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Scene da un naufragio,
poesie, ispirate a “La Zattera della Medusa” di Thèodore Gèricault
Spesso le opere d’arte sono potenti vulcani d’emozioni che
sfiorano la poesia. La seduzione di parole, titoli, immagini in luce-ombra di
tormento danno adito al canto profondo del cuore che tesse ricordi.
Accade così
a Fausta Genziana le Piane che , riverbera in versi pittorici la grande opera di Gèricault, quella Zattera della Medusa che ancor oggi nelle sale del Louvre
ammonisce potente sulla fragilità umana, pietrifica sguardi, ammonendo la gran
metafora della crisi dell’uomo, la Zattera della Medusa, infatti, affondando,
pure lumeggia speranza disperata di vita è un inno alla potenza del mare e
della poetica delle catastrofi, diffusa ampiamente nella letteratura tra Sette e
Ottocento, da Defoe e Voltaire a Melville fino al mondo di mare e di epici
eroismi di Conrad.
In questa ampia cornice letteraria si muove abilmente la
nostra autrice che sente con drammaticità moderna l’eterno incubo del mare.
Povera zattera / così disperata / nel mare arruffato! Galleggiante / non sai più
dove /… perdita irrimediabile / rottame / relitto inutilizzabile / catastrofe
clamorosa / precarietà e indigenza dominano / la vita dei naufraghi / inorriditi
dal tuo nome.
Questi i versi centrali appunto dedicati alla Zattera, cui è
intitolata la raccolta che esprimono in modo forte, epigrafico il fascino
orrifico della natura e la continua corsa dell’uomo di ogni tempo. E così
appaiono oggi antichi e moderni migranti, dispersi, cercatori di sé e di
conquiste, salvati / redenti volti alla riva dove tutto è possibile.
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Recensione |
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