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Solo la terra
Il sacre du parole nella poesia
di Cristina Sparagana
Dopo le
incursioni nei colori dispersi della parola scossa dal vento globale, come
efficacemente potrebbe sottotitolarsi il recente Biografia della polvere
(Pascal edizioni), Cristina Sparagana prosegue ora il suo viaggio nel più
lungo giorno della poesia, con questa nuova ed intensa opera Solo la terra.
Qui la parola, sempre intesa come metafora, si riscopre
visione e causa di luce. Veggente ed onirica, la voce poetante si rigenera
nell’emozione del proprio bosco dell’anima. E questo incendio, questo lungo
incendio | che spezza in due la raffica e il cinghiale, che recide la linea della
mano, | questo incendio | che batte contro il cielo … questo incendio che grida e
segnala | piccoli uccelli e sepolture, sale, s’impenna,, scaglia verso i rami
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il suo grumo di carne. Sin dai primi versi di Fuoco d’estate, il
testo che apre la raccolta, s’avverte come il martello anaforico del
deittico questo, correlato per lo più al temine incendio, diventi
non solo parola chiave, ma basso continuo di una singolare danza fonica, ricca
di suggestioni che aprono al simbolo di una natura spessa e viva, in cui il
corpo si fa coro e voce inquietante che dissacra e rigenera. Esemplare il testo
de I Ragazzi di giugno, ove pare modularsi in versi di grande intensità,
una sorta di Sacre du printemps. A livello poematico, infatti, abbiamo
una danza di sonorità, specie di liquide e di nasali, volte a formalizzare il
sacrificio, inteso come il rito di passaggio dell’adolescenza alla vita più
piena in un vorticoso gioco di sensi e di immagini naturali e corporee , sacre
di vento di giovani che hanno mani di stelle e scarpe colme di rondini,
sentieri sprofondati in un letto verde rame. I ragazzi di giugno | hanno radici
quadre fra i capelli | e farfalle nell’ombra …. Essi conoscono le chiare cifre
del silenzio crudele, | la vertigine e il gelo delle torri. Questi ragazzi,
colti, ora, come colonne di pioggia, ora visti leggeri come fogli bianchi |
varcano l’acino e lo stelo, piantano un rumore diverso nella quiete. Si
documenta qui e in altri versi, l’audacia catartica di una poesia che sente
cogente l’aprirsi di orizzonti, resi attraverso una fusione palingenetica di
parole-forza, nella grammatica emozionale del prato del mondo.
Poesia che arde
di simboli, quella di Cristina Sparagana, ma che pure rugiada ricordi e sente
il ritmo del mondo nel sudore dei sogni. Si vedano poesie come In terra
sconsacrata, Partito, Esame di latino, Roberta ed altri versi, in cui gli
oggetti e i sensi riconsacrano col sangue dell’alba e del vento solo la
terra | solo la sua immensa | umile borsa d’animali solo | la purissima terra.
che dà il titolo all’intera silloge raccolta in questo mantra di fusione
musicale di “lunalba” poetica. Attraverso i versi si modula dunque la partitura
di un originale Sacre du parole, con la sua ricchezza di suoni e di
sensazioni che un oceano di immagini sprigiona. Ne deriva un percorso
in-cosciente di coscienza della natura, intesa come concerto sonoro, come
avrebbero sentito i romantici von Humboldt e Hölderlin. Il fine è quello di
far riassaporare, nella poetica contemporanea, volta spesso a celebrare la
liturgia delle sensazioni minime e di una troppa manifesta sensualità, la
grammatica del grano, parafrasando Mistral, intrecciando spesso ansia di
spiritualità e gemmate unghie di terrestrità. Il gioco delle vibranti e delle
liquide lo rivela ampiamente; si vedano i versi de il falco o di
Nudo e l’espressionista Una goccia del cuore del topo, in cui compare
forte il tema del sacrificio Il topo unto nel veleno, il topo essiccato
dall’urlo, beatificato nella colla … Uno scafo salpato verso il chiaro, verso il
più chiaro, il più glorioso | nulla. Il nulla si riscatta però nel colore
del sentimento che emerge potente in Sé, dedicato come altre liriche,
alla figlia Francesca,presente in diverse poesie, giovane interlocutrice di
appassionate memorie e rito di passaggio generazionale! La religiosità profonda
e vasta del ricordo si sente in poesie come Oh profonda e Faeder ure.
L’autrice, che ha nel proprio vissuto l’esperienza latinoamericana, disegna in
Partito parole migranti, viatico di riflessione sentimentale. C’è spazio
per una moralità affettiva che, in parte, si riaggancia alle poesie civili di
Biografia della polvere, ma qui più sentite e maturate rispetto agli esordi
de Il demone gentile, in cui emergeva già potente la lingua più vera
della Sparagana, quella del simbolo amoroso- naturale rigenerante. Il tema del
sacre du parole caratterizza dunque la sua produzione, anche in composizioni
fortemente teatrali, come nei versi performativi de la gestazione di lady
Macbeth, atroce e potente intreccio di sangue e passione ed una delle
massime esemplificazioni del tema del sacrificio- catartico. Il che, come
avverte Maria Luisa Spaziani nella sua premessa al volume,costituisce la massima
audacia: quella di scardinare le vecchie strutture del mondo e di sconsacrarlo
e riconsacrarlo insieme, a passi di colomba.
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Recensione |
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