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Un mare d’inchiostro
Pagine su pagine e altri cabotaggi

Un mare d’inchiostro davvero queste pagine su “pagine” (il sottotitolo del volume gioca abilmente sul nome della rivista di Vincenzo Anania, dove molte di queste pagine hanno trovato pubblicazione) e altri cabotaggi, in cui il … nostromo di lettere Roberto Pagan ha voluto raccogliere,all’alba dei suoi ottant’anni, saggi, studi di critica e storia letteraria, recensioni e ricordi di vita.

E appunto Memoriale di preistoria, ha voluto chiamare Pagan, con un tocco di felice auto ironia, la cronistoria del proprio divenire poeta, professore di liceo e critico, tra Trieste e Roma. Saggio volutamente concepito in tono colloquiale, autoanalisi delle proprie opere, nel quadrante nord est: da dove soffia la bora, in cui appunto si inquadra la biografia umana e letteraria del triestino Roberto Pagan, burbero e giocoso, sempre però osservatore attento ai fatti letterari, intesi come specchio storico di una società in fermento, tra nostalgia e progresso. E’ in questa chiave di storia di un genere della società letteraria, tra tradizione e provocazione, che va inteso il lungo articolato percorso sulla letteratura giocosa, oggetto di due saggi, I Cimenti di Talìa e Alle radici del comico, che costituiscono la prima sezione dell’opera, in cui Pagan ha rintracciato, da storico della letteratura, un originale e documentato percorso, che spazia da Parini al Berni, per risalire al primo Novecento di Gozzano e Montale, ma si indagano anche le radici giullaresche medievali di un letteratissimo Cecco Angiolieri o più avanti del Pulci, colti nel quadro del realismo parodistico e di estro linguistico che tra gli altri risente degli studi di un Contini e di un Raimondi, sul filone anticlassico e della forza dantesca della lingua come riso che graffia il mondo.

Altre divagazioni su poesia e poetiche si trovano in Saggi e vagabondaggi, in cui emerge nella cultura vasta, l’occhio acuto ed arguto di Pagan lettore e fruitore di poeti e di occasioni letterarie del pianeta poesia. Interessanti le riflessioni sull’ haiku, visto come uno gnomo poliglotta e contorsionista, genere frequentato anche da lui come poeta, di cui coglie sì il pittorico atemporale, enunciativo, ma si sorride con consapevolezza anche sulla moda universale del gioco metrico e sul facile incantamento dell’artiere della domenica. Ma di una critica sempre volta a ritrovare il marzialesco gusto del ritratto umano come squarcio di vita vissuta, che caratterizza lo stile del nostro, sarà doveroso sottolineare la bella ricostruzione di un ... mondo di ieri, in cui Pagan si è specchiato e formato, la Trieste di sapore ancora mitteleuropeo, in cui ha conosciuto Livia Veneziani, Saba e Giotti, il mondo del salotto di Anita Pittoni, cui dedica pagine intense e commosse, valga per tutte quelle dedicate all’’incontro con Saba. Dense anche varie notarelle sull’universo poetico dell’autore de il Canzoniere e del prosatore di Ernesto.

Ma Pagan dedica spazio anche a voci recenti e valide del mondo friulano con acute osservazione di stile e di vita. L’opera di Pagan si configura come ricostruzione di un mondo come genealogia di un sentimento letterario e poetico, che si fa storia nella produzione di Pagan poeta e uomo di lettere, come rammenta nel citato Memoriale della preistoria, dalle aurorali Sillabe, fino alle raccolte di haiku, Miniature di bosco, e di testi in lingua e in vernacolo, che rinnovano in lui la luce della radice triestina e di una coscienza che ha plasmato i passi di Pagan sin dai suoi esordi. Resta amplissima infine la sezione del Parnaso degli amici. Letture e recensioni di poeti non solo dell’ambiente romano cui Pagan ha prestato attenzione, donandoci un nuovo archivio dell’occhio critico che ha navigato e ancora educa al fare letteratura come filologia del buon senso.

Recensione
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