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Le stagioni scomparse

Raccontare una famiglia

La storia narrata da Luca, il protagonista de Le stagioni scomparse di Giovanni Bacci, registra in primo luogo l’amore dell’autore per i fatti storici che sono puntualmente annotati dentro un racconto di famiglia lungo un secolo e mezzo circa.

Non solo. Dentro, e forte, si sente l’amore per le radici e per tutte le persone che le hanno costruite nel tempo e che hanno permesso al protagonista di essere nel mondo. Il nonno, in particolare, che assume nella storia un ruolo primario, soprattutto quando lascia al nipote, quasi casualmente, la responsabilità di custodire e tramandare le vicende della casata. Lo fa, facendo vedere al ragazzino, in uno studio deserto, un mobile. Ne apre uno sportello con una chiave sepolta da anni in un cassetto e gli mostra file di libri, registri e faldoni: carte di un’azienda, una conceria dalla storia lunga e perigliosa che la famiglia aveva portato in auge, dando lavoro a molta gente del paese. Una fabbrica legata alla casa da una inconsueta, antica e bella storia d’amore.

La ricostruzione puntuale e fedele delle cronache familiari e la descrizione viva e ricca di particolari dei personaggi incorniciano eventi circoscritti dentro il grande perimetro della Storia.

L’autore, appoggiandosi a documenti e note ritrovate negli archivi, ma anche a fatti e racconti trasmessi per via orale, scandisce gli eventi, narrandoli con rigore e passione, descrivendo paesaggi, ambienti, situazioni e vissuti, in modo tale da coinvolgere chi legge e fargli sentire le sue stesse emozioni.

I fatti narrati nella storia avvengono tra un tempo antecedente la Prima Guerra e poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando si chiude il cerchio, aperto all’inizio del libro, con la presenza e la voce del nonno del protagonista che lo invita ad accompagnarlo e ad andare.

Un invito che significa e mostra il succedersi armonico delle generazioni e l’importanza del passaggio del testimone. Un incoraggiamento che sottintende, anche, il moto inarrestabile della vita che spinge avanti e corre verso cieli futuri. Un andare, però, senza dimenticare ciò che è stato prima e ha dato valore e senso a ciò che è e che poi sarà.

La narrazione fluisce agile, tracciata da una penna felice che attrae il lettore e lo avvince, spesso commovendolo con tocchi di contenuto, emozionato romanticismo che, in alcuni tratti, sfiora la poesia, come ad esempio nelle righe annuncianti la morte di Annunziata:

Il rantolo divenne grave e tutto si oscurò: l’abbraccio forte di Stefano, in un attimo, divenne l’infinito abbraccio dell’universo.

Campi Bisenzio 1 gennaio 2022

Recensione
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