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Poesie controcorrente e racconti in versi

Un'opera quasi ottocentesca, di pura educazione sentimentale, quella che ci regala Fabio Dainotti, già direttore dell'annuario Il pensiero poetante ed autore di molteplici raccolte poetiche. In questi versi dedicati a sua moglie, dotati, in incipit, della stupenda apostrofe di Vittorio Sereni ("Aiutami tu, stella variabile, finché puoi"), l'autore ci accompagna in un viaggio dal sapore antico, che nei tratti autobiografici ricorda notevolmente Flaubert e i paesaggi impressionistici del talentuoso Renoir. Sembra, infatti, quasi possibile scorgere, nell'immaginario, figure femminili dalle velleità sentimentali, raccontate nell'ingenuità della loro malizia: "udivo cinciallegre rumorose / parlare in una lingua sconosciuta, / tra risate sommesse e gridolini. / "Di cosa parlavate?" "No, di niente!" / Ma dopo lo scopersi: una di loro / aveva un appuntamento amoroso".

L'attenzione verso la delicatezza e l'animo della donna, raccontati tramite svariati e molteplici episodi di passioni amorose, svelano tratti ironici e grotteschi, mescolati con arte e sapienza poetica. Le parole sono ponderate, scelte con cura: "suono sulla tastiera del tuo corpo / le musiche più belle e più dolenti, / malinconiche, ardenti, / prima e dopo l'amore. / Quando sorridi, scopri bianchi denti / come una creatura di Allan Poe". Amori fugaci, incontri inaspettati come tristi addii, tradimenti e viaggi d'attesa: gli ingredienti della poesia di Dainotti sono piccoli quadretti quotidiani d'altri tempi ("le signore sfilavano eleganti / con ombrellini al braccio") che vivono di attimi di grande romanticismo ("così la trassi dietro una cabina / e l'abbracciai. La spiaggia era dorata").

L'abilità della scrittura è anche nella grande capacità immaginativa che non necessita di particolari artifici e figure retoriche, ma vive di luce propria, regolata dalla semplicità, quasi gozzaniana, di ricordi senza tempo: "quasi ogni giorno venivo a trovarti / nella casina bassa, / affondata tra il verde dei cespugli; / legavo il mio cavallo / alla grata di ferro del giardino". Forse, l'aggettivo controcorrente, utilizzato dal poeta, è nato per designare un intento: raccontare, senza i filtri e gli inganni tipici della modernità, storie individuali e collettive al tempo stesso, attraverso una vena originale ma dal lessico tradizionale, efficace nella sua semplicità quasi atavica. E, come scrive giustamente in post-fazione Carlo di Lieto, "le immagini sono il vettore straordinario di un percorso emozionale e di una levità fluttuante di un tempo ritrovato, alla maniera proustiana". Le madeleine, in questo caso, sono i ricordi di piccole chiese di campagna e minuscoli caffè parigini, o di vaporetti che cullano pensieri. Così come persa nei meandri della mente è la Signora con cappello di Federico Zandomeneghi (1885), in copertina. Un libro da leggere e (ri)leggere, d'incantevole piacevolezza.

Recensione
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