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Premessa a
L'oscura contro danza
di Cristina Sparagana
la
Scheda del
libro
Bagliori di un’amicizia poetica
Paolo Carlucci
Tutto torna alla polvere, la
testa / e il suo verme di porpora, / l’ ago e il filo dell’aquila azzurrina /
ricamata sul balzo della pietra, / il bambino di fuoco, la candela, / la radice
nervosa dei capelli, / il grillo, e la sua spina verde mare, la fiammata sul
vuoto della donna. / Nel nome del silenzio/ che s’annida nel grido di dolore /
quando il viso si stacca dalla pelle / per unirsi alla lacrima. Nel nome / di
ogni corpo caduto nella quiete, / annientato da lento plenilunio.
(da Biografia della polvere, Pascal Editrice,2010).
Sono stati questi i primi versi
che ho letto di Cristina Sparagana. Trovai il libro da Fahrenheit, una piccola
libreria a Campo de Fiori, davanti alla statua di Giordano Bruno, un
rosseggiante segno del destino … Forse. Correva l’anno 2010 e da pochissimo,
affacciandomi al mondo poetico, avevo pubblicato il mio primo libro di versi. Dicono i tuoi pettini di luce. Canti di Tuscia.
Libro lirico e ventoso
come la giovinezza, misi in quei versi di paesaggio, l’occhio dell’anima.
Girovago di assembramenti poetici ed editoriali incontrai per avventura la
Sparagana, e, come è d’uso per gli esordienti, gliene diedi una copia. Le
piacquero molto quei versi, mi disse, dopo un’attenta lettura. Sorse così
un’affinità ed un’amicizia forte sincera e bellissima. Nella steppa di un
minimalismo tirata a lucido o nel carburante prosastico, appena ingentilito da
vari a capo, mi colpì il tormento vero di una versificazione profonda e corale,
voce e canto del fuoco, per via a. grammaticale, i ricordi neri in danza, già
presenti in nuce e via via palesi, sin da quell’opera d’esordio di lei, che era
stata Il Demone gentile, pubblicato per le edizioni del Giano,
esattamente dieci anni fa, nel 2006, ma che, allora ancora non conoscevo,
avevano di nuovo dato voce a poesie che a me parvero subito limpide di rischio,
risolte in un cromatismo verbale efficacissimo di colori, in una memoria fatta
di dispersioni e ricongiungimenti.
L’appassionata lettera di Plinio Perilli,
poeta e critico, che presto avrei conosciuto, hidalgo di un laboratorio,
straordinaria, magica corte di poesia e poi amico carissimo, proprio in virtù
di Cristina Sparagana, mi regalò dunque in forma di lettera Il dio sarà
presente, una esegesi preziosa e sinestetica al mondo di questa poeta dalla
voce avventurosa, tragica , capace di trovare sé stessa in una cifra autonoma,
rigogliosa di metafore. Cristina Sparagana Vidal, appunto era frequentatrice
assidua di quel laboratorio, palestra d’emozioni e d’amicizie. che ben presto,
sarebbe diventata anche per me la cara Cri cri,. Certo la sua biografia di
studiosa l’ha portata a svolare sulle alture poetiche del Novecento spagnolo, da
Lorca a… Bunuel, sembrava risentirsi il duende visionario. E questo
funereo orfico che cerca nel quadro dell’ansia il grido fragile e perenne della
vita è cifra alta di Cristina Sparagana. Lo ribadirà in un’opera successiva e
centrale della sua produzione, Solo la terra, Passigli, 2011, la silloge
ha una breve penetrante nota di Maria Luisa Spaziani, amica ed interprete
finissima dello stile della Nostra, che ritesse, nel suo dire anche i canti di
un Neruda, da lei tradotto e sentito ombra fraterna e amata lontanissima
sorgente.
Questa dunque per bagliori di lettura e di amicizia la conoscenza e
l’analisi dell’opera della Sparagana, di cui ho via via seguito poi come poeta e
critico il percorso novissimo: dal poemetto su Giordano Bruno e altri versi
, uscito per i tipi della Neos edizioni nel 2013 e ben presto introvabile se
non in qualche bancarella d’essai di cui siamo entrambi appassionati fruitori in
passeggiate librarie di qualità, sommersa nella morgue editoriale, che
rifulge nelle vetrine dei grandi marchi commerciali. Cri cri continua a
colpirmi per il suo cromatismo verbale,visionario e profondo, d’altri tempi,
archetipo d’alba pre logica, densa, poematica, voce di natura abrasa e potente.
Fedele e trasgressivo giardino di suoni è semanticamente il verbo, oltre alla
messe dell’aggettivazione che s’insolca, febbrile di ricordi, nella poetica di
Cri cri, sin da quell’incipit forte ed inusitato participio passato,
Cremato, che apre la prima poesia di questa ultima sua silloge, L’oscura
contro danza. Poesie, opera poderosa, costruita come un retablo
d’affetti, specie per la giovane figlia Francesca, Chicchi, per il marito Giaume,
ma anche per Pepa ed altri animali amati.
Vibra in queste liriche anche il
flutto di un diario quotidiano di emozioni, di ore di vita vissuta, che si
aprono all’inquietudine vera della poesia perigliosa e densa sempre di aeree
metafore qual è quella di Cri cri Sparagana, vegliante al fuoco del verso,
grazie alla quale posiamo ben dire di avanzare, verso dopo verso, nel sogno di
un’ombra,la poesia luce oscura di uno sconsacrato e sconsacrante orto di
sapienti metafore, accese di vita allo specchio, come un quadro di Bosch.
Riportiamo in conclusione per intero una lirica esemplare dello spirito poetico
della Sparagana, dedicata alla figlia Francesca.
Lontananza
a Francesca
Quanto più sei lontana, più sei accanto.
Quanto più sei al mio fianco, più non posso
spigolare nel buio la tua frangia.
Le tue labbra scompaiono in un brano
d’arrochita penombra, ti avvicini
ma subito la piccola parola
si trasforma in un luccio, in un rondone,
in un cenno di sangue ora spugnato
dalla gracilità del tuo tacere.
Oh, potessi sorbirti in un bicchiere
screpolato da palpiti di sete.
Siamo come due cifre, aride, nere,
sulla docile resina di un foglio.
Roma, 2 Giugno 2016
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