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I figli dell’illusione
A Livio, amore assoluto della mia vita, che ha voluto incontrarmi in
un campo alto dove inizia e supera la conoscenza: la dedica della
scrittrice, posta in incipit al libro, riassume il senso spirituale ed
intimistico dell’intento letterario, che conduce Wilma Minotti Cerini, insieme
ai suoi lettori, attraverso un viaggio verso l’oltre. I protagonisti del
romanzo, tra cui spicca la dolce Mirit, sono intenti alla ricerca del sé,
attraverso un sentiero di dialoghi intensi dal punto di vista intellettivo e
morale. Tra le pagine scorrono citazioni di autore importanti come Herman Hesse
e Tagore, del quale in apertura viene menzionato uno stralcio tratto da Il
mondo della spiritualità: “Io credo in un mondo spirituale, non come
qualcosa separato da questo mondo, ma come la sua più profonda verità. Dobbiamo
sempre percepire questa verità: che noi viviamo in Dio”.
Nel libro vi è la presenza di un Maestro, che nel corso delle pagine
diventa una voce importante dal punto di vista morale. La sua importante
presenza spinge alla meditazione, che si pone su un cammino di ricerca
interiore. Si legge nel libro: “L’avventura dell’uomo inizia con la scoperta di
se stesso”. Dunque, scoprire è sinonimo di amare: “come ci si deve amare? Quale
parte? La parte destinata a perire come la sua animalità o quella insondabile e
misteriosa dello Spirito?”. A queste, e a tante altre domande, si cerca di dare
valenza ed importanza, attraverso riflessioni sobrie ed equilibrate sia nello
stile che, più ampiamente, nel linguaggio. La luce è la strada. Il Nirvana,
attraverso la purificazione nel Gange, l’obiettivo più alto. L’ostacolo da
evitare sono invece i figli dell’illusione, ricordati come “anime
veramente bisognose di compassione, perché il loro buio è molto prossimo ad
essere totale, non arretrando davanti a nessuna bassezza”.
La lettura del testo è piacevole ma al tempo stesso incisiva, ed è
corredata in calce da note ai termini indiani presenti nel testo. L’autrice,
nata a Milano nel 1940, durante la sua attività di poetessa, scrittrice e
saggista, si era già cimentata nella stesura di un breve romanzo indiano dal
titolo Rajanà (Edizioni Nuove Scritture, Abbiategrasso). Tra le altre sue
pubblicazioni si ricordi La luce del domani (Prometheus, Milano 1993) e
La strada del ritorno (Guido Milano editore, Milano 1996).
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Recensione |
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