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La prima considerazione che si può fare sulla recente opera di Veniero Scarselli viene suggerita dal titolo, Pavana per una madre defunta, che appare essere una parafrasi del brano musicale di M. Ravel Povane pour une Infante défunte. Questa premessa ci porta a sottolineare le caratteristiche di fondo di una poesia che, nelle sue componenti essenziali, risente dell'humus derivante dalla formazione artistico-letteraria e insieme scientifica dell'autore. Veniero Scarselli, nativo di Firenze, è giunto infatti alla poesia durante una giovinezza dedicata agli studi scientifici: egli è biologo ed è stato libero docente di Fisiologia all'Università di Milano prima di ritirarsi appena quarantenne in campagna, dove attualmente vive appartato in mezzo alla natura, avendo cessato di essere scrittore "segreto"; ma è altresì, un appassionato cultore di musica. Significativa, in proposito, la dedica del suo primo romanzo lirico Isole e vele (Editrice Forum 1988) a Ettore Gracis che, come egli afferma, "prima della musica mi ha insegnato la poesia".

L'accenno al primo libro di poesia è importante poiché in esso si rivela l'attitudine di questo singolare personaggio a fare poesia attraverso la scienza, "La poesia è la scienza della vita" ha scritto P. Medawar, un grande scienziato e premio Nobel; avendo Scarselli fatto suo questo principio, da questa simbiosi fra poesia e scienza deriva "l'estrema precisione", come giustamente rileva Vittorio Vettori, con cui egli, da scienziato autentico (e perciò alieno da qualsiasi forma di scientismo neopositivistico), include sul tessuto policromo del linguaggio situazioni, sensazioni, paesaggi. Altro elemento presente nell'ispirazione lirica scarselliana è la componente musicale che è un tutt'uno con la componente mistica, in quanto ambedue derivano da un'unica visione religiosa della natura e dell'uomo. Nel poema Pavana per una madre defunta tale visione si traduce in una contemplazione mistica del mistero della morte e del dolore ed il suo sottotitolo, a ragione, è appunti per una storia naturale della morte. In essa l'autore si rivolge, attraverso un "colloquio ora pietoso e ora dissacrante, alla salma della madre scavando nell'immaginario ancestrale dell'uomo"; esplorando "un mondo sotterraneo di emozioni spesso oniriche e ambivalenti" egli va alla ricerca dell'essenza biologica dell' Io e del significato della morte. La poesia, come l'esperienza del sacro, appartiene alla sfera dell'interiore o, meglio, dell'Io profondo. In questo senso essa tocca le radici dell'esistenza, ma è altresì il dono che permette all'uomo di realizzare una viaggio nel mondo del mistero per cercare di attingere la Grazia. Abbiamo ragione di ritenere che Scarselli tocchi ormai la soglia di tale ambìto traguardo attraverso un esercizio francescano di pazienza e di umiltà, di ripiegamento sull'Io profondo, che, solo, può fornire delle risposte ai problemi dell'esistenza e, soprattutto, la possibilità di realizzare la conquista di una libertà interiore. Coniugando il suo impegno conoscitivo con la sua vocazione musicale e artistica, egli si è avviato, poeticamente, a conquistare la vetta della sua maturità espressiva e creativa.

Due esempi bastino, a conclusione della presente nota, per riscontrare nello Scarselli i segni di tale maturità di linguaggio: "Anche questo lungo violento | lancinante | uragano d'amore | m'ha lasciato; | Così timido | è ora il giorno che consumo | così effimero | il lume della lampada | così incapace | la parola che scrivo. | Mi ritrovo vuoto come guscio | a offrire a Dio | questo inutile esistere. | Come una grazia attendo che mi vinca | un altro delirante uragano | un'altra | sbigottita scia di rovine" (da Isole e vele, pag. 25). "Quest'umile carogna galleggiante | sul buio fiume della Creazione | quest'utero vuoto come una caverna | vestito con l'abito della domenica | che un giorno fu disperatamente | la mia casa di carne | appartenne a una Madre | che ora più nessuno ricorda, | da mille futili cure distratto. | Essa è sola e chiusa con la Morte | che turpe svuota ogni cosa del mondo..." (da Pavana per una madre defunta).

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