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Neraneve e i sette cani
“Senza un cagnolino
nella stanza / Neraneve precipita, /è buio che avanza. / Spugnetta rossa danzante, /
il cuore del cane, / è il solo a pulsare con lei in armonia / di lancetta luminosa
al quadrante”: rime intrise di dolore, solitudine, ricerca d’amore delineano il
senso di questo poema di antiche violenze. Brina Maurer, rievocando la
celebre fiaba dei fratelli Grimm, attraverso giochi di parole, palinodie e
rimandi poetici, espone a chi legge se stessa, ferita nel corpo e nell’anima, e
il suo forte legame con il mondo animale. Genitrice mancata per scelta, separata
dagli altri a causa di una lastra di vetro, fin dall’infanzia Neraneve
conosce atroci sofferenze: “venti fratture del suo fragile scheletro / erano la
sua collezione di sapere”. Il sollievo, oltre che dal “profumo della poesia, / in
pittura”, le è dato dal rapporto con i suoi sette cani, che lei descrive nelle
pagine del libro.
In particolare,
Glenn, il sesto cane, affetto da gravi handicap, diventa lo specchio in
cui ritrovare finalmente la propria identità. Scrive la Maurer: “tarda età e
problemi cardiaci / artrosi all’anca e cecità / parevano aver condannato Glenn / a
restare per sempre nella discarica dei gioielli. / Ma un giorno Neraneve, /
in visita al canile, / in corpo di cane / riconobbe / le proprie fragili ossa, / […]e
insieme, lei e Glenn, / iniziarono ad abbattere / la lastra di vetro / che impediva
loro di vivere”. Una rinascita che per l’autrice vuol dire fusione, metamorfosi:
“Glenn e Neraneve / sono fuoco e acciaio, / seta e scintilla, / velluto e pioggia
di stelle”. Non importa più, dunque, che la vita sia mestizia, attesa
dell’aldilà, timore della fine, perché oltre il confine l’attenderà
comunque l’affetto delle sue dolci creature, affettuosi compagni di vita.
La scrittura, a
tratti dura e di grande impatto, con chiuse spesso tristi e malinconiche, trova
però forza proprio nell’espressione più dilaniata e sofferta del sentimento
mancato, nella descrizione di un cuore a brandelli, nelle feritoie di sole che a
sprazzi compare per illuminare quel “sangue rappreso”, in grado di aprire “porte
sprangate”. Scrive Luigi Fontanella nell’introduzione: “Neraneve e i sette
cani è un Locus Amoenus, in cui vivere o morire non sono che soluzioni
immaginarie, perché la Vera Vita è altrove”.
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Recensione |
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