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L'aspetto ludico della parola, forse!
Ma,
cosi ex abrupto, ne vale la pena? Tanto più che poi tra i due contendenti
(più contemplativi che attivi, infatti dove sono le palle di questo match di
tennis!) troneggia un Gros-Pietro che se la ride sornione, per cui questo
volumetto è quasi più il pro-memoria stilato da due professionisti (che non
appuntano glosse di canoni ne studiano espressioni verbali su pergamene
antiche). Allora se questa poca verve caratterizza un'alternanza che chiude al
suo debutto (perché non è previsto il rimpallo) ci si domandi se questa non sia
solo una ennesima trovata per promuovere gli autori (un complotto ordito tra
amici) e allora ci si potrà chiedere se il tema immanente delle poco più di
sessanta pagine scritte sia ancora poetico, o se piuttosto non si tratti di un
velato tentativo di rivelare tentativi intellettuali per uscire dalla
solitudine.
Qualcuno ancora ritiene che il comporre, così come il tentare equilibrismi
verbali sia espressione moderna di ricerca poetica (ma "lo psichiatra" André
Breton pubblicava le prime poesie novanta, anzi quasi cent'anni fa!) varrebbe
allora la pena non disdegnare troppo il suggerimento di chi, da esperienze
diverse mosso, suggerisse a questi contendenti (al primo dei due soprattutto) le
parole che un gallerista gli disse, al vedere qualche centinaio di suoi disegni,
una quarantina d'anni fa; ma potrebbe urtarsi l'uomo, risentirsi l'autore, e
allora è preferibile non dire, e, senza negare quel po' di amusement che
dalle pagine di questo libro traspare, mi permetto una frivola osservazione
facendo pubblica la domanda che mi è nata prima di leggere. Ma perché
all'interpretazione un po' rigida della copertina, in cui si allude a una figura
botticelliana, non si è preferito un originale surrealista davvero? Max Ernst,
Savinio oppur Dalì avrebbero prestato volentieri uno stilema per dar vivacità
alle pagine (un po' anemiche) di questi due compagni di poesia.
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Recensione |
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