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La casa in mezzo al prato in Boscoverde di Rocca Pietore
Ebbi la fortuna di conoscere la poetessa veneta alla cerimonia
del premio letterario “Città di Venafro” da Lei vinto nei primissimi anni del
presente 21° secolo; e da allora, non so più quante volte, mi sono soffermato
sulla sua poetica, sempre riscontrando e segnalando nei testi che gentilmente
soleva parteciparmi, le connotazioni formali di maggiore rilevanza estetica. In
particolare: una selettività lessicale e sintagmatica severa, un senso innato
del ritmo e dell’armonia, e le radici, infine, che da sempre traggono linfa sia
da ben metabolizzati Classici, sia dalla produzione in versi del trascorso
Novecento.
Connotazioni che ritrovo (non poteva essere diversamente) in La
casa in mezzo al prato, titolo nel quale sta – tutt’intero – il motivo
ispiratore della silloge. Essa – la silloge, dico – che, strutturalmente
parlando, si presenta articolata in quattro sezioni, la prima delle quali titola
Prato-Casa , seguita, nell’ordine, da Disgelo fiorito di luce
etc., Mito e Realtà in notti agostane etc, e, - ultima – Ballata del
ritorno ed Altro, accoglie, a mo’ di antologia, liriche composte tra il 1996
e il 2018, la cui distribuzione nel testo, non seguendo l’ordine temporale di
concepimento e di stesura, attesta la scelta di una disposizione dettata da
elementi unitari di ordine naturalistico, affettivo e della memoria.
Emancipati – per così dire – da vincoli metrici (e
frequentemente anche della punteggiatura), i versi sembrano fluire, come in
un’incontenibile piena, da una sotterranea inesauribile sorgente pregna di
spiritualità e umanità, potenziati in efficacia descrittiva e musicale
gradevolezza dalla perizia della poetessa di Selvazzano.
I luoghi montani (dolomitici), i prati verdeggianti, i boschi
ombrosi, i fenomeni naturali più suggestivi; poi gli incontri ciarlieri e
operosi della gente sono così ben resi, da suscitare nel lettore il desiderio di
contattarli anche fisicamente per goderne in pienezza.
Incantevole l’immagine innevata, con ville e bosco di conifere
(s’intravede anche un bambino), assunta a copertina, realizzata da Marco
Toffanin.
Ben sintonizzata sulle “lunghezze d’onda” dell’Autrice
l’essenzialità completa e dotta della presentazione di Mario Richter, nella
quale si legge anche di un recente fenomeno meteorologico – estremo – che ha
devastato, nelle Dolomiti, la valle del torrente Pettorina, sfregiando luoghi
spesso ricorrenti nei versi della Toffanin.
Utili, infine, i ragguagli geografici e storici delle località
presenti nelle liriche.
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Recensione |
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