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La rete di Indra

Nella casa di Indra è detta esservi una rete di perle siffatta che se ne guardi una, tutte le altre vedi in lei riflessa: allo stesso modo, ogni cosa al mondo non è solo se stessa, ma tutte le altre raccoglie, e lei difatti è tutte le altre. (Sutra del Diamante della Prajnaparamita).

Significativo il titolo scelto per questo libro di poesia che raccoglie una vita estraendone il senso e la verità.

Di rado (mi è successo anche col precedente Ballata scorretta della stessa autrice) mi capita di leggere tutto d’un fiato un libro di poesia sentendone via via arricchiti intelletto e cuore.

Mi ha catturato, infatti, fin dai primi versi, questa Rete di perle cresciute sul granello salmastro di un faticoso percorso di consapevolezza. Un granello nato dal mare di studi, esperienze, incontri, amori, cadute e dolori che è la vita, quella dell’autrice in particolare, di cui conosco la tribolazione.

Molti sono i nodi intorno a cui sono cresciuti i suoi anni : l’albero spoglio ha forma di croce…, ma, come l’albero, anche la vita della poetessa è ascesa verso respiri alti, rarefatti di cielo.

Il suo nome è destino e la spinge a farsi alma, consapevole che la terra in cui affonda la radice, è la stessa cui lascerà il suo succo per una nuova stagione. E sarà primavera anche per gli amati nipoti che si nutriranno di lei, della sua presenza, del suo lascito, nella certezza che la gioia dell’albero (è quella di) essere accolta dalla calda terra | in resurrezione di foglie.

La pietra purissima della poesia dell’ultimo lavoro della Borgini ha lasciato alla terra ogni ombra estranea e si è cristallizzata in parole dense di vibrazioni e sapienza. Non si lamenta del piccone che l’ha liberata dalle strette dell’ego: e riluce, riluce…

Il diamante di questa poetica non rivela fredda perfezione stilistica, pur nella rara qualità della versificazione, ma rifrange ed esalta piuttosto l’emozione della donna-poeta, del suo giorno e della sua notte : giorno e notte unite nell’afflato del TUTTO ch’è doloroso e glorioso. La lezione che vive la carne si traduce in parola scarnificata che solo lo spirito sa dire e suggerire.

Lo si sente soffiare sui e nei versi catturando il lettore nella rete di Indra che allaccia sensazioni e assensi, immagini e commozioni in un’empatia totalizzante.

Si sperimenta, leggendo, l’abbraccio dell’oriente con l’occidente, della filosofia con la teologia, dell’Antico con il Testamento Nuovo, della letteratura con la vita, del Budda con il Cristo, della musica con il silenzio, in una sintesi che forse solo il dolore ha reso possibile. Non si tratta, infatti, di un mero sincretismo più o meno alla moda, ma di una emozionante, profonda, dolente e nello stesso tempo rasserenante intravista luce, accesa da lungo, arduo percorso di ricerca interiore.

Una ricerca dove il binario che conduce al fondo del sé, si sposa con quello dell’espressività a produrre un diamante che riflette tutte le sfaccettature dell’essere. Così Alma diviene la sua stessa poesia, coincidendo la persona con una scrittura-respiro-vita-emozione-bellezza.

Quella bellezza per cui la verità e la giustizia richiamano la nostra attenzione come la Weil citata in epigrafe afferma e di cui le parole del libro grondano, parole a dire veramente quello che vogliono dire.

Una parola, questa della “Rete di Indra” che crea amalgama tra vita e morte.

Una parola da leggere genuflessi.

Campi Bisenzio, 08. 12. 2011

Recensione
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