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L'arte della realtà. Prime note sulle scritture di Velio Carratoni
In capitoli dedicati
ai racconti (cominciando da quelli di Mara, la raccolta d’esordio), al
romanzo Le grazie brune (riscrittura di Seminale compiuta nel
2003, a sette anni di distanza dalla precedente pubblicazione) e, nella misura
breve di schede, al teatro e ai recentissimi aforismi (in appendice un racconto
inedito e alcune pagine tratte della bibliografia della critica), Stefano
Lanuzza analizza l’opera letteraria di Velio Carratoni, di cui è noto l’impegno
sul piano della promozione e della animazione di imprese culturali con la
rivista “Fermenti” e con l’editrice dallo stesso nome: si tratta di iniziative,
come è noto, di speciale rilevanza, che costituiscono una sacca di resistenza e
una ricca fonte di proposte alternative nell’odierno grigiore di cultura e
società. L’arte della realtà. Prime note sulle scritture di Velio Carratoni
si annuncia, per altro, come un saggio che, con indubbio merito, s’avvia a
colmare la lacuna di una ricostruzione complessiva e di un ritratto
intellettuale finora mancanti; e si presenta, al tempo stesso, come uno scritto
critico in itinere, che promette o attende un “continua”.
Attento ogni volta a
delineare il contesto di letteratura nel quale i racconti e il romanzo anno dopo
anno si situano, Lanuzza procede con letture di stretta aderenza ai testi,
seguiti in dettaglio nella determinazione dei loro temi e nelle dinamiche
attanziali che vi si svolgono.
La poetica di
Carratoni è vista confrontarsi con le diverse stagioni del realismo, quella
ottocentesca europea – e infatti accade che si ascoltino non di rado echi
dostoevskiani – e quella italiana di riconversione tra primo e secondo
Novecento. In particolare, considerato che qui la borghesia è il milieu sociale
prioritariamente portato in scena, Moravia in forza del suo percorso e della sua
ideologia letteraria appare un interlocutore spesso frequentato.
Il bisogno di una
considerazione ravvicinata della realtà, con inquadrature in primo piano, è il
movente, assecondato con passione, della narrativa di Carratoni; la
consapevolezza della deprivazione e dello svuotamento delle esistenze, prese nei
meccanismi della alienazione ed eterodirette dal denaro e dal profitto, è
pertanto arruolata da scorta alla progettazione letteraria dello scrittore. Il
programma di una critica serrata della condizione e della ideologia borghesi e,
in contemporanea, l’intenzione di profilare un argine possibile alla
derealizzazione dei vissuti, ai quali il récit accosta la sua lente,
definiscono l’architettura dei testi.
Come nota
puntualmente Lanuzza, in una prospettiva nella quale la filosofia
esistenzialistica e la psicoanalisi giocano un ruolo determinante, Carratoni
candida il corpo e le sue esplicitazioni sessuali a temi dominanti, nella cui
orbita ruotano le azioni dei personaggi. E il sesso, mentre è risucchiato nella
reificazione che accompagna la mercificazione della società, pure manifesta un
vitalismo residuale, che disperatamente e disforicamente contravviene allo
svuotamento di identità, alla diluizione e allo sfinimento dei rapporti umani:
la sua natura bipolare e la sua diatesi ambivalente segnano la chiave di volta
della narrativa di Carratoni e la dotano di una peculiare nota caratteristica (a
netta distanza da Moravia, che pure attraversa una tematica simile), nonché di
una emblematica coerenza. Tanto più perché, a supporto, lo stile è aspro, privo
di qualunque piacevolezza, a volte asciutto come nell’école du regard :
lo stile di un crudo analista.
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Recensione |
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