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Carte
da gioco. Trilogia dell'infanzia
Francesco De Napoli –
originario della Basilicata, ma da un trentennio residente
in provincia di
Frosinone – ha esordito nel 1979, con la raccolta di versi
Noumeno e
realtà,
che alternava sentimento e ragione in poesie di commista ispirazione
autobiografica
e politico-sociale.
Questa sua ultima opera poetica ripropone, raggruppandoli,
tre poemetti scritti
nell’arco di un ventennio:
L’attesa,
La casa del
porto e
Carte
da gioco,
che dà il titolo al volume. La loro prima apparizione in edizioni autonome
risale rispettivamente
agli anni 1987, 1994 e 2001. Si tratta di poemetti ruotanti tutti
intorno ai primi anni
di vita dell’autore, rivissuti in una sorta di regressione ancestrale,
che, per la loro comune
matrice, formano una
trilogia dell’infanzia,
come recita,
appunto, il sottotitolo
dell’opera. Il libro, nato dalla necessità dell’autore di ridefinire la
propria identità per
dare un senso più autentico alla sua vita, si apre con un poemetto,
dove con svelte
immagini viene evocata la figura del padre in punto di morte, per
poi ripercorrerne a
ritroso con brevi e realistici cenni la vicenda umana, di
umile partigiano | scampato | alle
stragi naziste | ai naufragi, e al gelo siberiano,
costretto dal
suo lavoro di
ferroviere a continui cambi di sede; un padre che i figli vedevano saltare
giù
dal treno ancora in
corsa appena
avvistava la stazione. Già in questo primo
poemetto De Napoli
procede alla rielaborazione del lutto ricordando la prematura perdita del padre,
subìta in tenera età. Nei due poemetti che seguono –
La casa del
porto e
Carte da gioco
– egli continua a
sviluppare il proprio racconto autobiografico
con un linguaggio
realistico di scarse risonanze liriche, in cui vari episodi dell’infanzia
si mescolano e si
sovrappongono a rapidi scorci di vita familiare, da cui emergono,
oltre alla predominante
figura paterna, quelle della mamma, del nonno e di altri
familiari, ricordati in
versi svelti e calibrati, in un dettato che alterna parti monologanti
ad altre dialogiche e
colloquiali. Una scrittura, la sua, che nascendo da una
immedicabile ferita,
diventa vera necessitata poesia, e in cui, rivisitando i luoghi della
memoria, l’autore
coglie il mistero della vita in ciò che di bello e di drammatico è
accaduto nel proprio
percorso esistenziale. Nel terzo poemetto, quello di più recente
composizione, De Napoli mostra di aver compiuto notevoli progressi dal punto di
vista formale,
consistenti in una migliore strutturazione ritmica e prosodica del verso,
nella maggiore
scioltezza e incisività del linguaggio, in una più sorvegliata costruzione
del testo sotto
l’aspetto semantico-sintattico e in una più attenta disposizione a tradurre
in poesia una
particolare materia di matrice intimistico-diaristica. Progressi
dovuti all’esperienza
acquisita negli anni e alla sua maturazione umana, oltre che artistica.
Ne è esempio il sesto e
ultimo brano del poemetto in questione, che merita di
essere qui di seguito
trascritto quasi per intero:
Appena un po’ più a
sud | c’è sempre
un altro sud. | Cieli
uguali e diversi | terre che nutrono | elleboro e pepe d’acqua |
ovunque da tempi
immemorabili. | Colpa è il rimpianto | vergogna il rimorso | sacra
piaga il ricordo. |
Sono lame quelle unghie | che accarezzano ritratti | di morti, | e un
sottilissimo | filo spinato | – non vedi – | frantuma il costato. | e poi, dove
cercare ? |
Buffo finanche pensare
| di rimuovere il male. Dove “tutto ciò che è
accaduto sembra
acquietarsi in virtù
della parola poetica, tanto incisiva quanto rasserenata, anche
quando il racconto
rievoca le separazioni, la pena dei trasferimenti e delle dislocazioni
negli altrove che
l’esistenza comporta, le malattie, le ferite degli abbandoni, delle
perdite, delle morti” –
come sostiene Bárberi Squarotti nella sua
testimonianza
pubblicata
in calce al libro.
L’autore mostra insomma di aver individuato nella indimenticabile
figura paterna e degli
altri suoi familiari un punto di riferimento etico e morale
che gli è (e gli sarà)
di guida sicura nel prosieguo del suo percorso esistenziale.
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Recensione |
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