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Il sandalo di Nefertari
Blog Imperfetta
Ellisse
29/01/2016
C'è una nota in
apertura di questo libro che tenta di dare qualche indicazione al lettore, o di
confonderlo del tutto: “Il Museo Egizio di Torino conserva un sandalo di
Nefertari, rinvenuto dall'avventuroso Ernesto Schiaparelli nella tomba ipogea
della regina. Nessuna notizia del sandalo mancante”.
Una presenza è anche,
inevitabilmente, una assenza, e una ricerca. Che sia della poesia, della verità,
o di qualcosa d'altro che permette di procedere senza zoppicare, come chi va con
una scarpa sola. Ricerche non sempre agevoli o destinate ad essere coronate da
successo, ma per fortuna ci sono altre strade, magari da percorrere con una
certa leggerezza d'animo e di cuore.
Il registro di Onano è quello di un'ironia
pensosa, con qualche traccia di fiaba o meglio di mito personale, di una certa
nostalgia per il passato che certo è migliore del presente, come quasi sempre, e
qualche tendenza ad un epos lirico che si concretizza in rivisitazioni di altri
miti o eventi. Con i quali, a grattar la superficie, ci si ritrova a ripensare
per vie traverse al presente, all'attuale, e alla complessiva inadeguatezza dei
medesimi, o di noi qui ed ora. Un presente in cui la cultura non serve, o serve
per lo più a farci sentire diversi e in qualche modo, appunto, fuori posto e non
necessariamente superiori.
E' in apparenza la presa di una distanza da una
realtà cogente, ma solo per prendere bene la mira. Onano fa finta (ma il lettore
mica ci casca) di parlare proprio di quello quando parla di favolette, di
personaggi e fatti storici, di casuali incontri petrarcheschi, di opere d'arte,
di non luoghi, di storie bibliche. Ma in fondo parla d'altro, perché la piccola
parabola che costruisce velocemente volge, anche per il mezzo di un linguaggio
attualizzato, tra colloquiale e l'erudito o il tecnico ma sempre in chiave
“comica”, verso un colpo d'occhio sull'attuale o viceversa su qualche vizio
sempre universale, qualche piega oscura dell'animo umano, qualche piccolo
dramma.
La chiave ironica è data soprattutto da un semplice ma efficace
meccanismo di straniamento linguistico rispetto al contesto, oltre che da una
selezione accurata e “alta” dei termini (Onano è bravo a manipolare la
scrittura). Come, tanto per fare un esempio, in questo brano, una preghiera del
tutto particolare:
Avremmo gradito una qualche
minuta
detrazione fiscale, per la cura,
la perseveranza.
Noi faticosi seminatori di
tisane
e zizzania, perché la terra è
bassa
dopo tutto, e sole e vento sono
corvi
voraci in questa promessa di
deserto.
Siamo, alcuni, a rischio di
precipiio
d'usura. Accogli, a saldo,
l'ultimo
vitello grasso, la speranza, le
concubine.
da cui mi sembra appaia chiaro
cosa intendo, essendo esplicita fin dal titolo la tonalità. E' prevalentemente
con questo registro, quindi, che Onano offre al lettore il suo campionario di
osservatore colto e insieme smagato e un po' flaneur, incline ad un umorismo
critico che ha una relazione piuttosto cosciente (lo dico nel caso si rammenti
vagamente di Freud) con ciò di cui sta parlando, senza però dimenticare un
persistente sottofondo di “ultima disperazione”, per usare parole sue: da un
leopardiano amor senile all'interno di un supermercato – non luogo per
definizione -, a problematici rapporti con un dio sconosciuto e un po'
tetragono; da un chiaroscuro ritratto di Giulio II che medita sul suo potere, a
un fantastico incrocio tra Laura nell'anno della sua morte e Petrarca, il
“timido alpinista” forse reduce da qualche altra ascensione dopo quella
leggendaria al Monte Ventoso nel 1336; passando per uno sguardo rivolto a se se
stesso nella bella ascolta bene.
Insomma Onano varia e
svaria, in un libro complessivamente divertente (e mica è poco), piacevole e ben
scritto, che non va collocato in nessuna categoria o orizzonte poetico o
panorama reclamando esso la sua originalità, ma che cerca di evitare il tragico
(ma non sempre è un male), guarda la vita dal bastione dell'ironia e un po' la
esorcizza, osserva i rapporti, anche amorosi, con un occhio un po' “zoologico”,
come in struggicuore.
Nel frattempo il
sandalo mancante di Nefertari è ancora introvabile.
