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Alessia
Lucidi enigmi dischiudono il sogno
È
un’istantanea di repliche, l’immagine di Alessia che scatta sé stessa e
transita, lungo un campo visivo illimitato, illimite è sentire, attendere,
svanire e insorgere nel futuro climatizzato dal vetro delle visioni, delle
illusioni ed anche lungo i giorni belli del tempo, del sogno che lo abitano
sostanziandosi d’un movimento inesplicabile che si fa voce e l’attraversa.
Raffaele
Piazza, con una scrittura riferibile alla superficie dell’acqua, fa del suo
poema “Alessia”, una raccolta corale di poesie-quadri, la quale plasmata
da un tessuto materico inesplicabile, attraversa pagine di vita ed altre inventa
– Per ogni riga, sosta l’azzurro e valica il corpo alle ombre dell’universo.
Ne scaturiscono elementi irriducibili, lucidi nella volontà misterica di
accostare l’assenza al possibile, la poesia al respiro schiudendolo a sfere
che superino la dimensione dell’essere vivi e valichino l’eternità come
passaggio di energie –
Versi come gettiti metamorfici, fantastici, a tratti
crudeli, scattano inquieti sui segni del reale, espropriano la pelle al corpo
recitante di Alessia e lo rappresentano quale attimo sognante l’infinità
– Accade così che nasca, tra scosse di significanza, un’apparenza che impasta
combustioni e conduce le creature oltre le proprie identità, anche presso
disarmanti normalità incastonate tra sogno e realtà, amore e dolore, bene e
male – Tutto avviene alla presenza della realtà, ma i fatti sfuggono, si
dissolvono nella vacuità pensosa e penosa sospesa tra il niente e il colmo, tra
vita e morte, su fili di coscienza che sentono la presenza, la catturano e già
essa è fuori da ogni confine – Venti anni contati come semi / sul filo delle
cose di sempre / sguardo al vetro di balcone / sul mare e vedere in quel visore / il
futuro: (ansia stellante a sommergerla nell’inalvearsi col pensiero nella radura
del futuro, anni a manciate ad attenderla al varco).
È un ritratto intriso
di pelle Alessia, vestita di senso per mano del poeta Piazza, scintilla nei
passi volitivi, audaci e primaverili, mentre nuove sembianze di sé, accrescono
vergini e, la conoscenza funziona da disincanto. Sfamarla contamina il corpo di
voglie e, sono i fiori scolpiti nel marmo a raccoglierne urgenti colloqui
con il tempo continuamente distratto, e a coincidere il destino combaciando la
sua spirale eccentrica, come convenuto al principio, nel giuramento fatto al
cospetto degli dei … – Come piani scenici, teatrali e al contempo
fervidi di ambiti realistici, fisici e passionali, la volontà di R. Piazza, si
profila ora tratteggio della figura di Alessia, poi raffinatissima immagine che
giunge al lettore in un complesso processo creativo il cui ritmo alterna purezza
e ossessione, confermando la precarietà di tutto lo scibile, dell’esistenza che
resiste la sua vorace voglia di esistere.
Alessia divora il magma vitale
amando, corrompendo tutti gli spazi, risucchiando loro la linfa che abbatte i
confini e sfocia nel mai visto. Espande la sua figura in mille e mille
anime, Alessia; sono tutte connesse all’accensione immaginativa e, attraverso un
ampio respiro metamorfico, insorgono e fluiscono nella scoperta d’altro che
attende dietro pannelli opachi – Così si dipana condensandosi, la tensione
linguistica, attraverso filtri sapientemente operati dall’autore. Essi si
palesano infatti tra bisbigli suadenti, poi affermazioni incisive attestano una terrestrità sensuale azionata all’interno del circuito
– Vitrei altri elementi,
ulcerati d’in appartenenza, ossidano la difformità alla radice e ricompongono la
carne quale inquieta sacca di dolore e colore, inaccettabili. Alessia
illuminata, plenilunio/mistico e sensuale sulle cose di sempre / la casa, la
stanza, la città / il rosso del telefono. Tutto si ferma / Tutto accade. Alessia rosavestita / per la vita nell’attesa dell’incontro / tende ai petali del fiore
d’arancio / matrimonio nel futuro anteriore / della vita che la contiene.
Individuazioni della provvisorietà umana, le irretisce un
linguaggio a tratti familiare, poi assorto e duale, quando diviene bisogno
accorato. Raffaele Piazza conduce con rigore ogni verso nel cui scatto
rivelatore, la vita brucia, si fa luogo segnato di presenze capaci di emanare,
un avanzamento onirico di paesaggi e forme recondite che differiscono da tutto,
mentre sperimentale e personalissimo, il linguaggio si attesta rigenerativo, in
tutta l’opera.
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Recensione |
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