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La folgore e lo schianto

Ora che sei sussulto/ne l fiato della terra. / Parlami / parlami dei baci rubati alla parola / dell’aspro sapore dei miei fianchi … Alfabeto dei sensi è la parola. Si sente nella poetica della Zancanaro l’ansia dell’eros che tutta la pervade. Fiorisce sul mio petto / una carezza, / sosta la voglia / sull’inguine bagnato, / poi le tue gambe / si avvinghiano al mio ventre / nel vellutato laccio del piacere.

Ritorna anche in questi, come in altri versi della sua nuova raccolta La folgore e lo schianto, la forza dell’onda lirica di una voce che nell’inquietudine della natura trova il suo verso nei colori e nei sapori della vita. Di tale liquido gioco di stupore la Zancanaro ha fatto la bandiera e la cifra della sua poesia. La poesia d’amore si sa è cosa tra le più difficili a farsi, non solo perché obbliga a svelamenti di sé, ma anche per la necessità di dare alle immagini una forza autenticamente poetica.

La poetessa di Mestre vi riesce magistralmente, specie quando valorizza l’ombra di un bacio o di un ricordo si vedano versi come nella penombra / mi sfidano i tuoi occhi / fari che allontanano la notte, e nell’eros estremo ascende al cielo, ha scaglie d’oro l’ombra / scalfisce un falco l’anima del cielo. L’autenticità scaturisce dal fuoco antico del ricordo di un amore immenso che si fa struggente devozione carnale e impeto di natura in una sera di vento. Ma in un lontano / suono di chitarra / si sfrangia l’onda del ricordo / un buon sapore verde d’acque / i piedi nudi, le corse senza fiato / e la mia carne / nella tua bocca / si faceva vita. L’opera è anche in versione francese ed è arricchita da composizioni d’arte di Silvia Costantini.

Recensione
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