L'ipermercato è un luogo di
aggregazione
raccomandato dal governo per via
dell'aria condizionata
infatti i vecchietti lo
frequentano con applicazione accanita
dove Giovanni conduce il
carrello e riconosce Gabriella
a causa degli occhi terrestri e
fuggitivi
dove Gabriella conduce il
carrello e riconosce Giovanni
a causa degli occhi terrestri e
ancora più fuggitivi,
fortuna che l'ipermercato
presenta passaggi di servitù
colonne ordinate di barattoli e
cartoni colorati verso l'uscita
nella notte serena per l'ultima
disperazione.
struggicuore
Il maschio occupa ogni notte la
stessa tana,
prepara cucinati precotti,
sprofonda
nella fossa delle marianne, nel
triangolo
delle bermude della memoria
disfatta.
Quanto era bella, opaca contro
il sole,
le femmina della specie odorosa
d'albume,
come saporito il tuorlo
sanguinoso
deposto nelle tende, quando
appariva.
Hamelin
Dove sono le nacchere?, mi
aspettavo
una musica ritmica, tacchi di
ballerina
andalusa, un agitare di ventagli
aperti e chiusi sopra la sfinge
del viso.
Tutto, ma non questo suono di
piffero
acuto, continuo sulla savana
fiorita
e deserta, voce di cellulare che
chiama
e io non rispondo, dove sono le
nacchere?, io
non rispondo fino a quando, fino
a quando.
Giulio II interroga
l'immagine introiettata di Papa Borgia
Giudeo, marrano e circonciso
io questo ti dico perché te lo
meriti
tu tessitore mediocre di tele
domestiche
con tutti i tuoi figli
bastardini e cupi
per quanto Lucrezia me la sarei
fatta volentieri
non fosse la voce che fosse il
suo letto sanguinoso
non fosse che si è ammonacata
per una vergognosa penitenza
non fosse che io sono il servo
dei servi di Dio
io che sono uno santo cattolico
e per giunta apostolico
io che sono soprattutto
indiscutibilmente romano
io che sono pastore di spada e
di pennello
voglio vedere un altro governare
i pittori toscani
dire a Buonarroti fai presto
perché ho tante cose da fare
voglio vedere un altro prendere
Bologna a cannonate
perché non ci sono santi
la parola è alta la parola è
forte la parola è una bella cosa
però ci abbisogna un luogo dove
pronunciarla
sostegno di mercanzia
oculate investiture vescovili e
cardinalizie
senza contare l'apporto della
milizia svizzera
formidabile ma purtroppo molto
ma molto dispendiosa.
Europa 1348
E' bionda la campagna a
mezzogiorno
il sole di Provenza la distende.
Laura si bagna nella chiara
fonte
sollevando la veste alla
caviglia.
Compone una ghirlanda di capelli
biondi alla nuca perché il vento
magro
assalti finemente la sua pelle.
La bambina la guarda dalla
sponda,
pensa che sarà grande e avrà le
poppe
gonfie di miele e l'inguine
rovente.
Laura riposa nella chiusa
stanza.
Ripete a mente il frammento
volgare
del timido alpinista che l'ha
scorta
mentre al fiume dimostra le sue
forme.
Il poeta che viene d'oltremonte
potrebbe usare un approccio più
scaltro.
Dorme il marito sul lato mancino
e Laura con le reni lo sormonta.
Un ratto nero quatto sulla madia
guarda la notte con occhio
turchino.
ascolta bene
Mia timidezza, quasi un peccato
di malaffare, subìto o fatto,
sottile
di lama fra cuore e costato,
coatto
quanto basta perché l'anima dica
cosa ci posso
fare, avarizia, alibi terrestre
che conta trenta denari (e l'ala
riflessa sul campo di grano è
l'ombra velocissima
dell'albatros?,
dell'aeroplano?): ascolta
bene, datti un poco da fare, mia
timidezza
d'amore o trincea, pavone
diurno, indotta
o caratteriale (l'ombra
d'albatros ha odore di fosco
mare): resisti, ancella purpurea
o disfatta
rosa, rocca di parte guelfa o
ghibellina
scoscesa, ultima difesa,
medicina.
non tutte le alleanze sono
facilmente comprensibili
Una voce potente come di tromba
che diceva:
prendi tutte le tue mogli le
concubine le cameriere stagionali
prendi anche i tuoi libri la
stufa da campo il telefonino
congeda i figli con tutte le
loro spettanze
raggiungi così temperato e
leggero la valle dell'azimut
tu non sai dove sia ma dovunque
ti fermi lei ti appartiene.
Una voce aguzza come di cetra
che diceva:
bene, adesso che sei arrivato
drizza la tenda
uccidi la colomba la pecora il
bue la moglie più vecchia
lo so che ti piange il cuore ma
un minimo sacrificio è necessario
aspetta così temperato e leggero
che azimut ti trafigga
con tutta la sua lucentezza la
sua spaventosa lungimiranza.
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Recensione |
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