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La fragranza delle cedrine
Nel pianeta nostro la bellezza / nasconde i suoi terribili segreti. Il
cuore della terra / batte ad un prezzo altissimo, / bellezza e distruzione /
avanzano assieme in direzioni opposte / ed esigono molteplici rovine / per la
grazia di una sola meraviglia. Franca Bacchiega sente nell’epifania
naturale la fiamma della storia, il testamento della luce. Si assaporano quasi
in un’urna di pensieri, per la grazia di una sola meraviglia, la
fragranza delle cedrine, il titolo verso della sua ultima silloge.
Esplicita
ancor meglio il suo credo in Notturno a San Candido. Non m’ illudo / che il
pallido raggio / dello spicchio di luna / sappia fermare le ombre maligne che
tra case e lampioni strusciano come topi furtivi … s’intrudono a rosicchiare la
pace del mondo / come fosse groviera. La speranza pare modularsi su
squarci d’altri mondi, come in Kijev o nelle intense liriche Eppure lo sa
ed Alchimia nell’orto, esemplari di una poetica di ricezione dell’ascolto di un
pulsare di silenzi.
Paiono, spesso, i versi della Bacchiega, inascoltati riti di primavera e
d’altre stagioni, in cui, anche attraverso una ritualistica di verbi ed
aggettivi cadenza il sapere profondo, ancestrale della natura, l’acqua che
penetra ovunque svagata, impara piano, a memoria / un compito antico, sempre in
silenzio, come la luna e le stelle. Preme però anche il silenzio degli
innocenti, il bisogno civile di denunzia dei soprusi sull’infanzia in Piccolo
divorzio, versi dedicati ad una giovanissima malmaritata yemenita, o, più
allusiva la scoperta della vita, in Bimba.
Testamento della luce si diceva, intesa come piviale di salvezza nella comune
genesi di Luce- violenza o nel suggestivo Scaramazze, in cui l’esperienza
illumina sul fiume di male della storia. Chiudiamo questa nota con i versi forti
e densi di Shiràz, che paiono condensare il messaggio di poetica di un’autrice,
da sempre sensibile, anche nelle sue raccolte precedenti, da Grandine e Grano
a Vivaio, ai temi della riflessione cui la poesia dà respiro di rosa, o come in
questo caso fragranza di cedrine. Insomma un cammino verso sorgenti inquiete di
luce salvifica, non necessariamente in chiave di trascendenza, che guarda
l’azzurro oltre la nebbia, il fuoco del male. Fermò le sue armate /
Tamerlano / sotto le mura di Shiràz. Dentro i suoi neri crimini sapeva del poeta
Hafìs / della sua intera vita / trascorsa tra quelle mura / scrivendo di rose
d’amore, di Dio. / Nel centro del male / nel cuore dell’incubo / c’è sempre la
sua stella, una luce che ci salva. Dentro il nulla / c’è sempre il suo principio
/ una sferula di fuoco che nel palmo / ci lascia semi di giustizia. / Dentro la
pena, in profondità / brucia una fiamma chiara, viva / fremente, inquieta. / E’
la forza vitale dei giorni che gonfia come una rosa / che ottiene la vittoria /
incurante dei suoi vessilli lacerati.. / E’ la pulsante essenza / della nostra
intesa con la vita.
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Recensione |
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