione, quasi come ciò che sgorga spontaneo dall’anima accompagni in
lettore in tanti, forse troppo vorticosi, giri di valzer. Molte sono difatti le
assonanze (Buon anno a te / senza più grigio, né troppi colori, / senza un
pretesto per sciocchi rancori, / senza cautela nel fare altri errori, / senza un
finale con falsi clamori), accompagnate da rime alternate (ti porterò nel
cuore / tu non ti preoccupare / basta davvero poco, / ti insegnerò a sognare…)
e baciate (sia il domani che ti porta il vero amore / Un amore che ti sa
scaldare il cuore / Deliziare il corpo e liberar la mente / Quell’amore che può
tutto e teme niente…).
Il
meglio della raccolta, forse lontana da espressioni deliziose ma poco ricercate
e a volte ridondanti, è però nei componimenti dal tono narrativo, nei quali la
scrittrice milanese racconta, appunto, in una sorta di viaggio nel quotidiano di
ognuno, episodi universali che sfiorano temi importanti. Come l’amara condizione
di un padre (solo la lucetta azzurra / che coccolava le sue notti di
vaniglia… / […] sarà quello il faro che li riporta a te / al tuo porto tranquillo
/
a queste membra forti / di cattivo marito e buon padre, / così stanche di
abbracciare cuscini intonsi), il ricordo di chi se ne è andato (Grazie, /
so che ci tieni / a che io possa sempre avere / le rose rosse più belle del
vialetto… / Una rosa per ogni parola / che non sei riuscito a dire), un
invisibile amore materno (Ti guardo con occhi rapiti, tenerissima / srotoli
buffi passetti di ciccia rosa…).
Non
mancano momenti di acre ironia (Lucia si è rotta) e leggerezza (Monoporzione),
oltre che cronache in versi di una storia ad episodi (Incontro), nella
quale viene dipanato agli occhi del lettore il filo di una relazione, abilmente
srotolato in quattro atti, fino all’epilogo quasi annunciato (Il nostro
domani? / Non abita più qui, / andava accarezzato / (se volevi che fiorisse), / c’era
da sorridergli / e tu non sai come si fa…).
Scrive
Paolo Ruffilli a proposito del libro: “Elena di Cunzolo riesce a creare il
cerchio galeotto che cattura il lettore: contano il tono e la tinta, tutte le
sfumature. E l’attesa dell’amore è un incantesimo, in giro per queste pagine”.
Ciò è vero per un’opera che avrebbe però necessitato di essere divisa in due
differenti lavori, supportati dai due impianti stilistici –molto differenti- di
cui è composta.
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Recensione |
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