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E poi ?

Mi risveglio ora da un breve sonno. Non mi è chiaro del tutto dove sono. Ma quanti anni ho, mi domando? Ancora ventotto? Quarantasette? Cinquanta? Macchè! Fra un paio d’anni ne avrò sessanta. Sessanta! E non mi venga a dire, un ottantenne, che io sono un ragazzino, perché ragazzino io non sono, anche se a volte fingo d’esserlo o lo sono proprio, ma non certo di età. No, lui di ottanta, è decrepito, ed io sono quasi vecchio, questa è la situazione reale. Anni dopo, a settant'anni, parlo col mio amico Antonio Campusano al telefono al di là dell'oceano, gli chiedo quanti anni ha adesso e lui mi risponde secco: “Ochenta! Aggiungendo quasi rabbioso: “Si, soy un viejo de mierda!”.

Ed è subito sera. Se qualcuno non riesce a capire la poesia forse ci può provare quando arriva a sessant’anni, con questa. Mi secca un po’ devo dire, ma cerco di rassegnarmi. Poi si dovrà anche morire e ciò mi secca anche di più. Se fossi ancora bambino e se mio padre fosse il Padre Celeste gli direi: “ma dài, su, fammi stare un po’ di più, anzi vorrei ricominciare da capo, dài, dài Paparino: va bene?, eh?”. A volte funzionava. Ma devo stare attento, un eventuale scappellotto potrebbe essere devastante.

Ogni giorno come tori nell’arena incassiamo la dose di un paio di quelle banderillas che ci fiaccano, che ci invecchiano, e che i nostri nemici attendono sornioni perché il nostro vigore ci abbandoni.

Io non capisco il perché di tutto ciò, il senso di tutto questo. Quello vero. Intendo dire che, pur essendo cristiano, pur accettando la dottrina in buona parte - certamente nelle parti fondamentali - continuo a non capire il perché dell’avere messo in scena questa opera colossale: perché? Per che?

Così prosegue la mia storia:

Vedo sempre più spesso tizi attempati che si sono comprati una bella ragazzotta in carne e se la portano al ristorante, in vacanza, se la sono sposata (con procedure previamente ben controllate dall’avvocato). Tutti alla loro vista vanno col pensiero al letto e tutti (gli uomini) hanno un moto di invidia. Tratta di schiave? No, è probabile che poi risultino fregati loro, i mariti, altro che le schiave. E la conquista, l’amor proprio, e …la bella figura, dove vanno a finire? Non è come andare con belle puttanone, ma con abbonamento esclusivo? E poi uno pensa, si illude, che ne potrebbe nascere un tardivo amore: in fondo molti si sposano anche da vecchi ed è vero amore. Forse. Già, come se tutti fossimo bene invecchiabili come un cognac, o come Yves Montand, Sean Connery, Gianni Agnelli o Richard Gere. Ma tant’è, l’illusione è la vita. Ed è provato che l’organo sessuale più importante è il cervello.

Mia figlia mi conferma che una donna può essere attratta anche da un “vecchio”, ma che appena il vecchio si ammala la giovane viene presa da istintivo terrore, si accorge del rischio e fugge dall’altra parte del mondo. Insomma, un colpo, fuggi, e crepi da solo, anche se tutti crepiamo da soli (difficile crepare in due). No, la risposta dev’essere un’altra, forse è quella che ho visto oggi pubblicizzata per una nuova rivista per uomini: qualcosa tipo rivista sulla verità, il senso della vita, la nostra missione: vivere meglio, vivere bene, e il mezzo per giungere a questo regno (che è il “Fitness degli Sport”), è la nostra rivista Pinca Pallina. Insomma sarebbe come dire che il Paradiso si acquista attraverso Gesù Cristo tramite l’acquisto di una copia del Vangelo. Molta gente ci crede (al dio “fitness”). Peggio per loro. Amen.

E uno allora caddafà? – si chiederebbero a Roma! Non so dirvelo, non so dirmelo. Il rischio è sempre lo stesso, quello di sbagliare: ti sei fregato la vita perché non hai colto quella opportunità, te la sei fregata perché hai rovinato una famiglia, te la freghi perché ne hai fatta un’altra o perché non l’hai fatta. È sempre colpa tua (se ti va bene a volte riesci a far dare la colpa alla società – umana – non quella per cui lavori, o magari anche). Poveri noi dunque! Come è difficile vivere sotto giudizio e indagati di reato per tutta la vita.

Pensando a tutto ciò, se fumassi ancora mi accenderei una gustosa sigaretta e invece mi accontento di un caffè decaffeinato e passo ad altro, così mi sembra di eliminare i problemi.

Certo che nei momenti in cui uno si illude di vivere o magari vive davvero un’avventura d’amore (è molta la differenza?), quel tempo può valere in modo indefinibile nel bilancio di una vita. Il punto è proprio quello delle valutazioni: chi le fa? In base a quali parametri? Il correre in senso opposto per sfuggire alla vecchiaia vale la pena? Vale invece la pena (e pena lo è) l’accettare la vecchiaia e viverla al meglio ma senza far finta che non ci sia? E poi - cosa difficilissima – capire, stabilire, riconoscere il quando! Quando iniziare ad ammettere che siamo un po’ vecchi? Quando, che siamo vecchi? Quando, che siamo molto vecchi? Questo è il caso ostico, perché di solito qui perdiamo ogni senso critico ed ogni decenza, convincendoci spesso di essere - che sò – Napoleone.

Invece si va avanti senza decidere un granchè. In realtà si decide solo sulle cose che ci si presentano con tre alternative: sì; no; aspetta (è questa la grande differenza tra noi e i computer, che ragionano col sistema binario: si; no?). Sottolineo qui la grande importanza dell’umana opzione aspetta, grandissima carta da saper giocare. Così noi crediamo di fare tanti programmi, tanti progetti, ma se non ci si presenta la tastiera delle sole tre opzioni, non possiamo proprio fare nulla. Per scegliere una nuova vita, una nuova via, ci si deve presentare l’opportunità. Per un nuovo lavoro anche. Uno può giusto fare dei progetti di comportamento: se mi dovesse capitare una certa cosa, stai tranquillo che farei così. Poi può magari andare a cercare un accadimento. A parte che spesso - quando esso ci si presenta - cambiamo miseramente idea o ci viene meno il coraggio che avevamo a parole. No, non è facile vivere. Quando cominciamo a dire ormai è il momento in cui cominciamo a rinunciare a vivere, e incominciamo a morire. Comunque non è facile, non è proprio facile vivere. A volte ci riesco, poi l’ispirazione mi passa e faccio di nuovo fatica. Perfino capita di immaginarsi il suicidio ma poi ci si convince che è la direttissima per l’inferno, se si crede, e se non si crede ce la si fa comunque sotto, perché non dev’essere facile suicidarsi. Allora, secondo la logica, uno in tali frangenti dovrebbe auspicare di morire “motu proprio”… e invece assolutamente no: non ci pensa nemmeno costui e anzi si tocca le palle. E allora com’è la storia? Vigliaccheria? Non vero che uno non sta bene? Terrore del salto nel buio? Affettuosa abitudine alla vita? Di tutto un po’, come sempre.

Ho letto che il riso – non il cereale – fu messo all’indice dalla chiesa. Già, è difficile vivere e mi preoccupa peccare per così poco, se rido… Tale antica posizione. considerata oggi se Dio vuole estremistica e quindi esagerata, è per me invece molto affascinante. Ma come, siamo stati messi qui in una valle di lacrime e noi che facciamo: ridiamo? Ecchè, te ridi?! Direbbe Alberto Sordi.

Sono un po’ turbato. Mi conviene andare a dormire. Vado.
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